Natale Di Cola, segretario generale della Cgil di Roma e del Lazio, state preparando per il 12 dicembre uno sciopero generale, e intanto uscite da altri scioperi e da altre grandi manifestazioni, come quelle di settembre e quella recente di San Giovanni. Per citare un gran bel film di questo periodo: una battaglia dopo l’altra. Perché’?
Faremo lo sciopero generale perché questa è la peggiore manovra degli ultimi quindici anni. Sia come entità, troppo scarsa, sia perché non risolve nessun problema, anzi caso mai li aggrava. Troppi temi fondamentali restano senza risposte: la scuola, la sanità, la casa. E le persone sono arrabbiate. Basta frequentare luoghi pubblici per accorgersene. Lo si è sentito, e visto, anche nella partecipazione in piazza San Giovanni: una manifestazione che è stata molto più grande e affollata rispetto agli anni scorsi.
Da qualche tempo, infatti, le manifestazioni sindacali si tenevano nella più piccola Piazza del Popolo. Come va interpretato questo ritorno ai grandi spazi?
La riuscita di piazza San Giovanni è stata anche una verifica sul consenso rispetto alle nostre posizioni: in quella piazza abbiamo sentito molta energia, una energia nuova. Inoltre era una manifestazione convocata per il pomeriggio, e non per la mattina.
Mattina o pomeriggio, cosa cambia?
Organizzarle di pomeriggio favorisce la partecipazione delle persone e di chi viene da altre parti della regione e del Paese. San Giovanni è stato convocato di pomeriggio proprio perché vogliamo provare a dialogare con l’intero paese, tenendo assieme una visione di mondo -sulle transizioni, le guerre, la pace- con la materialità delle persone, la loro vita quotidiana. Oggi le persone sono arrabbiate perché vedono che la situazione non migliora, dal punto di vista economico, sociale, e delle prospettive per il futuro. E per di più questa condizione di insoddisfazione e insicurezza è immersa in un mondo ad alto rischio. Noi facciamo proposte per i cittadini, proponiamo cose che possono cambiare le loro vite. Manifestare dunque non è solo una testimonianza, ma fa sì che le persone abbiano la sensazione di poter davvero cambiare qualcosa.
La Cgil viene accusata da più parti di fare molta politica e poco sindacato, cosa risponde?
Che è una accusa ingenerosa. Facciamo politica, si, ma per fare in modo che si compiano le scelte giuste su temi concreti, come appalti, politiche industriali, qualità del lavoro. Noi siamo orgogliosi di essere una confederazione generale, e un sindacato deve essere forte sui contenuti. Ma occorre essere forti anche con le persone, forti nel farsi permeare dalla realtà: che oggi è anche nei movimenti, nei comitati di quartiere; o nelle diseguaglianze sociali, di cui non parla nessuno, ma che nella nostra regione e nella nostra città sono in aumento, e se andiamo avanti cosi avremo una citta e una regione sempre più povere e diseguali.
Veniamo a Roma allora. Avete presentato un ampio documento di proposte per la capitale e la regione. Con che obiettivi?
Intanto c’è un tema di base che è quello del ruolo di Roma. Da tempo sosteniamo che Roma debba essere messa in condizione di svolgere le sue funzioni di Capitale, ma senza risorse non c’è riforma che tenga. Il sotto finanziamento di Roma, a cui neanche quest’ultima Legge di Bilancio dà risposte, è un vulnus irrisolto. I trasferimenti sono inadeguati, sia per lo svolgimento delle funzioni di Capitale, che per le reali presenze in città. Da tempo ripetiamo che alla citta va riconosciuto il numero dei residenti reali. A Roma i residenti effettivi sono almeno 3,3 milioni, mezzo milione in più rispetto ai residenti iscritti all’anagrafe. Poi, con pendolari e flussi turistici, si arriva ad una presenza media di 4,7 milioni di persone, due milioni in più rispetto ai residenti. È impensabile ignorare tutto questo nella definizione dei trasferimenti per i trasporti pubblici, il sociale, il decoro, la sicurezza e la macchina amministrativa.
Quindi più residenti, più risorse? quante?
La città avrebbe bisogno di almeno 500 milioni di euro in più sulla spesa corrente e di un piano di investimenti strutturale per funzionare in modo almeno ordinario. Noi chiediamo che una parte dei fondi giubilari diventino una quota strutturale del finanziamento di Roma Capitale: dal Giubileo i cittadini non possono avere solo aumenti dei prezzi e inflazione. Poi a queste risorse ne vanno affiancate altre, per finanziare sia le nuove funzioni, sia quelle che Roma già oggi svolge a supporto dello Stato nel suo ruolo di Capitale.
Nei giorni scorsi avete presentato un corposo dossier, dal titolo “Ritorno alla normalità”, e lo avete presentato proprio in Campidoglio. Con quali obiettivi?
Il documento contiene le nostre proposte sul fisco e sui bilanci previsionali del Comune di Roma e della Regione Lazio, con l’obiettivo di costruire una città e una regione più giuste e vicine a chi per vivere deve lavorare. È indirizzato a tutte le forze politiche della città, alle quali, insieme alle nostre proposte su cui auspichiamo si apra il confronto, abbiamo lanciato una precisa richiesta: essere promotrici di due conferenze pubbliche aperte a tutti i soggetti. Una sulle periferie e i diritti sociali, per una piattaforma pluriennale di intervento aperta ai diritti sociali già acquisiti ed eventualmente ai nuovi diritti sociali emergenti. E poi una conferenza su lavoro e redditi, per costruire le basi di una piattaforma per lo sviluppo di buona occupazione e buoni redditi.
Perché proprio adesso avanzate queste proposte?
Perché siamo convinti che sia necessario aprire una discussione profonda su come le scelte amministrative dei territori possano determinare un miglioramento concreto della vita delle persone. Dietro al nostro dossier c’è un intero anno di lavoro che abbiamo fatto per analizzare in profondità, da ogni punto di vista, la situazione. Qualche dato: a Roma e nel Lazio abbiamo salari reali sotto i livelli del 2000, un mercato del lavoro iper-frammentato e disuguaglianze in crescita. Nella nostra regione oggi una persona su tre è a rischio povertà. Le 10 azioni che abbiamo proposto rappresentano una sfida che lanciamo all’Assemblea Capitolina e al Consiglio Regionale del Lazio, per provare a dare risposte a questi problemi. Si va dal ripristino delle addizionali ordinarie IRPEF sui redditi da lavoro e da pensione, eliminando le maggiorazioni che ci hanno reso il territorio più tartassato d’Italia, al rafforzamento dei servizi pubblici con un piano straordinario di assunzioni e di investimenti nel welfare, al blocco degli aumenti delle tariffe. Sono solo alcuni dei punti del nostro documento, con cui vogliamo provare ad aprire una discussione profonda sulle scelte dei prossimi bilanci. È il momento per il ritorno alla normalità. Lo proponiamo adesso perché siamo fuori dal periodo delle elezioni: siamo nella maturità dei due mandati, di sindaco e di presidente della Regione, per cui noi facciamo a entrambi la nostra proposta, e poi misureremo i risultati.
Nelle scorse settimane Roma ha indetto il lutto cittadino per la morte di Octav Stroici, l’operaio rimasto ucciso dal crollo della Torre dei Conti. Ha colpito moltissimo questo ennesimo incidente mortale: sia perché si è consumato nel centro della Capitale, sia per l’età avanzata della vittima.
È un fatto importante che il sindaco Gualtieri, accogliendo la nostra richiesta, abbia indetto il lutto cittadino e sia stato presente, assieme a tanti altri rappresentanti delle istituzioni, alla fiaccolata per Octav. E tuttavia, il dolore e la rabbia, ma anche la speranza e la comunanza che hanno caratterizzato quelle giornate, non possono cadere nel vuoto: meritano una risposta. È inaccettabile che a 66 anni si debba continuare a lavorare in attività pericolose, gravose. Invece, nella Legge di Bilancio si innalza ancora di più l’età pensionabile. Negli ultimi anni, nel Lazio, gli infortuni sul lavoro che riguardano over sessantenni sono aumentati del 30%, così come sono aumentati gli over 60 che muoiono per infortuni sul lavoro. E se davvero vogliamo che quanto accaduto a Octav non succeda mai più, è necessario cambiare ai requisiti per poter andare in pensione. Anche per questo, il 12 dicembre, faremo lo sciopero generale.
Nunzia Penelope


























