La telenovela della Tav anche questa settimana riserva nuovi colpi di scena. Dopo aver lungamente difeso la Tratta ad Alta Velocità fra Torino e Lione, giovedì il vicepremier Matteo Salvini ha invece lasciato che la Lega votasse assieme ai 5Stelle una mozione parlamentare che rinvia l’opera a non si sa quando: probabilmente a mai più, ma in ogni caso non prima di aver nuovamente ‘’ridiscusso’’- daccapo, per l’ennesima volta – tutto il progetto. Un’altra pietra semi-tombale sopra i cantieri, insomma, dopo la famosa relazione costi-benefici toninelliana, quella che vedeva solo i costi e nessun beneficio. Si dice che questo sia il prezzo pagato da Salvini a Di Maio in cambio del ‘’no’’ al processo per la Diciotti, ma c’è chi sostiene, invece, che sia solo tattica per prendere tempo fino alle europee, dopo le quali un Salvini forte di una nuova e ancor più consistente maggioranza riaprirebbe la partita Torino-Lione per vincerla definitivamente.
Tuttavia, mentre i due vicepremier giocano le loro partitelle personali e la notizia dell’ennesimo stop alla Tav aumenta il già forte disagio delle imprese del nord nei confronti del governo (le Pmi torinesi starebbero addirittura meditando un ulteriore passo avanti rispetto alle manifestazioni, e cioè uno sciopero, fiscale o della produzione) la nostra economia, per dirla con parole semplici, va a rotoli. I dati Istat sulla produzione industriale di gennaio hanno mostrato un crollo drammatico: meno 7,3 per cento rispetto a un anno fa, e meno 3,5 per cento rispetto a dicembre 2018. I numeri che arrivano dalle aziende, relativamente ai prossimi ordinativi, sono anche peggiori. Quindi non è solo una fiammata negativa (come non lo era quella sul Pil), ma l’inizio di un vero incendio. Come probabilmente nei prossimi giorni anche le agenzie di rating confermeranno.
E non vale la solita scusa che tutto il mondo, o quanto meno tutta Europa, sta arrancando. L’Italia sta peggio di tutti (incredibile ma vero, siamo riusciti a fare peggio della Grecia, un tempo era Atene l’ultima della lista, ora siamo noi), ma soprattutto non fa assolutamente nulla per rimediare. Il riferimento non è a una possibile manovra correttiva (che quasi tutto il governo nega, mentre il ministro Tria si limita a dire che è ‘’prematuro’’ parlarne), ma a qualcosa di più corposo e strutturale. Qualcosa che va anche oltre l’apertura dei cantieri chiesta da Confindustria così come da tutti i sindacati, o l’avvio della Tav, ma un progetto di politica industriale a più ampio raggio, che tenga conto dei cambiamenti che stanno avvenendo attorno a noi e fuori di noi.
È vero che in Italia di politica industriale non se ne fa da decenni, quindi ben prima che a Palazzo Chigi arrivassero i legastellati; ma il fatto è che oggi non possiamo più permetterci una simile inazione. Tutto sta accelerando e il resto del mondo si muove di conseguenza. Noi, invece, fermi come un semaforo. Per dire: mentre qui tra Lega e 5Stelle ci si accapigliava su a chi spettasse la poltrona dell’Inps (hanno vinto i 5S), o tra maggioranza e opposizione ci si rimpallavano le colpe dei pessimi dati economici (‘’colpa dei governi precedenti’’, un mantra classico), Francia e Germania si incontravano per definire una strategia di politica industriale comune, finalizzata a realizzare gruppi di imprese in grado di competere su un mercato mondiale che si sta facendo sempre più tosto. Una riunione, fondamentale per il futuro dell’industria europea, alla quale l’Italia non è stata invitata a partecipare.
Del resto, a che scopo invitarci, di che cosa e a che titolo (e con quali titolati?) avremmo potuto discutere a quel tavolo? Noi non siamo indietro solo su Tav o infrastrutture. Siamo indietro, o stiamo tornando indietro, su tutto. Tanto che il ministro dell’economia francese, Le Maire, nei giorni scorsi ha detto che la recessione italiana è per l’Europa, e la stessa Francia, un rischio addirittura più serio della Brexit. Ma dalle parti di Palazzo Chigi non sembrano esserne consapevoli. Per esempio: c’è qualcuno, dalle parti dei vari ministeri, che si sta chiedendo cosa fare per il settore auto, i cui dati hanno contribuito non poco all’affondamento della produzione industriale di gennaio? C’è qualcuno che sta studiando come attrezzarsi nei confronti di questo settore chiave che si sta indirizzando verso l’auto elettrica, con un’evoluzione che ci vede del tutto spiazzati? C’è qualcuno che sta almeno riflettendo -se non parlando, visto che nessuno ne parla- su uno straccio di politica industriale che ci veda proiettati anche verso all’esterno, e non solo rinchiusi dentro i confini nazionali, peraltro sempre più asfittici? O la sola attività in corso al Mise è il ricambio dei direttori generali, e le uniche discussione che appassionano il governo è come ri-nazionalizzare Alitalia, o come placare l’ira dei pastori sardi, o come mandare i vigili urbani a controllare casa per casa, armadio per armadio, che non ci siano falsi divorziati fra i fortunati vincitori della prossima lotteria del Rdc?
Ovviamente sono interrogativi retorici, la risposta si sa: la politica economica gialloverde non ha in mente alcun disegno di sviluppo, si accontenta della mera gestione del declino. Bisogna vedere per quanto si accontenteranno gli italiani, e come reagiranno il giorno che non dovessero accontentarsi più: il giorno in cui le crisi industriali irrisolte riversassero nuovamente gli esuberi nelle piazze, in cui i fondi per le pensioni anticipate finissero prima del previsto, il Rdc si dimostrasse ben poco risolutivo sia per la povertà che per l’occupazione e le manovre correttive si dovessero susseguire con tagli al welfare e aumenti di tasse. A occhio non ne verrebbe nulla di buono.
Ma tranquilli, sarà un anno bellissimo. (Ps: se la notte vi viene un attacco d’ansia, provate a calmarlo pensando che da novembre Mario Draghi sarà libero).
Nunzia Penelope
Contrattazione
Questa settimana è stato rinnovato il contratto dei lavoratori Coop. L’accordo, che interessa 65mila dipendenti, prevede un aumento di 65 euro. Nel settore dei trasporti, è stato sottoscritto il contratto aziendale del gruppo Italo-Ntv. L’accordo prevede incrementi economici e il riallineamento al contratto collettivo nazionale applicato al comparto ferroviario. Unindustria assieme a Cgil, Cisl e Uil di Roma e del Lazio hanno firmato un protocollo d’intesa per la valorizzazione e la riqualificazione dell’area industriale di Tiburtina. È stata approvata da Felsa-Cisl, Nidil-Cgil e Uil-Temp l’ipotesi di rinnovo per il contratto nazionale delle agenzie di somministrazione. L’ipotesi prevede il rafforzamento degli strumenti per la formazione professionale e la ricollocazione, e l’incremento delle misure di welfare. È stata definita l’ipotesi di piattaforma per il rinnovo del contratto nazionale delle lavanderie industriali. La piattaforma, approvata da Filctem-Cgil, Femca-Cisl, Uiltec-Uil, interessa 22.400 lavoratori e prevede il miglioramento delle retribuzioni, il rafforzamento del welfare aziendale e una serie di misure per contrastare il problema del sottomercato e del dumping contrattuale. È stata varata la piattaforma per il rinnovo del contratto nazionale del settore occhiali e occhialeria. La piattaforma, sottoscritta da Filctem-Cgil, Femca-Cisl, Uiltec-Uil, interessa 18mila addetti e 400 imprese e prevede una richiesta di aumento di 115 euro, l’innalzamento del contributo dell’azienda per le misure di welfare e un miglioramento delle relazioni industriali, orientate all’informazione e alla partecipazione, nonché alla responsabilità sociale dell’impresa
La nota
Emanuele Ghiani ha seguito la conferenza stampa sull’accordo sottoscritto da Asstel e Slc-Cgil, Fistel-Cisl e Uilcom-Uil nel settore delle telecomunicazioni.
I blog del Diario
Paolo Pirani fa il punto sul crescente isolamento nel contesto internazionale che il nostro paese sta scontando.
Giuliano Cazzola parla del ‘’bullismo’’ del governo nei confronti degli stranieri: una ostilità preconcetta, aggravata dall’uso del potere legislativo ed amministrativo, come dimostra il recente caso delle norme destinate a ‘’scoraggiare’’ gli stranieri che richiedono il Rdc.
Il guardiano del faro
Marco Cianca analizza quella che definisce una “schizofrenia politica e ideologica”, che sembra abbia colpito il leader dei 5 Stelle Luigi Di Maio.
Diario della crisi
I sindacati di categoria Fp-Cgil, Fisascat-Cisl, Cisl-Fp, Uiltucs e Uilfpl hanno sollecitato la conclusione dei negoziati per arrivare alla firma del contratto dei lavoratoti delle cooperative sociali, scaduto da oltre cinque anni. Nel settore delle telecomunicazioni, proseguono le giornate di lotta dei lavoratori della Sirti, contro il piano di esuberi presentato dall’azienda. Filcams e Fp-Cgil hanno lanciato l’allarme sulle gare di appalto per i servizi museali fiorentini che, secondo i sindacati, mettono a rischio 300 lavoratori e potrebbero peggiorare le condizioni di lavoro. Nei trasporti, le confederazioni sindacali Cgil, Cisl e Uil insieme alle categorie Filt, Fit e Uiltrasporti hanno incontrato il ministro Danilo Toninelli per chiedere certezze per tutti i lavoratori del porto di Gioia Tauro. In una nota Fp-Cgil, Cisl-Fp e Uil-Fpl fanno sapere che si sono interrotte le trattative per il rinnovo del contratto della sanità privata, per le resistenze di Aris e Aiop sulla parte economica.
Documentazione
Questa settimana è possibile consultare i dati Istat sul fatturato e gli ordinativi nell’industria e l’indice dei prezzi al consumo. Infine è presente la memoria presentata dalla Cgil alla Commissione Difesa della Camera sulla possibilità di associazione sindacale per i militari.



























