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Home - Approfondimenti - Analisi - Mismatch, il report Cnel-Unioncamere per misurare un fenomeno ancora sottovalutato

Mismatch, il report Cnel-Unioncamere per misurare un fenomeno ancora sottovalutato

di Giuliano Cazzola
30 Luglio 2025
in Analisi
Udu, Cgil e Fdv presentano un’indagine sugli studenti lavoratori: spesso scelta obbligata per carenze di diritto allo studio, governo intervenga

Il Cnel in collaborazione con Unioncamere ha pubblicato un Report che da l’avvio ad un monitoraggio periodico (semestrale) sul disallineamento tra domanda e offerta di lavoro. L’obiettivo del Report (la pubblicazione riguarda il primo semestre del 2025) è quello di mettere in evidenza le tendenze del mercato del lavoro attraverso l’analisi della domanda di lavoro proveniente dalle imprese nel breve e medio periodo. L’iniziativa è utile e importante perché la questione del mismatch tra domanda e offerta del lavoro è tuttora sottovalutata dalle organizzazioni sindacali e non vi sono ancora istituzioni sia pubbliche che private e politiche attive in grado di farvi fronte adeguatamente. La prima parte si riferisce ad informazioni di breve periodo relative alle entrate previste (ovviamente non si tratta di nuova occupazione, ma dei flussi fisiologici della mobilità) dalle imprese nel corso di ogni mese per soddisfare il proprio fabbisogno occupazionale nel periodo di riferimento. I risultati per il settore dell’industria e dei servizi prendono come unità di osservazione i contratti di lavoro superiori ai 20 giorni, aggregati per il primo semestre del 2024 e del 2025. Ciò consente di ottenere un quadro completo relativo delle entrate previste dalle aziende per settori di attività economica, gruppi professionali, dimensioni di impresa e territorio. A partire dalle difficoltà di reperimento delle entrate nonché dalla considerazione dei tempi medi nel reperire determinate figure professionali, l’analisi permette di approfondire il fenomeno del disallineamento tra domanda e offerta di lavoro, il cosiddetto mismatch.

La seconda parte riguarda le stime relative ai fabbisogni occupazionali a medio termine, riferite al numero di persone occupabili per tutti i settori economici, inclusi l’agricoltura e la Pubblica Amministrazione, nell’orizzonte temporale di un quinquennio (2025-2029). Qui il dato si compone di una quota (pari al 10-20%) relativa alla crescita occupazionale con nuovi ingressi nel mondo del lavoro e di una quota (pari al 80-90%) riferita alla sostituzione di lavoratrici e lavoratori fuorusciti dal mercato.

Previsioni nel breve periodo

I contratti programmati dalle aziende nel primo semestre 2025 si concentrano nel settore dei servizi (72%), con entrate quattro volte superiori a quelle dell’industria in senso stretto (2,1 milioni rispetto a 516mila). Sono in particolare i comparti più tradizionali, turismo, alloggio, ristorazione (647mila entrate) e commercio (431mila) a registrare una forte crescita su base annua (rispettivamente 12,5% e 6,9%). Si segnala anche il settore dei servizi alle persone con 343mila entrante, in crescita rispetto all’anno precedente (1,5%). Nell’ambito dei servizi a più elevata intensità di conoscenza, registrano una forte riduzione il comparto ICT (-13,4%) e quello dei servizi avanzati di supporto alle imprese (135 mila, -8,8%).

Nel settore industriale, le imprese metalmeccaniche ed elettroniche registrano l’ammontare più elevato di assunzioni programmate (224mila), sebbene in riduzione rispetto all’anno precedente (-11,1%). Nel tessile si osserva una contrazione delle entrate previste (-13,1%), mentre queste sono in crescita nel settore alimentare (18,6%). Il settore delle costruzioni rimane stabile con 296mila entrate di lavoratori.

I contratti previsti per i lavoratori stranieri (UE ed extra UE) – poco meno del 19% del totale – si concentrano nel settore dei servizi (395mila) e, in particolare, nel comparto turistico (115mila in aumento dell’8,5% rispetto allo stesso semestre dell’anno precedente). Continuano anche ad attirare lavoratori stranieri il settore dei servizi operativi di supporto alle imprese e alle persone (80mila, +3,9%) e quello del commercio (65mila, +20,4%).

Da osservare la riduzione rispetto all’anno precedente delle entrate previste nel comparto delle costruzioni (67mila, -9,5%) da collegare alle scadenze degli incentivi edilizi. Nel settore industriale, il comparto metalmeccanico (39mila, con una riduzione del -15,2%) e le industrie alimentari (15mila, + 15,4%), seppur con variazioni su base annua differenti, continuano a registrare l’ammontare più elevato di assunzioni programmate di lavoratori stranieri.

In totale nel primo semestre le imprese hanno programmato entrate lavorative pari a 2,94 milioni di contratti, con un aumento del 2,4% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente.

Con riferimento alle dimensioni aziendali le micro e piccole imprese (1-9 e 10-49 dipendenti) mostrano un incremento significativo delle previsioni di assunzione, rispettivamente pari a +32mila e +35mila, suggerendo una dinamica espansiva del tessuto produttivo di minori dimensioni. Al contrario, le imprese di medie dimensioni (50-249 dipendenti) presentano variazioni marginali o negative, che potrebbero riflettere una maggiore cautela nell’ampliamento degli organici o una fase di consolidamento. Le imprese tra 250 e 499 dipendenti registrano una lieve contrazione (-3mila unità), mentre le grandi imprese (oltre 500 dipendenti) evidenziano un aumento contenuto delle entrate previste (+12mila).

Nel complesso, il quadro conferma il ruolo predominante delle imprese minori alla domanda di lavoro, pur in un contesto di stabilità relativa per le altre classi dimensionali.

Per quanto riguarda la consistenza e l’andamento tra i diversi gruppi professionali, nel il primo semestre 2025 le professioni qualificate nel campo delle attività commerciali e dei servizi, con un totale previsto di 886mila entrate, rappresentano oltre il 30% del totale e mostrano l’incremento più evidente sia in termini assoluti sia relativi (+75mila contratti, pari a +9,2%), a conferma dell’importanza crescente del settore terziario. Parallelamente, anche il gruppo delle professioni non qualificate – composto da personale operativo impiegato in attività prevalentemente manuali e di supporto – segna una crescita significativa delle entrate programmate (+7,9%).

La crescita limitata degli operai specializzati (+1,9%) riflette una discreta stabilità nei settori manifatturiero (metalmeccanico, elettrico ed elettronico) e dell’edilizia. In calo anche le professioni tecniche e impiegatizie, che registrano rispettivamente 347mila e 246mila entrate previste (-5,4% e -3,1%). Questo potrebbe indicare una crescente automazione o digitalizzazione di alcune funzioni operative. Infine, si manifesta una contrazione della domanda per conduttori di impianti e autisti (-2,7%).

In tema di disallineamento tra domanda e offerta di lavoro, le maggiori difficoltà di reperimento si riscontrano nel settore delle costruzioni (in aumento al 62,2%, da collegare anche agli investimenti trainati dal PNRR) e nell’industria in senso stretto (50,9%).

Si segnala, in particolare, il comparto delle industrie metalmeccaniche ed elettroniche che assorbono il 43% dei contratti programmati nel settore dell’industria e che continua a mostrare difficoltà nel reperire figure professionali adeguate (nel 59,7% dei casi).

Nel settore dei servizi le maggiori criticità si osservano nel comparto dei servizi informatici e delle telecomunicazioni (49,5%), con più alti fabbisogni di competenze digitali avanzate. Nei comparti più tradizionali, si registrano difficoltà di reperimento di personale nei servizi di trasporto, logistica e magazzinaggio (in aumento al 47,6%) e nei servizi turistici, di alloggio e ristorazione (in diminuzione al 46,7%).

Previsioni dei fabbisogni occupazionali a medio termine (2025-2029)

Le previsioni occupazionali risultano dalla somma algebrica di due componenti di expansion e replacement demand. La prima di queste due componenti rappresenta la variazione degli stock occupazionali determinata dalle tendenze dell’economia, quindi può essere positiva o negativa.

Inoltre, le stime dell’expansion demand vengono elaborate secondo due scenari di possibile evoluzione dell’economia, uno positivo e l’altro meno favorevole, utilizzando modellistiche econometriche che prendono a riferimento le stime sul PIL dell’Italia rilasciate dal Governo e dai principali Istituti nazionali e internazionali.

Invece, la seconda componente, la replacement demand, evidenzia gli andamenti legati al turnover dei lavoratori ed è fortemente ancorata ai trend demografici. Rappresenta la componente occupazionale in uscita dal mercato del lavoro che dovrà essere sostituita nel quinquennio di previsione.

Complessivamente, il fabbisogno occupazionale delle imprese e della Pubblica Amministrazione – derivante dalla somma tra expansion e replacement demand – potrebbe attestarsi nel quinquennio 2025-2029 tra un minimo di 3,279 milioni di unità nello scenario negativo (per quanto riguarda l’economia) e un massimo di 3,721 milioni nello scenario positivo.

I dipendenti privati rappresentano la componente predominante della domanda di lavoro prevista, con una quota compresa tra il 56,9% e il 58,6%, seguiti dai dipendenti pubblici (24,4%-21,5%) e dagli indipendenti (18,8%-19,9%). Considerando i dati in valori assoluti, a seconda dello scenario macroeconomico considerato, i fabbisogni stimati di dipendenti privati potranno variare tra 1,865 e 2,182 milioni, mentre quelli degli indipendenti tra 615mila e 741mila, evidenziando come una congiuntura favorevole potrebbe stimolare l’espansione sia dell’imprenditorialità individuale sia del settore privato. Il comparto pubblico, condizionato da normative che regolano il turnover del personale, è meno permeabile dalle dinamiche macroeconomiche e risulta connotato da una maggiore stabilità. Pertanto, la stima del fabbisogno di personale segue una diversa metodologia rispetto a quella generale e si attesta su di un valore pari a 799mila, identico in entrambi gli scenari. A variare, invece, è la quota percentuale dei dipendenti pubblici sul totale del fabbisogno occupazionale previsto del Paese nel quinquennio considerato. Sempre analizzando le previsioni secondo i due scenari macroeconomici alternativi, positivo e negativo, emerge come il settore dei servizi rappresenti, in valore assoluto, la componente predominante della domanda di lavoro stimata nel quinquennio, con una quota stabile e molto elevata sia nello scenario negativo (73,9%) che in quello positivo (73,6%), confermandone la centralità nel mercato del lavoro nazionale.

L’industria in senso stretto contribuisce per circa il 17% al fabbisogno complessivo, evidenziando valori più favorevoli nello scenario positivo (631mila occupati rispetto ai 552mila dello scenario negativo). Il settore delle costruzioni, trainato dagli investimenti pubblici (PNRR), mostra una quota sensibile del fabbisogno, che potrà variare da 203mila a 242mila unità.

Al contrario, nei settori agricoltura, silvicoltura e pesca, si stima un peso occupazionale contenuto, intorno al 3% del fabbisogno complessivo.

In presenza di uno scenario macroeconomico positivo i settori dell’industria e delle costruzioni aumentano l’incidenza sul fabbisogno complessivo, riducendo la quota percentuale del settore agricolo e dei servizi.

Il quadro generale mette in evidenza come il fabbisogno di personale sia concentrato nel settore dei servizi e dell’industria in senso stretto, mentre i settori primario e delle costruzioni mostrano un fabbisogno più contenuto ma comunque significativo in uno scenario favorevole. Attesa la varietà dei settori industriale e dei servizi, di seguito alcune specifiche relative alle singole attività economiche.

Il fabbisogno complessivo previsto nei settori dei servizi varia da 2,423 milioni a 2,740 milioni di unità, confermando il ruolo trainante del settore per le dinamiche occupazionali.

I servizi alle persone rappresentano la principale componente, con oltre il 30% delle richieste previste, seguiti dal commercio (16,2–16,6%) e dai servizi generali della PA e previdenza (dal 14,2% al 12,5%), che però diminuiscono la loro incidenza nello scenario positivo. I servizi avanzati di supporto alle imprese superano il 10% del fabbisogno complessivo nel settore dei servizi, mentre quelli a più alta intensità di conoscenza (ICT) hanno numeri molto più contenuti. Anche il settore turistico si attesterà sul 7- 9% del fabbisogno totale dei servizi, con valori assoluti decisamente rilevanti: nell’ipotesi macroeconomica positiva il fabbisogno potrebbe raggiungere circa 250mila unità. Il quadro complessivo suggerisce una crescente articolazione della domanda nei servizi, con una sostanziale stabilità nei comparti tradizionali.

Secondo il Report le imprese italiane e la Pubblica Amministrazione, nei prossimi cinque anni (2025–2029), esprimeranno un fabbisogno occupazionale molto orientato verso profili con istruzione tecnica e terziaria.

Le previsioni dello scenario positivo stimano oltre 1,3 milioni persone con una formazione terziaria (laurea o ITS Academy), che rappresentano il 37,1% del fabbisogno complessivo e riguardano soprattutto laureati in ambiti STEM, economico-giuridici e sanitari. Saranno richiesti 1,6 milioni di persone (46% del totale) in possesso di un livello di istruzione secondario tecnico professionale derivanti dalla necessità di figure operative e specializzate (es. tecnici, meccanici, manutentori, operatori informatici), coerente con i fabbisogni del mondo produttivo e industriale.

La domanda di figure con sola istruzione liceale resterà minoritaria (148mila individui pari al 4,1%), in quanto tale percorso apre, in genere, le porte a studi superiori e non sempre al diretto accesso al mercato del lavoro.

Nello scenario positivo 463mila unità (pari a 12,8%), rappresentano la fascia di lavoratori con formazione inferire al secondo grado di istruzione, suggerendo una tendenza alla progressiva riduzione dei profili con bassa scolarizzazione.

Giuliano Cazzola

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