Quella di ieri è stata una giornata di conferme per il trend negativo che l’Italia continua a conseguire in materia di parità di genere nel mercato del lavoro. Secondo i dati Inps, negli ultimi dieci anni la percentuale di donne impiegate nel settore privato non agricolo è aumentata in modo marginale, con il tasso di femminilizzazione, calcolato come la percentuale di donne lavoratrici rispetto al totale degli occupati, passato dal 40,6% nel 2010 al 41,7% nel 2022. Parallelamente, il report Censis-Eudaimon rileva che in relazione alla genitorialità il tasso di occupazione delle donne con figli è pari al 58,6%, quello degli uomini con figli all’89,3%.
Un fenomeno ormai strutturale che la segretaria confederale della Cgil, Lara Ghiglione, stigmatizza con forza, addebitando le responsabilità alle politiche governative: “Occorre rendere il lavoro più paritario e meno discriminante, il quadro sulla condizione delle donne è davvero preoccupante e i divari di genere nel mercato del lavoro e nel sistema previdenziale sono inaccettabili. Ma anche su questo il governo si limita alle parole e agli spot, e se interviene lo fa per peggiorare ulteriormente la situazione, come è accaduto sulle pensioni”.
“Permane una forte segregazione orizzontale e verticale – spiega la dirigente sindacale – che evidenzia come le donne siano ritenute adatte a lavorare solo in alcuni settori tradizionali e non siano considerate meritevoli di rivestire posizioni di dirigenza, che sono occupate solo per il 18% da lavoratrici. Il ruolo principale che viene riconosciuto alle donne è quindi ancora quello riproduttivo a discapito di quello produttivo. Anche per questa ragione – sostiene Ghiglione – permane un forte divario retributivo, che arriva al 40% nel settore privato. In un Paese dove il lavoro delle donne possiede un minor valore può apparire normale che siano retribuite meno”.
In riferimento ai dati che evidenziano poi come “la maternità continui ad essere causa di forti discriminazioni”, secondo la Cgil “è necessario introdurre il congedo paritario obbligatorio per i padri e promuovere il valore della genitorialità attraverso un forte investimento nei servizi pubblici, a partire dai servizi educativi da 0 a 6 anni. Ma i nidi vanno creati e non è sufficiente introdurre bonus”.
Per quanto riguarda i divari previdenziali, questi “non si sanano se non si rende il lavoro più paritario e meno discriminante, se non si contrastano il fenomeno del part time e il lavoro precario e discontinuo. È necessario riconoscere il lavoro di cura e permettere alle donne una qualche forma di flessibilità in uscita che non le penalizzi economicamente. Anche su questo il Governo è tornato indietro – sottolinea Ghiglione – azzerando tutto e peggiorando la Fornero”.
Infine, la segretaria confederale sostiene che “se i divari di genere sono amplificati anche dai divari territoriali, l’autonomia differenziata rischia di aumentarli ulteriormente”.
“Conoscere i dati è importante se li utilizziamo per generare un cambiamento, altrimenti rimangono numeri. Per adesso – conclude – registriamo un fallimento da parte del Governo anche sul fronte della parità di genere”.
e.m.