Siamo tutti contenti perché l’Italia ha evitato la procedura di inflazione. Il pericolo era reale e le conseguenze sarebbero state letali un po’ per tutti, nessuno stavolta sarebbe riuscito a evitare il peggio. Il sollievo non fuga però le preoccupazioni, fortissime, per quello che ci aspetta il prossimo anno. L’economia stenta, la ripresa, che c’era anche se debole, è sparita. L’occupazione scende. Gli investimenti si sono dileguati. L’Europa, del resto non ha allentato i vincoli, tutt’altro, a Bruxelles si preparano a seguire da vicino tutte le mosse del governo italiano, pronti a imporre una manovra supplementare se le cose non dovessero marciare. E, appunto, tutto fa credere che le cose non andranno bene, le previsioni sono state fatte quando qualcosa camminava nel senso giusto, ma le decisioni prese, soprattutto il calo degli investimenti pubblici, assicurano che l’economia non potrà migliorare. Forse non siamo in recessione, ma certamente la situazione non è brillante e bisogna aspettarsi il peggio dai mesi che verranno.
Anche perché non c’è all’orizzonte qualcosa o qualcuno che possa raddrizzare la situazione. Il governo e i partiti che lo sostengono sono quelli che abbiamo conosciuto in questi mesi, buoni a brindare quando non c’è niente da festeggiare, incapaci di organizzare qualcosa che abbia un senso economico. I provvedimenti presi in questi sei mesi sono uno peggio dell’altro, a partire dal quel decreto dignità che doveva salvare l‘occupazione e invece ha fatto solo del male, aumentando l’aleatorietà di chi aveva un contratto a tempo determinato senza aumentare il numero di chi aveva contratti a tempo indeterminato. L’unica cosa buona è stato l’accordo per l’Ilva, ma è noto Di Maio non ha fatto che riprendere, con mesi di ritardo, e quindi forti spese inutili, quello che il suo predecessore Carlo Calenda aveva già pazientemente costruito e che i sindacati avevano a loro volta con determinazione contrattato. Per le grandi opere siamo ancora indietro. C’è stato il via libera per il Terzo Valico e la Tap, ma nulla ancora per la Tav. E senza questa ultima opera anche il Terzo valico perde buona parte della sua ragion d’essere.
Il governo afferma che riuscirà a portare a casa le due grandi riforme per cui si sono battuti Lega e 5Stelle, il reddito di cittadinanza e le pensioni a quota 100. Bisognerà vedere però cosa davvero saranno queste due operazioni, dopo le sforbiciate di Bruxelles, perché le dotazioni sono state tagliate pesantemente e non si sa più a chi andrà davvero il reddito di cittadinanza e quale sarà il suo valore, quanti soldi arriveranno davvero nelle tasche dei poveri individuati. E lo stesso vale per le pensioni, perché un taglio di tale sostanza alla copertura mette tutta l’operazione a rischio. Bisognerà vedere quindi chi andrà finalmente in quiescenza e quanto questi saranno contenti di avere un assegno di pensione decurtato per i meno anni di contribuzione accumulati.
Il pericolo, per i partiti di maggioranza, è che finisca la grande illusione, che ci si accorga che andare in pensione prima costa molto, moltissimo e toglie il lavoro, che è il sale della vita di tante persone. È difficile dimenticare gli operai del Terzo valico che manifestavano davanti alla sede della Regione Liguria, chiedendo di poter fare il loro lavoro e respingendo l’ipotesi del reddito di cittadinanza. E se quell’illusione finisse sarebbe un altro grande giro elettorale. Ormai abbiamo capito che in Italia, ma non solo da noi, esiste una gran massa di elettori che ragionano solo con la pancia, non sanno bene, o non lo sanno affatto, cosa stanno facendo quando entrano nella cabina elettorale. Una massa di voti che si dirige da una parte o dall’altra senza meta, con un giro continuo, pronti ad andare da Renzi che dava gli 80 euro a Grillo che prometteva redditi senza lavorare, a Salvini che prometteva sicurezza o quant’altro. Consensi caratterizzati solo dalla volatilità. Non è un caso che in soli otto mesi la Lega abbia in pratica raddoppiato i suoi voti, mentre i 5Stelle hanno perso 8 punti percentuali, passando dal 33 al 25%. È difficile immaginare dove andrà tra poco questa onda d’urto, ma che sia pronta a muoversi ancora e poi ancora, questo è sicuro.
Lega e 5Stelle hanno le loro colpe, ma per la minoranza politica il discorso è ancora più gramo. Perché in Italia non esiste opposizione, almeno nel senso che servirebbe. Il Parlamento non sta vivendo il suo momento migliore, come ci ha mostrato il teatrino di questi giorni in cui le Camere sono state chiamate a votare a colpi di fiducia una manovra economica che, si sapeva bene, non aveva alcun valore perché sarebbe stata rivoluzionata di lì a poco. Ma se le istituzioni versano in cattive acque, i partiti di minoranza fanno di tutto per peggiorare questa situazione. Si fa più presto a dire che non esistono, il Pd per primo. Era evidente che questo partito, l’erede delle grandi tradizioni politiche italiane, per riprendersi aveva bisogno di una lunghissima marcia nel deserto, che non si sa quando sarebbe finita e chi sarebbe sopravvissuto: ma la situazione è ancora peggiore, perché quel viaggio non è ancora nemmeno iniziato e non si vede all’orizzonte un cambiamento, sia pure temporaneo, all’eterna rissa che caratterizza l’attuale Pd.
Male le forze di maggioranza e di opposizione, peggio ancora le parti sociali. Gli imprenditori hanno portato a casa una vittoria, dicono, perché si è riaperta la vecchia Sala Verde a Palazzo Chigi o i suoi succedanei in giro per il centro di Roma, che sia il Viminale di Salvini o il Mise di Via Veneto per Di Maio. Ma quella è stata solo una vetrina, poco più di una comparsata. Potrà crescere, diventare qualcosa? Sembra difficile con governanti che non sanno bene cosa stanno facendo, si muovono scompostamente come hanno dimostrato nel confronto con Bruxelles, che è riuscita a dettare le basi portanti della manovra economica del nostro paese.
Imprenditori e sindacalisti però sono soddisfatti e arrivano perfino a dire la loro, peccato che lo facciano nel disinteresse generale. Non ci si accorge di quello che decidono, di cosa propongono, di come cerchino di creare opposizione nel paese, nella società. I grandi movimenti di una volta non esistono più. La manovra economica, criticata in tutto il mondo, a casa nostra non ha trovato opposizione nemmeno tra i sindacati, pure colpiti pesantemente dalle decisioni dell’esecutivo. La veemenza con la quale le confederazioni (specie la Cgil) attaccavano i governi di Renzi e (meno) di Gentiloni è finita nel nulla, non ci sono state critiche accese, per la manovra gialloverde, al massimo flebili mugugni. L’opposizione è stata limitata a pochi, validi, uomini e donne che hanno provato a dire la loro, nemmeno supportati come dovevano dai vertici delle loro organizzazioni.
In questa situazione è difficile anche solo sperare. Sarà complesso uscire da questa situazione di grande difficoltà. ma non bisogna arrendersi mai, è vero, si deve continuare a lottare. Qualcosa può sempre accadere.
Massimo Mascini
Contrattazione
Questa settimana è stato sottoscritto, tra i sindacati di categoria e Federdistribuzione, il rinnovo del contratto per i lavoratori della distribuzione moderna organizzata. L’intesa, che interessa 200mila addetti, e prevede l’adeguamento dal punto di vista salariale, normativo e di welfare, agli altri lavoratori del commercio, dei servizi e del terziario. Nel settore dell’elettronica, è stato raggiunto l’accordo per i 241 lavoratori della Micron di Catania. L’intesa, sottoscritta dai sindacati dei metalmeccanici, la Micron e la STM, offre ai lavoratori la possibilità di essere ricollocati in altri stabilimenti della Micron, in Italia o all’estero, oppure l’assunzione alla STM di Catina, o la risoluzione del rapporto di lavoro con un incentivo economico. Nel comparto del legno-arredo, è stato prorogato il contratto di solidarietà per i lavoratori della Natuzzi. Il documento, siglato dall’azienda e dai sindacati di categoria, prevede il ritiro di tutti i licenziamenti e la realizzazione un piano di investimenti di 35 milioni di euro per rilanciare il polo produttivo italiano del divano, innovando tutti gli stabilimenti di Puglia e Basilicata e reinternalizzando le produzioni di legno e gomma. Nel comparto dell’automotive, è stato siglato il contratto di solidarietà per lo stabilimento di Fca di Mirafiori. L’accordo prevede, inoltre, una procedura di esodi volontari incentivati prevalentemente finalizzati alla pensione per i lavoratori di tutto il comprensorio torinese. Infine, è stato firmato, unitariamente dai sindacati di categoria e parte datoriale, il rinnovo del contratto nazionale dei lavoratori delle imprese di import/export di fiori recisi in scadenza il 31 dicembre prossimo senza vacanze contrattuali
La nota
Il direttore del Diario del lavoro Massimo Mascini, ha anticipato la decisione di Vincenzo Colla, principale competitor di Maurizio Landini per la corsa segreteria nazionale della Cgil, di rompere gli indugi e di ufficializzare la propria candidatura.
Fernando Liuzzi riferisce sulla prima conferenza stampa di Vincenzo Colla come candidato alla segreteria generale. Colla ha illustrato le linee guida del suo programma, con un occhio ai problemi del paese prima ancora che del sindacato.
Ancora Fernando Liuzzi ci racconta perché Budapest abbia detto no, con cinque giorni di forti proteste, alla nuova legge sul lavoro del presidente Orban, che consente di imporre ai dipendenti 400 ore di straordinario all’anno e pagamenti dilazionati.
Interviste video
Il direttore del Diario, Massimo Mascini, ha intervistato Vincenzo Colla sulla sua candidatura, ormai ufficiale, alla segreteria generale della Cgil.
Ancora Massimo Mascini, ha intervistato il segretario generale della Fim-Cisl, Marco Bentivogli, sui recenti incontri tra governo, imprenditori e sindacati e quali cambiamenti porterà questa concertazione nelle politiche del governo.
Servizi a cura di Emanuele Ghiani.
Interviste
Tommaso Nutarelli ha intervistato Sabina Valentini, responsabile delle relazioni industriali di Confcooperative, sull’accordo da poco sottoscritto tra i sindacati e il mondo delle imprese cooperative.
I blog del diario
Giuliano Cazzola fa il punto sulle mosse di Cgil, Cisl e Uil che, dopo l’incontro con il premier Conte, hanno deciso di far sentire la propria voce attraverso tre attivi nazionali unitari.
Paolo Pirani parla dell’importanza dei corpi intermedi, e di come una loro valorizzazioni passi da un percorso che guardi all’unità, non tanto per stare uniti, quanto per fare qualcosa collegialmente.
Tommaso Nutarelli interviene sul ruolo di moderatore che il premier Giuseppe Conte ha avuto nella trattativa con l’Europa. Un ruolo grazie al quale Conte è finalmente uscito dal plumbeo anonimato nel quale Salvini e Di Maio lo avevano relegato.
Il guardiano del faro
Marco Cianca riflette sul ruolo attuale del parlamento, spiegando che non si era mai giunti a un punto tanto basso: “con i deputati impegnati a discutere, a votare e approvare una manovra economica falsa, facendo finta che fosse vera, aspettando le decisioni finali del governo e gli esiti della trattativa con l’Unione europea”.
Diario della crisi
Nel trasporto su rotaie, i sindacati di categoria Filt-Cgil, Fit-Cisl, Uiltrasporti, Ugl Attività Ferroviarie, Fast-Confsal, in un comunicato congiunto, hanno sottolineato la difficile situazione dei lavoratori in appalto in Ferrovie. Per i sindacati è necessario investire in politiche attive per il lavoro e fare nuovamente ricorso agli ammortizzatori sociali.
Documentazione
Questa settimana è possibile consultare il testo del World Economico Forum “The Global Gender Gap Record”, la nota trimestrale sulle tendenze dell’occupazione di Istat, Inps, Inail, Anpal e Ministero del lavoro. Infine il testo con cui è stata presentata la candidatura di Vincenzo Colla alla segreteria generale della Cgil.



























