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Home - Approfondimenti - Interviste - Masi, ci siamo preparati per la Fase 2, ma è solo l’inizio

Masi, ci siamo preparati per la Fase 2, ma è solo l’inizio

di Emanuele Ghiani
30 Aprile 2020
in Interviste
Masi, ci siamo preparati per la Fase 2, ma è solo l’inizio

Il diario del lavoro ha intervistato Massimo Masi, segretario generale della Uilca. Masi ha spiegato come il sindacato, assieme alla controparte, ha affrontato tempestivamente l’emergenza Covid-19 nel settore bancario subito dopo il lockdown di inizio marzo. Inoltre, grazie al recente accordo con Abi, le parti si sono riorganizzate per gestire l’intero settore in vista dell’imminente Fase 2. Il segretario sottolinea però che rimangono ancora dei nodi da sciogliere e il lavoro con l’Abi proseguirà nei prossimi giorni.

Masi, il settore bancario come ha affrontato questo periodo di crisi?

Ci siamo mobilitati subito dopo il lockdown, cioè il 16 marzo, sottoscrivendo con l’Abi un primo protocollo di sicurezza, quindi due giorni dopo la firma del protocollo delle confederazioni sindacali e Confindustria. Il 24 marzo abbiamo aggiornato il testo, stabilendo che gli ingressi dei clienti nelle varie filiali si potessero effettuare esclusivamente su appuntamento; inoltre abbiamo rafforzato lo smart working. Con queste prime misure, prese tempestivamente con la controparte, siamo riusciti a contenere la diffusione del virus in un settore non facile, considerando che le banche sono rimaste sempre aperte, anche nelle zone rosse. Anche se alcuni sportelli sono stati chiusi, siamo comunque riusciti a mantenere sempre operativi gli ATM e i bancomat. Nessuno è rimasto senza possibilità di ritirare contante un solo giorno.

Come vi siete organizzati per affrontare la Fase 2?

L’altro ieri sera abbiamo sottoscritto un nuovo accordo con l’Abi proprio per la Fase 2, prevedendo in questo periodo la prosecuzione del lavoro in smart working. Inoltre, fino all’8 maggio l’ingresso nelle filiali saranno ancora solo previo appuntamento. Sempre con l’Abi abbiamo affrontato anche il capitolo della sanificazione dei locali. Ci sarà un altro incontro l’8 maggio per definire come intervenire a seconda del contesto che si verrà a creare dopo il 4 maggio; molto dipende da quali decisioni prenderà il governo e quindi come adattare a nostra volta il protocollo, sopratutto sul tema degli spostamenti.

In che senso?

Per evitare che i lavoratori entrino in filiale tutti nello stesso momento, abbiamo cambiato il sistema degli orari di lavoro, prevedendo turni a orari diversi per evitare il sovraffollamento in ingresso e in uscita; questo discorso vale sopratutto per le grosse filiali, quindi in quei contesti lavorativi con un alto tasso di assembramento. Inoltre, l’orario di lavoro potrà incominciare dalle 7 del mattino alle 19 di sera, per facilitare il cambio dei turni. Per sicurezza, abbiamo anche preparato un Piano B.

Quale Piano B?

Dal momento che non sappiamo quale sarà la situazione sanitaria tra qualche mese, abbiamo predisposto delle contromisure. Quindi, ad esempio, se in futuro ci saranno casi di zone rosse o particolari restrizioni decise dal governo, abbiamo previsto che si tornerà alla situazione ex-ante, cioè a tutte le misure di sicurezza del settore che previste per la Fase 1.

Come verranno gestiti gli ingressi dei clienti una volta riaperte le filiali?

Il sistema sarà simile alle file che si creano ai supermercati. Le banche avranno una guardia che controlla gli ingressi dei clienti, che dovranno entrare uno alla volta. Stiamo elaborando vari sistemi per evitare il più possibile il sovraffollamento dentro alle banche e capire qua l’è il più efficace. Nel frattempo, abbiamo concordato un punto che non esiste in nessun accordo: nella premessa del nostro protocollo, c’è scritto che se una filiale non riesce a garantire ai lavoratori i dispositivi di protezione, le distanze di sicurezza, riorganizzare gli orari, insomma tutti gli accorgimenti per evitare il contagio, la filiale verrà chiusa fino al ripristino dei sistemi di sicurezza sanitaria. Con questo punto siamo andati molto oltre all’accordo di Cgil, Cisl e Uil e Confindustria.

Qual è la differenza con l’accordo tra le confederazioni e Confindustria?

Non è presente un aspetto così sanzionatorio come quello previsto per il nostro settore.

Facciamo un esempio. Se non ci sono mascherine per i dipendenti della mia filiale sotto casa, che succede?

L’accordo prevede come essenziale l’uso delle mascherine quindi, se vengono a mancare, la filiale viene chiusa fintanto che non vengono fornite le mascherine per tutti. Oppure, se non viene sanificato l’ambiente di lavoro, stesso discorso.

Quindi se domani un lavoratore non riceve la sua mascherina, come si può muovere?

Si possono rivolgere ai propri coordinamenti aziendali, al sindacato interno, per intervenire su questi temi. Le banche hanno accettato questa modalità perché sono consapevoli che il rischio di infettarsi esiste, sono interventi cautelativi, che rispettano anche alla clientela. Infatti ci sarà da affrontare con più attenzione il problema delle distanze di sicurezza non solo tra lavoratori ma anche con i clienti. Molte direzioni, ad esempio, sono diventati nel tempo open space, per avere un contatto più diretto con il cliente; anche perché la logica di rapporto con il cliente è cambiata nel tempo, le operazioni che vengono effettuate da un bancario dei nostri giorni sono molto più variegate rispetto al classico cassiere di una volta.

Quindi paradossalmente le filiali vecchio stampo, cioè dotate dei classici pannelli in plastica e dei tornelli all’ingresso, sono più avvantaggiate.

Esattamente. Si dovrebbero ripristinare tutte quelle barriere di sicurezza tra cliente e lavoratore per evitare contagi. Purtroppo non abbiamo potuto inserire nell’accordo l’obbligo di installare le barriere in plexiglas perché in alcune filiali moderne non c’è lo spazio fisico per montarle. Nessuno avrebbe pensato a un problema di questo genere e non è obiettivamente di facilissima soluzione. Le banche se ne stanno rendendo conto, infatti molti istituti sono stati disponibili a parlare con il sindacato per venirne a capo e tra qualche giorno vedremo quali soluzioni applicare.

Qualche settimana fa avevate sollevato il problema dei portavalori, sul fatto che non avessero le tutele necessarie a svolgere il loro lavoro. Qual è la situazione oggi?

È cambiata. Questo ultimo protocollo si occupa anche delle altre imprese, come appunto i portavalori o le ditte per la sanificazione dei locali. Le banche si sono impegnate a fare applicare il protocollo alle ditte che prendono gli appalti per queste tipologie di lavoro. Questo significa che queste ditte dovranno adeguarsi alle regole del nostro protocollo di sicurezza.


Emanuele Ghiani

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Emanuele Ghiani

Emanuele Ghiani

Redattore de Il diario del lavoro.

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