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Natalità, Save the Children: l’Italia non fa figli e il futuro è a rischio

redazione
Maggio11/ 2023

In un momento storico per l’Italia in cui il tema della natalità e della genitorialità si fa sentire con particolare urgenza, l’ottavo rapporto di Save The Childern “Le Equilibriste – La maternità in Italia 2023”, realizzato sulla base di un’indagine Ipsos, non porta buone notizie. Tra i contenuti principali del rapporto 2023: la persistenza del divario di genere nel lavoro e nella cura familiare, il vissuto difficile delle mamme tra parto e conciliazione dei carichi e il divario tra le regioni più o meno amiche delle mamme, con quelle del sud in fondo alla classifica.

Il 12,1% delle famiglie con minori nel nostro Paese (762mila famiglie) sono in condizione di povertà assoluta e una coppia con figli su 4 è a rischio povertà. Il numero di neonati e neomamme in picchiata e l’età media del primo parto è di circa 32 anni, una delle più alte in Europa. Se il rinvio della maternità e la bassa fecondità sono frutto di numerose concause, c`è una relazione diretta e positiva tra partecipazione femminile al mercato del lavoro e fecondità. Il mercato del lavoro sconta ancora un gap di genere fortissimo. Nel 2022, pur segnando una leggera decrescita, il divario lavorativo tra uomini e donne si è attestato al 17,5%, ma è ben più ampio in presenza di bambini: nella fascia di età 25-54 anni se c`è un figlio minore, il tasso di occupazione per le mamme si ferma al 63%, contro il 90,4% di quello dei papà, e con due figli minori scende fino al 56,1%, mentre i padri che lavorano sono ancora di più (90,8%), con un divario che sale a 34 punti percentuali.

Secondo una nuova indagine, nonostante il sentimento di gioia per la maternità sia quello prevalente nella grandissima maggioranza delle madri, il 43% delle stesse dichiara di non desiderare altri figli. Tra le cause segnalate fatica (40%), difficile conciliazione lavoro/famiglia (33%), mancanza di supporto (26%), scarsità dei servizi (26%).
Pesano anche, e molto, differenze geografiche e titolo di studio. Nel Mezzogiorno l`occupazione delle donne con figli si arena al 39,7% (46,4% se i figli non ci sono), contro il 71,5% del Nord (78,9% senza figli), e in Italia le madri laureate lavorano nell`83,2% dei casi, ma le lavoratrici sono molte meno tra chi ha il diploma della scuola superiore (60,8%) e precipitano al 37,4% se c`è solo la licenza media.

Quando il lavoro per le donne c’è, un terzo delle occupate ha un contratto part-time (32% dei casi contro il 7% degli uomini); se ci sono figli minorenni la quota sale al 37%, a fronte del 5,3% dei padri, e con una metà quasi di queste mamme (15%) che si è vista costretta ad un part-time involontario, che non ha scelto. Un quadro poco favorevole alle madri lavoratrici emerge anche dai dati raccolti dall`INL sulle dimissioni: nel 2021, “delle 52.436 convalide totali, 37.662 (il 71,8%) si riferiscono a donne (madri) e 14.774 (28,2%) a uomini (padri)”, e la percentuale delle madri sale oltre l`81% tra giovani fino a 29 anni. Tra gli uomini il 78% delle dimissioni è legato al passaggio ad altra azienda e solo il 3% alla difficoltà di conciliazione tra lavoro e attività di cura, mentre per le donne questa difficoltà rappresenta complessivamente il 65,5% del totale delle motivazioni. Il gap lavorativo per le donne legato a genere e genitorialità è purtroppo ancora molto marcato nel nostro Paese, ancor più se si considerano le famiglie monogenitoriali (2,9 milioni nel 2021, il 17% del totale dei nuclei; nell`80% dei casi composte da madri single. Madri che si stima nel 44% dei casi vivano in una condizione di povertà, più diffusa tra chi ha un basso livello di istruzione (65%), rispetto a chi ha conseguito un livello di istruzione medio (37%) o alto (13%).

“Sappiamo che dove le donne lavorano di più nascono anche più bambini, con un legame tra maggiore fecondità e posizione lavorativa stabile di entrambi i partner – si legge nel rapporto -. Tuttavia, la condizione lavorativa delle donne, e in particolare delle madri, nel nostro Paese è ancora ampiamente caratterizzata da instabilità e precarietà, a cui si aggiungono la carenza strutturale di servizi per l`infanzia, a partire dalla rete di asili nido sul territorio, e la mancanza di politiche per la promozione dell`equità nel carico di cura familiare”.

“I provvedimenti approvati negli ultimi anni, pur andando nella giusta direzione, non sono che timidi passi sul fronte del sostegno alla genitorialità. Non possiamo permetterci di perdere l`occasione del Piano Nazionale Ripresa e Resilienza per costruire finalmente una rete capillare di servizi per la prima infanzia ed è altrettanto necessario andare con più forza verso un congedo di paternità paritario rispetto a quello delle madri. L`Italia è un paese a rischio futuro, e se è vero che il trend di denatalità non può essere invertito velocemente, è ancor più vero che è quanto mai urgente invertire il trend delle politiche a sostegno della genitorialità per non perdere altro tempo prezioso”, ha dichiarato Antonella Inverno, Responsabile Politiche Infanzia e Adolescenza di Save the Children Italia.

e.m.

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