Da oggi fino alla fine dell’anno, le donne, in tutta l’Unione Europea, di fatto, lavoreranno gratis. Questo perché il divario retributivo di genere calcolato dall’Ue corrisponde, mediamente, a un mese e mezzo di salario. Un dato che arriva proprio nell’Equal pay day, giornata simbolica individuata dalla Commissione europea per denunciare il persistere del divario salariale uomo/donna a parità di lavoro e la necessità di adottare misure correttive per contrastarlo.
Come rileva la segretaria confederale della Uil, Ivana Veronese, secondo i dati dell’ultimo Rendiconto sociale dell’Inps, nel nostro Paese le donne che lavorano nel settore privato guadagnano in media il 25% in meno dei colleghi uomini – quasi 8mila euro medi l’anno di differenza – e in alcuni settori specifici questo divario cresce ulteriormente, fino a toccare punte di oltre il 32%. Un valore che, rilevano la segretaria confederale della Cgil, Lara Ghiglione ,e la componente del Comitato donne della Confederazione europea dei sindacati per la Cgil, Esmeralda Rizzi non solo influisce sull’indipendenza sul lavoro, ma che si riflette anche sugli assegni pensionistici, condizionando l’autonomia e il benessere delle donne lungo tutto l’arco della vita. Si tratta di “una gravissima ingiustizia sociale”, aggiungono le dirigenti sindacali, “che quantifica in termini monetari la cultura sessista della nostra società e del mondo del lavoro, e contro la quale la Cgil è fortemente impegnata”. Nell’Ue a 27 – sottolineano le dirigenti sindacali – il gap salariale medio su base oraria si attesta al 12%, ma in Italia tocca punte ben più alte.
L’Unione europea nella precedente legislatura ha approvato una Direttiva sulla trasparenza salariale che prevede alcuni meccanismi di rendicontazione e pubblicità delle retribuzioni, suddivisi per sesso, e che consentirà di poter richiedere uguale retribuzione per uno stesso lavoro o per un lavoro di pari valore. La Direttiva Ue, che è nella fase di recepimento anche in Italia, “servirà a mettere un freno a questo trattamento discriminatorio – precisa Veronese -, in modo che le retribuzioni siano coerenti con il grado di competenza, esperienza e responsabilità della lavoratrice e del lavoratore, senza distorsioni dovute a stereotipi di genere. Abbiamo tempo fino a giugno – conclude la sindacalista – per costruire il quadro di implementazione e ci auguriamo che il Governo utilizzi al meglio i prossimi mesi, per un confronto con le parti sociali. A tal proposito, al tavolo ministeriale, abbiamo già espresso la nostra disponibilità, affinché l’applicazione della Direttiva in Italia sia efficace”.
Come denunciano Ghiglione e Rizzi, infatti, “la direttiva viene fortemente osteggiata dalle associazioni di rappresentanza delle imprese a livello europeo, che ne lamentano i costi. Occorrono investimenti, anche attraverso incentivi alle aziende impegnate a contrastare i gap di genere. Le misure del governo, anche quelle contenute nella Legge di bilancio, vanno in direzione diametralmente opposta, sostenendo soltanto il ruolo di cura delle donne. Il prossimo 12 dicembre – concludono – scioperiamo anche per rivendicare politiche di promozione della parità di genere e della buona occupazione femminile”.

























