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Home - Primo Piano - La manovra che c’è e quella che non c’è

La manovra che c’è e quella che non c’è

di Paolo Pirani
24 Novembre 2022
in Analisi
Antipasto di governo

L’eredità di Mario Draghi nella recente manovra approvata dal Consiglio dei Ministri sopravvive solo in una certa prudenza con la quale il Governo tenta di non sfasciare ancor di più i conti dello Stato ma al tempo stesso lascia l’economia del Paese in balia della incertezza e delle incognite esterne.

In realtà il Paese rimane in bilico. Ed i cavalli di battaglia della coalizione che ha dato vita al Governo almeno per ora sembrano più dei… pony, mentre le scelte proposte ed in attesa del confronto parlamentare nel quale la legge di bilancio subisce sempre cambiamenti, rivelano il loro lato peggiore nell’incoraggiare tendenze che possono dividere ancor di più il Paese e rafforzare le diseguaglianze esistenti. Vero è che in questo momento l’Italia torna ad essere un Paese a …sovranità limitata in Europa per molti motivi, dalla guerra ai mercati, dalla Bce alla…Nato. Ma anche tale considerazione non può divenire un alibi per scelte che potranno rivelarsi errate.

Non pare convincente la strategia antinflazione, sia pure destinataria delle maggiori risorse, soprattutto perché non esiste una strategia compiuta sui prezzi e sulle bollette come fu tentato ad esempio negli anni ’80 con l’inflazione a due cifre e che si manifestò allora con un avvio di politica dei redditi nella quale c’erano misure contro gli andamenti speculativi, per il lavoro, di sostegno a politiche industriali di cui oggi non c’è traccia.  Per non parlare della scarsità di interventi sulla sanità e sulla scuola…che sono due pilastri invece per evitare scollamenti sociali e involuzione a scapito dei ceti meno abbienti.

Su due piani possono concentrarsi le maggiori preoccupazioni: il primo riguarda il fisco con la propensione sempre più esplicita a immaginare due sistemi fiscali, uno per le partite Iva e l’altro per lavoro dipendente e pensionati, che è destinato a creare condizioni di inaccettabile diseguaglianza senza per questo ridurre fenomeni di evasione ed elusione fiscale. La stessa sanatoria prevista, un condono, se per certi versi non può scandalizzare visto che la macchina tributaria non di rado spende di più a recuperare quei soldi del loro stesso valore, induce a pensare che la vera lotta da compiere, quella contro la grande evasione fiscale, rimane una utopia ed in questo senso diventa un sostegno implicito alle grandi ricchezze.

Ed alcune delle misure che si sostiene siano a tutela dei giovani e degli anziani in realtà sono talmente minimali da non mutare la situazione sociale che presenta innegabili emergenze. E’ il caso della detassazione a favore dei giovani: se non veicolata da politiche del lavoro efficaci e da serie politiche industriali quella misura finirà per perpetuare la precarietà.

Ma è la questione dei redditi da lavoro e da pensione ad essere appena sfiorata: quello che oggi accade dovrebbe far riflettere sul fatto che occorra un confronto di ampio respiro fra Governo e forze sociali per recuperare ad una visione d’assieme troppi interventi che vanno ognuno in direzioni diverse: dal modesto taglio del cuneo fiscale a parziali e contingenti rivalutazioni del potere di acquisto. Si potrebbe dire…meglio quello che c’è che niente; eppure, è innegabile che serva una strategia assai più incisiva ma che oggi appare inesistente. E si dovrebbe ragionare senza timori su cosa è meglio fare per fronteggiare periodi tanto insidiosi sul piano economico e sociale come quelli che stiamo vivendo e vivremo per il prossimo futuro: tornare a meccanismi di indicizzazione? Od invece detassare gli aumenti contrattuali? E naturalmente ripensare al valore delle pensioni agganciando le stesse in qualche modo alle dinamiche salariali? Sono solo interrogativi, ma che indicano non la strada dei provvedimenti tampone ma quella della ricerca di nuovi e più stabili equilibri nella nostra economia e negli assetti sociali. E presuppongono due premesse da tener conto: la prima riguarda indubbiamente il ruolo delle parti sociali che non può essere “sostituito” nel tempo da preferenze di carattere elettorale e di consenso come pare che la attuale maggioranza sia intenzionata a fare. La seconda è che si possono attenuare i colpi della crisi e i rischi di recessione ma se non si punta a politiche di crescita e nelle quali il lavoro sia davvero un punto di riferimento centrale molte delle “buone” intenzioni professate si disperderanno senza alcun risultato stabile nel tempo. Prova ne è che diverse delle misure più “importanti” sono tutte a termine.

Eppure non ha tutti i torti dal suo punto di vista la Meloni nel rivendicare che le attenzioni migliori sono state destinate a ceti e situazioni che hanno determinato il successo della destra nel voto. Le partite Iva, le piccole imprese, la delusione operaia, quella fetta di società che prova un forte disagio nel vivere in un… disordine economico e sociale. Le opposizioni dovrebbero però chiedersi a questo punto, invece di adagiarsi sulle invettive, chi vogliono rappresentare e quale Italia vogliono migliorare e cambiare.

Fino a questo momento, pur con evidenti limiti, la manovra segnala che il governo ha dei riferimenti sociali che intende seguire nella sua azione. Le opposizioni invece non paiono ancora in grado di essere dei competitori reali. Ad esempio, le forze che si dicono riformiste dovrebbero o no ricominciare a mettere in cima alle loro proposte i temi del lavoro, riconoscere che in Italia esistono ancora… gli operai, battersi per ridare ai pensionati il valore di risorsa per ricostruire il Paese là dove è più esposto al declino? Il problema dell’insediamento sociale da parte della politica oggi si ripropone per tutti, il riformismo però appare in ritardo e senza proposte forti in grado di creare consenso.

Questo è più vero per il fatto che probabilmente il vero volto della maggioranza di governo si vedrà più avanti, oltre la manovra di bilancio. Quando, se ce la faranno, affronteranno i problemi di una società che ha vissuto affannosamente sui suoi tradizionali punti forza, un Paese manifatturiero ad esempio, ma senza aver progettato davvero un percorso riformatore sul piano civile ed economico. E da quello che si vede oggi, le avvisaglie non promettono nulla di bene, ma anche perché ci sono responsabilità evidenti da parte di quella politica che ha favorito con i suoi errori, errori soprattutto di …potere, l’avanzata di logiche che oggi definisce conservatrici. La vera svolta rimane probabilmente quella meno a portata di mano: ridare qualità alla politica ed al confronto fra essa e le forze sociali ad ogni livello. Con una posta in gioco che va ben oltre la sorte di una manovra di bilancio.

Paolo Pirani

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