Arrivano anche le belle notizie. Non molte, ma qualcuna arriva. È stato l’Istat lunedì a fornirci l’occasione per sorridere. Perché i dati di aprile sull’occupazione sono stati davvero positivi. Per la prima volta dal 2012 il dato della disoccupazione è sceso sotto quota 10. Segnando un bel 9,9% al quale non eravamo proprio abituati. E anche la disoccupazione giovanile, quella di chi ha tra i 15 e i 24 anni, che ci ha sempre fatto soffrire, dà una luce di speranza, perché il dato, sempre di aprile, è pari al 30,5%: ci eravamo abituati negli anni scorsi a vedere quel dato veleggiare attorno al 40%, oggi i dieci punti in meno sono comunque una bella sorpresa. Anche i dati sugli occupati totali (23 milioni 387mila) e su quelli dipendenti (18 milioni 32 mila) sono molto positivi, tutti in crescita.
Dati sorprendenti perché non in linea con la fotografia economica del paese, con un Pil in discesa quando non resta immobile e una produttività che assolutamente non vuole crescere. Come accade che andiamo indietro su tutta la linea e invece l’occupazione cresce? In realtà un certo sfasamento temporale è nelle cose. Non è un caso che nei primi anni della grande crisi mondiale, dal 2008 almeno a tutto il 2011 l’economia tracollava, ma l’occupazione teneva. Le aziende avevano i loro programmi e non li cambiavano, almeno non li cambiavano subito, e soprattutto tendevano a tenersi i lavoratori più bravi per non perderli nel momento in cui, speravano, sarebbe arrivata la ripresa. Poi questa non è arrivata e le imprese hanno cominciato a licenziare, quando non a chiudere.
Stavolta può essere successo qualcosa di simile, perché è indubbio che l’economia non brilli, ma gli occupati sono sempre di più. Il governo, ovviamente, si è preso il merito, affermando che si deve tutto ai provvedimenti presi dai gialloverdi, in particolare del Decreto Dignità che avrebbe sconfitto -parola di Luigi Di Maio- il precariato. Forse non è andato proprio così e un’analisi approfondita dei dati lo fa capire. Come ha rilevato sul Corriere della Sera Dario Di Vico, il primo dato che spicca è che dei 67mila occupati in più registrati dall’Istat nel mese di aprile, la quasi totalità sono uomini, ben 66mila, solo mille le donne. E stabili restano anche i giovani, mentre subiscono un calo i lavoratori della fascia più alta, quelli che hanno tra i 24 e i 49 anni. E invece è un vero e proprio boom per gli ultracinquantenni che crescono di 88mila unità in un solo mese.
Cosa ci dicono questi dati? Che certamente ci sarà stata una crescita dei contratti a tempo indeterminato perché man mano che arrivavano a scadenza i contratti a termine questi in parte venivano trasformati in contratti a tempo indeterminato, dato che nessuno si fida delle causali e quei lavoratori sono comunque necessari all’impresa. Ma gli altri posti lasciati liberi da chi aveva un contratto a termine e non gli è stato rinnovato sono stati per lo più coperti non da giovani, quanto da over50, più esperti, già formati, inseriti o facilmente inseribili in un ambiente di lavoro. Erano la certezza rispetto all’incognita di un giovane senza esperienza. Over50 che però non rappresentano il futuro, ma il passato, danno certezze per il presente, poca per il futuro dal quale saranno comunque esclusi.
C’è poi da notare che gli stessi dati sulla crescita dell’occupazione, per quanto positivi, non danno grandi certezze. L’Istat considera occupato chi nella settimana in cui viene intervistato ha lavorato anche una sola ora. Non si tratta di una particolarità del nostro paese, i metodi di valutazione sono uguali in tutta Europa, si fa così dappertutto. Resta però il fatto che non si sa che lavoro abbiano fatto queste persone e per quanto tempo lo abbiano fatto. Le ore lavorate sono calate nel loro complesso, dello 0,1% nel primo trimestre del 2019 rispetto ai primi tre mesi del 2018, quando peraltro era stato segnato un -0,2% rispetto ai dati del medesimo periodo nel 2017. Quindi è da credere che si tratti di lavori forse non proprio occasionali, ma certamente lontani dallo standard delle 8 ore al giorno cinque giorni alla settimana. La forte ripresa riscontrata nelle attività del terziario fa credere che si tratti di molto part time occupato nelle strutture di accoglienza. Ma non è così che si sconfigge il precariato che proprio di queste situazioni si nutre. Per capirci di più servirebbe un’indagine più approfondita sul numero dei part time che sono stati accesi e magari anche una valutazione di quanti di questi siano involontari, non richiesti cioè in quanto tali dai lavoratori, ma decisi dall’azienda che assume e non ha bisogno di molte ore di lavoro.
Nel complesso dobbiamo comunque compiacerci perché un aumento dell’occupazione è certamente una cosa positiva. Se durerà meglio, se i posti di lavoro cresceranno ancora brinderemo, per adesso non ci pare che la guerra sia stata vinta. Non è stata vinta nemmeno una battaglia.
Massimo Mascini
Per i nostri lettori pubblichiamo qui di seguito una scelta delle notizie e degli interventi più significativi apparsi nel corso della settimana su ildiariodellavoro.it (Vai al sito per leggere il giornale completo, aggiornato quotidianamente dalla nostra redazione).
Contrattazione
Prosegue il confronto tra i sindacati del settore del credito e Abi per il rinnovo del contratto collettivo nazionale. I prossimi incontri si terranno il 18 e il 30 luglio. Ancora stallo nella trattativa per il rinnovo della sanità privata, fermo da 12 anni. I sindacati annunciano lo stato di agitazione. Sul fronte del Lavoro Domestico, prosegue la trattativa tra sindacati di categoria, Federcolf e le associazioni imprenditoriali di settore Fildaldo, Domina per il nuovo contratto nazionale. Infine, è stata rinegoziata la contrattazione integrativa applicata ai 3mila dipendenti del Gruppo Marriott International. I sindacati del settore turistico hanno siglato con le direzioni societarie del colosso mondiale dell’hotellerie il nuovo accordo in vigore dal 1 gennaio 2019 al 31 dicembre 2021.
Diario segreto di un Navigator
Un nuovo capitolo del diario che uno dei vincitori del concorso per navigator ha deciso di tenere per noi. Questa settimana ci racconta l’arrivo della prima email da parte di Anpal, con la richiesta di completare la procedura che porterà poi alla contrattualizzazione.
La nota
Fernando Liuzzi ha seguito la riunione del coordinamento politiche industriali della Cgil. Ne emerge un quadro a dir poco preoccupante delle crisi aziendali che stanno attraversando il paese. Dai 158 tavoli aperti al Mise, l’analisi si estende alle cause delle difficoltà che colpiscono intere filiere, con particolare riferimento al Mezzogiorno.
Analisi
Maurizio Ricci spiega perché, dopo il momentaneo rinvio della procedura d’infrazione, l’isolamento scelto da Salvini in Europa renderà molto più difficile la ricerca di alleati per riscrivere le regole europee di bilancio, con ripercussioni per l’Italia quando sarà chiamata a vare in autunno la finanziaria.
Tommaso Nutarelli fa il punto sulle prospettive del welfare occupazionale presentate nel corso del convegno promosso dalla Cgil “Welfare e contrattazione: esperienze europee a confronto”.
Alessandra Servidori presenta i contenuti del rapporto del Consiglio dell’Unione Europea nel quale vengono sottolineate le gravi carenze nel nostro sistema di istruzione. Ma la soluzione, spiega Servidori, non sta certo nei controlli biometrici dei docenti voluta dal Governo.
Il guardiano del faro
Marco Cianca vede nel capitano della Sea Watch, Carola Rackete, l’esempio di una nuova disobbedienza civile, di una resistenza contro quelle leggi che, come il decreto sicurezza, violano i principi costituzionali e feriscono i valori morali dell’intera umanità.
I blog del Diario
Gaetano Sateriale spiega come l’appartenenza alla sinistra, non partitica ma etica e culturale, sia una precondizione indispensabile per far parte del sindacato, dove il principio su cui si basa la rappresentanza del lavoro è innanzi tutto la solidarietà come valore irrinunciabile.
Giuliano Cazzola si interroga sugli intricati percorsi mentali di un governo che, dopo essersi giustamente piegato alla manovra correttiva chiesta dalla Commissione Ue, salvandoci così dalla procedura di infrazione, a negare la resa e, nel caso, ad attribuirla alla solita congiura dei ‘’poteri forti’’.
Aldo Amoretti fa il punto sul salario minimo affermando che, dopo una lunga indagine, non è vero che il 15% dei lavoratori non sia coperto dalla contrattazione, ma esiste solo una categoria senza il contratto collettivo di riferimento.
Roberto Polillo descrive la “disgregazione morale” che sta attraversando il paese. Non esiste, afferma, alcun settore della vita pubblica che sia esente da quel familismo amorale, intriso di corruzione, che ha avvelenato i pozzi del nostro vivere civile.
Diario della crisi
Nel settore chimico i sindacati di categoria hanno proclamato lo sciopero dei 380 lavoratori di Sanac contro la mancata sottoscrizione del contratto di acquisto del Gruppo da parte di Arcelor-Mittal, anche a causa della situazione di tensione sul futuro dell’ex-Ilva. I lavoratori di Laziocrea hanno indetto lo stato di agitazione contro l’apertura della procedura di licenziamento per 20 addetti, sugli 80 complessivamente occupati nel sito di Firenze. In stato di agitazione anche i 167 lavorati della sede capitolina di Laziocrea. In una nota i sindacati fanno sapere che con il passaggio delle competenze relative al lavoro dalla Città Metropolitana di Roma alla Regione Lazio questi lavoratori sono stati “affittati” alla società partecipata dell’Ente Locale regionale, con un contratto che durerà fino a dicembre del 2020. Nel settore lapideo nota Feneal-Uil, Filca-Cisl, Fillea-Cgil hanno proclamato lo sciopero contro la chiusura al confronto da parte di Confindustria Marmomacchine ed Anepla sui contenuti della piattaforma votata dai lavoratori per il rinnovo del contratto. In protesta anche gli addetti dei comparti energia e coibenti per il rinnovo del contratto scaduto il 31 dicembre scorso.
Documentazione
Questa settimana è possibile consultare le note dell’Istat su occupati e disoccupati, sull’andamento dell’economia italiana e sul Bilancio demografico nazionale del 2018. Infine è presente la memoria di Assolavoro in Commissione Lavoro della Camera sul salario minimo.