Come previsto, la corsa per la presidenza di Confindustria si e’ ridotta a due soli candidati: Alberto Vacchi e Vincenzo Boccia. Gli altri due concorrenti, Aurelio Regina e Marco Bonometti, dopo un colloquio con i Saggi si sono ritirati. I voti del primo, a questo punto, dovrebbero convergere su Vacchi, come annunciato dallo stesso Regina; Bonometti, invece, è uscito sbattendo la porta in faccia all’apparato confindustriale, accusandolo di aver privilegiato l’autoconservazione a scapito dell’innovazione: ‘’come la peggiore politica’’, sono le sue parole.
Una polemica molto dura, quella di Bonometti, parzialmente giustificabile con l’irritazione per essere stato escluso dalla partita, ma che contiene anche diverse verità. Per esempio, quando punta l’indice contro alcune regole surreali – come il divieto, per i candidati, di rilasciare interviste ai media durante la campagna elettorale – ma anche altre più sostanziali, a partire dal sistema di elezione del presidente, ridisegnato dalla riforma Pesenti ma rimasto più macchinoso e impreciso che in passato, nelle modalità come nel ruolo dei Saggi. Al punto da aver prima causato una sorta di “ingorgo” di candidati –chiunque poteva scendere in campo, ma solo autocandidandosi e quindi, come si dice, mettendoci la faccia- per poi dimezzarli in gran fretta una volta resisi conto i Saggi stessi, forse tardivamente, delle conseguenze di un consiglio generale costretto a esprimersi su quattro nomi diversi. (E già il sistema di scelta dei Saggi, estratti a sorte a prescindere dalla capacità di governare scelte e iter così delicati e complessi, la dice lunga sulla necessità di rivedere nuovamente tutto il meccanismo).
Sta di fatto che se tutti i -legittimamente – aspiranti presidenti fossero stati portati all’esame finale del 31 marzo, ne sarebbe uscita una leadership debole, con una percentuale di voti ridotta in quanto frantumata su diversi fronti. Per una Confindustria da tempo in cerca di identità e maggiore forza rappresentativa, non sarebbe stato un bene. Per questo i Saggi hanno proceduto con il machete per sfoltire il gruppo dei candidati, riportando il tutto alle modalità già sperimentate del confronto diretto tra due nomi: come nel 2000, ai tempi del duello Carlo Callieri – Antonio D’Amato, vinto a sorpresa da quest’ultimo, e come nel 2012, quando Giorgio Squinzi prevalse per un pugno di voti su Alberto Bombassei.
Ma le due fratture, quella di sedici anni fa e quella del quadriennio scorso, non si sono mai completamente rimarginate, portandosi dietro, anno dopo anno, un lungo strascico di piccole o grandi faide interne. Faide che presidenti dotati di una leadeship forte e carismatica come Luca di Montezemolo avevano potuto ridimensionare, ma che sono invece tornate in auge negli ultimi anni, contribuendo al forte calo di appeal registrato dal sistema confindustriale.
Non e’ un caso che anche i quattro concorrenti alla presidenza di questa tornata fossero a loro volta espressione di correnti interne, spesso riferibili a un past president, e in forte contrasto tra loro. Se Boccia e’ considerato il candidato di Emma Marcegaglia e dello stesso Squinzi -rappresentando, dunque, la continuità del sistema di potere degli ultimi otto anni- Bonometti era il ‘’cavallo’’ sui cui puntava Antonio D’Amato, molto polemico con le ultime gestioni e intenzionato a stoppare la corsa di Boccia. Vacchi e’ l’espressione dei grandi gruppi industriali del nord, benedetto da Montezemolo e da tutti coloro, Assolombarda in primis, che vorrebbero una forte discontinuità col passato. Regina, infine, il rappresentante dell’industria dell’Italia centrale, racchiusa nell’Unione di Roma e Lazio: in un primo momento anche con l’appoggio di Luigi Abete, che sarebbe però poi passato ad appoggiare Boccia e che forse, a questo punto, potrebbe schierarsi con Vacchi, o chissà.
Oltre alla presidenza, ci sono poi altre partite che definire secondarie sarebbe riduttivo: la guida del Sole 24, della Luiss, del Centro Studi, ormai assurto al rango di ufficio studi di valenza europea, a pari grado con quello di Bankitalia. E ci sono anche sei vicepresidenze con deleghe forti, come da riforma Pesenti, che godranno di una concretissima propria autonomia, mettendo fine (forse) alla Confindustria one-man-show. E se su queste “collaterali” di qui al 31 marzo si intreccerà la partita delle alleanze che determineranno il prossimo leader, occorre ricordare però che oggi in gioco c’e’, soprattutto, il ruolo futuro di Confindustria.
Attualmente l’associazione svolge più che altro – c’e’ da dire con successo- il ruolo di lobby, o meglio, di “ufficio legislativo ombra’’ del governo Renzi, avendone curato direttamente le principali riforme, dal Jobs act alla delega fiscale, alla scuola, alla PA. Ruolo più che decoroso, certo, e probabilmente utile e fruttuoso. Ma senza peccare troppo di nostalgia, chi ha seguito la vita dell’associazione negli ultimi decenni ricorda bene il peso che aveva ogni parola di ogni singolo esponente dell’allora Direttivo, l’organismo ristretto dove sedeva il meglio dell’industria nazionale: Agnelli, Pirelli, Marzotto, Lucchini, Merloni, De Benedetti, solo per citarne alcuni. Oggi gli imperi che essi rappresentavano sono scomparsi, o passati di mano, o fortemente ridimensionati. Grandi nomi l’industria italiana non ne ha più, e di conseguenza non ci sono più nemmeno grandi nomi che affollino le riunioni, sempre più routinarie, in Viale dell’Astronomia. Da cui forse escono ottimi disegni di legge per Palazzo Chigi, ma pochissime nuove idee e nessuna illuminata ‘’visione’’ per il paese.
Ma ciò non toglie che la rappresentanza di quel che resta dell’ex sesta potenza industriale abbia ancora un ruolo da svolgere: in un Italia dove le grandi imprese sono ormai in mani estere, quando non scomparse, restano però e piccole e medie -spina dorsale del paese e della stessa Confindustria- che ancora sopravvivono, sia pure a stento, dopo un decennio di crisi. E che richiedono una guida, un indirizzo, soprattutto sul tema, irto di incognite, delle relazioni industriali come saranno dopo la crisi –ammesso che un dopo crisi ci sia mai- e nel mondo del lavoro dopo la rivoluzione del Jobs act. Reinventarsi questo ruolo e’ per l’appunto la grande scommessa che toccherà al prossimo presidente, chiunque egli sarà.
Contrattazione
Prosegue la marcia di Cgil, Cisl e Uil per raggiungere l’intesa sul documento unitario su rappresentanza e contratti, aggirando il niet della Confindustria. Dopo aver incontrato la Confapi, questa settimana le delegazioni dei sindacati hanno avuto un primo confronto anche con le organizzazioni dell’artigianato – Confartigianato, Cna, Casartigiani, Claai – conclusosi positivamente. Come ha riferito al Diario il dg di Confartigiato, Cesare Fumagalli, il testo sindacale e’ un buon punto di partenza. Il prossimo appuntamento tra le parti e’ gia’ fissato per il 24 marzo.
Questa settimana, al Mise, si è svolto il primo tavolo sulla crisi del settore dei call center, senza produrre, però, soluzioni né proposte soddisfacenti per lavoratori e sindacati. Intanto Meridiana rimane sulle proprie posizioni, confermando gli oltre 900 esuberi come conditio sine qua non per siglare l’accordo di partnership con Qatar Airways.
Sempre nel settore dei trasporti, Alitalia e sindacati hanno siglato un accordo per l’assunzione di 9 piloti e 10 assistenti di volo, presi dal bacino degli esuberi della vecchia compagnia di bandiera. Raggiunto un accordo anche sui 470 dirigenti in esubero di Unicredit.
Diario della crisi
I sindacati degli edili esprimono preoccupazione sul futuro di Italcementi, acquistata dalla tedesca Heidelberg Cement, ma sulla quale, da sei mesi ad oggi, ancora non si hanno notizie.
Nel Lazio, per protestare contro il rischio di 5000 licenziamenti nel settore scolastico educativo di Roma Capitale, dall’8 marzo alcune precarie dei nidi sono salite sui ponteggi di Piazza Madonna di Loreto.
In Piemonte situazione critica per i lavoratori della Alcar di Viae: all’aut aut aziendale sul ritiro della proposta di acquisto da parte dall’Alcar Industrie, è scattato lo stato d’agitazione.
In Lombardia incalza la protesta dei lavoratori del polo mantovano della Belleli Energy, da scorso venerdì 4 marzo in sciopero permanente per protestare contro una riorganizzare aziendale che prevede disdetta dei contratti, tagli salariali ed esuberi
L’Ugl della Basilicata ha proclamato lo sciopero generale dei lavoratori del call center materano Datacontact, in attesa di conoscere il futuro di 400 dipendenti.
In Abruzzo i sindacati dei tessili hanno indetto lo sciopero dei lavoratori della Brioni per i 400 annunciati esuberi, mentre nelle Marche lo sciopero è stato indetto per i lavoratori delle mense carceri di Montacuto, Barcaglione, Ascoli Piceno, Fermo, Pesaro e Fossombrone, contro le mancate retribuzioni, ferme da gennaio.
Infine, in Sicilia, i lavoratori della Tecnis hanno annunciato lo stato di agitazione, contro la possibilità che i lavori nei cantieri per l’anello ferroviario di Palermo e per la metropolitana di Catania si fermino. L’NH Hotel di Palermo ha annunciato la chiusura e 25 esuberi, mentre per i 62 lavoratori del laboratorio di ricerca catanese Myrex, la Regione ha avviato un tavolo di discussione. Infine, i sindacati denunciano il ritardo, da parte del governo, nell’approvazione della casa integrazione per i 700 lavoratori del sito ex-Fiat, ora Blutec, di Termini Imerese.
I blog del Diario
Questa settimana gli interventi di:
Giuseppe Berta, Quelle avances di Marchionne alla Apple
Riccardo Sanna, Bisognerebbe aprire una vertenza Europea
Analisi
Claudio Negro analizza il documento di Cgil, Cisl e Uil sul nuovo modello di relazioni industriali.
Laura Di Raimondo, direttrice di Asstel, approfondisce il tema dello Smart working nel settore delle telecomunicazioni.
Roberto Polillo riferisce sullo scontro interno al mondo sindacale, tra confederazioni e sigle dirigenziali, in merito alla riforma del sistema sanitario nazionale.
Fernando Liuzzi ha seguito il doppio appuntamento settimanale sul rinnovo del contratto dei metalmeccanici: mentre si profila la possibilità di una mobilitazione unitaria dei sindacati, oggi un nuovo incontro sul tema del salario.
Video interviste
In occasione dell’incontro tra sindacati e organizzazioni dell’artigianato per discutere del documento Cgil, Cisl e Uil sulla contrattazione, il Diario del Lavoro ha intervistato il segretario generale di Confartigianato, Cesare Fumagalli.
La nota
Nunzia Penelope fa il punto sulla corsa per la presidenza di Confindustria, ridotta a due soli candidati (Vacchi e Boccia) dopo il ritiro di Regina e Bonometti.
Documentazione
Questa settimana è possibile consultare i documenti elaborati dai sindacati sull’acquisizione di Italcementi; il testo dell’accordo interconfederale della regione Lombardia sull’apprendistato; quelo dell’accordo per l’armonizzazione Fondo Ape per gli artigiani; i rapporti Istat su produzione industriale e sui dati definitivi del mercato del lavoro nel IV trimestre 2015.