Un anno fa Confindustria e Cgil, Cisl e Uil firmarono il patto della fabbrica, come venne un po’ enfaticamente chiamato. Un accordo interconfederale per sistemare, si sperava una volta per tutte, le regole della contrattazione e della rappresentanza. Fu un atto forte, che le parti vollero per prevenire in qualche modo le difficoltà che sarebbero potute venire dalle elezioni politiche e che poi, in effetti, sono arrivate. Difficile dire se quell’accordo abbia avuto risultati positivi o meno. Forse sul piano della contrattazione, ma su quello altrettanto importante della rappresentanza le cose sono rimaste immutate, dal momento che solo una legge avrebbe avuto davvero effetto. Ma questa legge, chissà se per disgrazia o per fortuna, non è ancora arrivata.
Adesso, appunto a distanza di un anno, le parti ci riprovano. Timidamente, molto sotto traccia, sono iniziati i pour parler, ma appunto solo per parlare, c’è stato qualche scambio di carte, ma tutto in maniera molto informale. Da alcune dichiarazioni si capisce che c’è una volontà di trovare un nuovo accordo. Le cose devono andare molto avanti prima che qualcosa davvero trapeli, prima che si sappia quali sono le effettive volontà delle parti. Quello che si sa è che industriali e sindacalisti potrebbero prendere una posizione comune indicando cosa a loro avviso potrebbe servire all’Italia in questa difficile contingenza economica.
La recessione è un dato di fatto, più o meno “tecnica” che sia, gli indici della produzione industriale e quindi della crescita sono precipitati, la ripresa, che già era così debole, si è arrestata. Ma soprattutto sembra che questo non interessi a chi ci governa. Nessuno pensa, tanto per fare un esempio, se la Tav sia o no un’opera che serve al paese, l’unica preoccupazione è la risposta che si avrebbe dall’elettorato nel caso una decisione fosse presa. Interessa sapere, e su questo ci si interroga senza sosta, se il voto grillino in caso di sìTav si disperderebbe o se la base leghista delle piccole aziende avrebbe un soprassalto di irritazione per un eventuale definitivo noTav.
Per questo non sarebbe inutile se qualcuno, nel caso appunto industriali e sindacalisti, indicassero quali sono le vere priorità del paese, cosa bisogna fare e come farlo urgentemente. Si salverebbero la coscienza, perché almeno avrebbero detto la loro e la responsabilità della decisione finale graverebbe raddoppiata sui partiti, raddoppiata perché ci sarebbe stato chi li aveva messi sull’avviso. Il fatto che a 5Stelle e Lega non interessi minimamente cosa pensino industriali e sindacalisti, e quindi è più che probabile che tirerebbero dritti per la loro strada, non deve impedire che quell’elenco di cose da fare sia messo a punto. Non prenderlo in considerazione sarebbe a quel punto una responsabilità politica, appunto tutta dei partiti. Anche se forse l’attenzione non sarebbe inesistente. L’elettorato, infatti, in questi anni è diventato oltremodo volatile, assistiamo a crescite di decine di punti nel volger di pochi mesi, partiti assolutamente minoritari diventano improvvisamente leader: ci si può aspettare di tutto e quindi l’attenzione alle conseguenze di ogni atto sugli umori degli elettori è doverosa, anche per chi si sente in vetta al mondo.
Industriali e sindacalisti potrebbero poi regolare qualche loro problema rimasto aperto. Quello sul metodo per calcolare la rappresentanza delle organizzazioni padronali, per esempio, anche se non sembra essere un problema dirimente. O ancora, ben più pressante, il sistema per attuare un vero scambio tra salari e produttività. Quest’ultima continua a non crescere e i salari italiani sono bassi, troppo bassi, lo dicono tutti, lo disse anche il patto della Fabbrica un anno fa. Forse tornare su questo tema potrebbe servire per preparare il momento in cui si tornerà a discutere i rinnovi dei grandi contratti dell’industria.
Ma industriali e sindacalisti potrebbero cogliere l’occasione anche per sistemare qualche problema che li interessa da vicino. Come quello, per esempio, della soluzione delle vertenze per le aziende in crisi, sulla base di un ragionamento che portava avanti qualche giorno fa Paolo Pirani, il segretario del sindacato dei chimici, tessili ed elettrici della Uil. E’ noto che qualche anno fa, per l’iniziativa delle parti sociali, ma anche delle forze politiche, allora non ottuse e antindustria, si decise di formare una task force che, al Ministero dell’Industria, come si chiamava allora, ma al di fuori dell’organizzazione ministeriale, quindi con una libertà di azione ampia come necessitava, si occupasse di questi interventi. A capo di questa task force fu posto un ex sindacalista, Giampiero Castano, che di questo si è occupato in questi anni, con un buon successo, a detta di tutti seguendo e spesso risolvendo centinaia di crisi aziendali.
E’ successo però che il ministro Di Maio abbia chiuso la collaborazione con Castano. Semplicemente non gli ha rinnovato il contratto, che pure andava avanti da undici anni. Di Maio, tra l’altro, parallelamente ha avuto una curiosa (a essere gentili) iniziativa al ministero dello Sviluppo economico: ha ritirato tutte le deleghe ai direttori generali, affermando che ognuno di essi dovrà assumere una competenza diversa da quella esercitata in passato, perdendo così una professionalità accumulata negli anni, a volte nei decenni, e che era la vera forza loro e del ministero.
Ma Di Maio ha anche detto che la task force, chiunque sarà chiamato a guidarla, dovrà rientrare nell’ambito dell’organizzazione ministeriale, perdendo così quella libertà di azione di cui ha sempre godute e che si è dimostrata essere un vero atout a disposizione. Insomma, a guidare quest’ unità di intervento, che deve decidere il futuro di aziende forse non decotte, ma certamente in difficoltà, e quindi il destino di centinaia o migliaia di lavoratori, sarà un burocrate, magari anche molto intelligente, ma certamente privo della pratica necessaria.
A questo punto la domanda che le parti sociali si potrebbero porsi è se non valga la pena che siano loro direttamente a realizzare un’altra struttura, analoga a quella che c’era prima, per gestirla direttamente con tutte le competenze necessarie. Sarebbe un atto di sussidiarietà di prima grandezza. Certo, serve un po’ di coraggio, perché la parte politica potrebbe non gradire, anzi non gradirebbe sicuramente, ma quello che importa in questi casi è sempre il risultato. E questo potrebbe non essere l’unico intervento, perché sicuramente sono tante le iniziative che le parti sociali potrebbero prendere per dotarsi di quei servizi che non sono più resi dalle compagini ministeriali. Serve coraggio, e questo ciascuno lo deve trovare al proprio interno.
Massimo Mascini
Interviste
Nunzia Penelope ha intervistato Gigi Petteni, presidente dell’Inas Cisl, per tracciare un primo bilancio su Quota 100, provvedimento che ha visto i patronati svolgere un ruolo chiave nell’accoglimento delle domande. Petteni rivendica dunque l’importanza dei patronati nei servizi offerti al cittadino, e reclama la ‘’restituzione’’ dei fondi tagliati dal governo Renzi.
Ancora Penelope ha intervistato Serena Sorrentino, segretaria generale della Fp-Cgil, che lancia l’allarme sulla ”grande fuga” verso la pensione che sta spopolando gli uffici pubblici: sia a causa di Quota 100, sia per l’invecchiamento del personale e il blocco del turn over. Sorrentino avverte che si rischia la “desertificazione” del settore pubblico, e chiede dunque un piano straordinario con mezzo milione di nuove assunzioni in tre anni: “occasione storica –spiega- anche per cambiare le competenze, renderle più adeguate ai tempi, inserire nuove professionalità nel settore pubblico”.
La nota
Fernando Liuzzi ha seguito la presentazione della 149esima edizione dell’indagine trimestrale di Federmeccanica, che fa il punto sull’andamento dell’industria metalmeccanica italiana.
I blog del Diario
Gaetano Sateriale interviene sul tema della Cgil post-congresso, affermando la necessità di lavorare per un rafforzamento strategico e un rinnovamento organizzativo della Confederazione, all’altezza delle sfide che arrivano dall’economia, dalla politica, dalla società, dal lavoro. Fausto Durante condivide l’invito di Sateriale, sottolineando come la Cgil abbia gli anticorpi per combattere il virus del populismo e dell’antipolitica. Le azioni e messaggi messi sin qui in campo dal nuovo segretario generale Maurizio Landini, spiega Durante, vanno nella giusta direzione.
Tommaso Nutarelli spiega come la manifestazione di Milano e le primarie del Pd abbiano riacceso le speranze che un’Italia diversa sia ancora possibile. Se tuttavia non si riuscirà a trovare una sintesi tra le diverse sensibilità culturali e politiche, sarà difficile proporre un’alternativa all’attuale maggioranza
Il guardiano del faro
Marco Cianca racconta la storia di Greta Thunberg, adolescente svedese, che ogni venerdì, invece di andare a scuola, protesta davanti al parlamento per sensibilizzare i politici su una maggiore attenzione al pianeta e alle generazioni future. Un’iniziativa che ha dato il via, in molti altri paesi, ai ragazzi del venerdì. Il neoeletto segretario del Pd, Nicola Zingaretti, ha dedicato la vittoria anche a Greta. Eppure, spiega Cianca, se aspira ad essere un interlocutore dei ragazzi del venerdì, il segretario del Pd dovrebbe definire confini e sostanza della politica ambientale alla quale intende ispirarsi.
Contrattazione
Nel settore dell’edilizia, Ance assieme alle Associazioni Artigiane hanno siglato un protocollo d’intesa per un nuovo assetto del sistema bilaterale nazionale. Nel protocollo le parti datoriali puntano a una parità di costi e a una uniformità di trattamenti per imprese e lavoratori, attraverso il rafforzamento dei fondi per l’occupazione, le pensioni e la sanità.
Diario della crisi
Nel trasporto aereo non è stato trovato alcun accordo tra i sindacati e Alitalia per il rinnovo della cassa integrazione straordinaria. Le organizzazioni di rappresentanza hanno dunque confermato lo sciopero per il 25 marzo. A Genova gli ex dipendenti del bar-ristorante Moody e della Pasticceria Svizzera sono scesi in piazza insieme ai colleghi di Qui! Group, per denunciare la perdita della propria occupazione. A rischio 400 posti di lavoro. Fim, Fiom e Uilm hanno annunciato lo sciopero dei lavoratori del Gruppo Engineering. Per i sindacati è inaccettabile l’aumento del premio di risultato di 150 euro, dopo dieci anni dall’ultimo rinnovo del contratto integrativo, così come viene denunciata l’indisponibilità dell’azienda a confrontarsi sugli altri aspetti economici presenti nella piattaforma.
Documentazione
Questa settimana è possibile consultare i dati dell’Istat su i conti economici del IV trimestre del 2018 e i prezzi della produzione industriale e nelle costruzioni a gennaio 2019. Inoltre è presente l’audizione integrale alla Camera di Assolavoro su reddito di cittadinanza e decreto dignità e la circolare dell’Inps sul riscatto della laurea per gli under 45.



























