Eccoci qua, nella torrida estate del 2023 a dimenarci tra La Russa, Santanchè, Delmastro, Facci e altri problemi più seri e gravi come le rate del Pnrr che non arrivano. Eppure l’attenzione dell’opinione pubblica (se ancora esiste) è concentrata sugli scandali che stanno funestando la vita del governo dopo neanche un anno di vita. D’altra parte se guardiamo indietro, non è la prima volta che un governo si trova a dover affrontare scandali politico-giudiziari che a volte hanno anche provocato la fine dell’esecutivo, come quello di Prodi nel 2008 (il caso Mastella e moglie) o quelli di Berlusconi nel 1994 e nel 2011 (le famigerate cene eleganti). Naturalmente si trattava della goccia che fa traboccare il vaso, il quale vaso si era via via riempito di altre questioni. Come la complicata vita dell’ultimo governo Prodi, sostenuto da troppi partiti e tutti in conflitto tra di loro. Oppure il rapporto con l’Europa di Berlusconi, un’Europa che non sopportava il Cavaliere e le sue improvvide iniziative, politiche, mediatiche, affaristiche e sessuali.
Adesso invece? Adesso Giorgia Meloni ha di fronte a sé una situazione analoga a quella del suo ex leader scomparso poche settimane fa. Analoga ma forse meno grave, nel senso che la premier sarebbe ancora in tempo per rimediare: sia sugli scandali sia sul rapporto con l’Europa. Se per esempio la ministra Santanchè si dimettesse, se La Russa si pentisse con forza delle sue parole a difesa del figlio e soprattutto chiedesse scusa alla ragazza che lo ha denunciato per stupro, se Delmastro lasciasse l’incarico di sottosegretario alla giustizia visto che ha rivelato segreti che non doveva rivelare, se se se… Se avvenisse tutto questo Meloni potrebbe andare avanti con una certa tranquillità, sull’onda del vecchio detto “tutti sono indispensabili ma nessuno è insostituibile”. Ecco, ci vorrebbe un po’ di coraggio da parte sua, sostituisse i protagonisti degli scandali e andasse avanti fino a nuovo ordine (o a nuovo scandalo, che non mancherà vista la “classe dirigente” di cui si circonda). Chissà se lo farà, non è facile per lei ammettere di aver sbagliato le scelte di ministri e sottosegretari, per non parlare del presidente del Senato, che è una sorta di suo padre, anzi di zio politico. Liberarsi di questi personaggi sarebbe considerata da lei una dimostrazione di debolezza e, come è noto, la destra deve farsi vedere sempre forte, dura, decisa e non deve mai cedere. Come diceva uno slogan mussoliniano? ”Se avanzo seguitemi, se indietreggio uccidetemi”.
Di fronte a questa situazione politica, l’opposizione che fa? Fa quel che può, protesta, presenta buone proposte di legge che però non passeranno (quella sul salario minimo, per esempio), cerca in qualche modo di farsi vedere sulla scena. Ma la platea è vuota, o quasi. E questo è il vero problema dell’Italia di oggi.
Per platea si intende l’opinione pubblica, ovvero quella parte di cittadini che pensano, intervengono, protestano, insomma si mobilitano e sono (diciamo erano) in grado di convincere la maggioranza degli italiani a seguirli. Ma questa maggioranza dove sta, che fa, cosa pensa se pensa?
Vabbè che siamo in piena estate, vabbè che fa un caldo torrido che ti toglie la voglia anche solo di pensare, vabbè che bisogna pur andare in vacanza dopo un anno di lavoro. Va bene tutto ed è anche comprensibile, tuttavia il problema è più profondo, e si chiama disaffezione dalla politica. Non è un caso che più passano gli anni, più l’astensionismo elettorale aumenta. Non è un caso che sempre meno persone leggano i giornali. Non è un caso insomma che la maggioranza degli italiani ormai se ne freghi (scusate la frase fascistoide) della politica. Troppe ne ha viste e digerite, adesso ha deciso di farsi gli affari propri e lasciare che le cose vadano avanti da sole.
E allora, bisogna che la sinistra, o quel che ne resta, metta questo problema in cima ai suoi pensieri e alla sua azione, ovvero tentare in tutti i modi di rimotivare le persone, cercando di convincerle che il menefreghismo è la premessa di un futuro nero. A meno che la sinistra non abbia introiettato quella famosa e tragica frase di Vittorio Gassman nello splendido film di Ettore Scola “C’eravamo tanto amati”. Diceva così: “Il futuro è passato e non ce ne siamo nemmeno accorti”.
Riccardo Barenghi