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Home - Primo Piano - Pensioni: perché in Italia bisognerebbe protestare contro quota 103

Pensioni: perché in Italia bisognerebbe protestare contro quota 103

di Massimo Fiaschi
17 Marzo 2023
in Analisi
Pensioni, Cgil: utile il rapporto della Commissione previdenza e assistenza

Ieri 16 marzo Macron ha fatto passare la riforma delle pensioni in Francia, scatenando le proteste della piazza e del Parlamento contrari all’innalzamento della pensione di due anni, da 62 a 64 anni. E in Italia? Possibile non si siano registrate proteste simili dopo la riforma Fornero che ha portato a 67 anni l’età per la pensione di vecchiaia?

Non siamo francesi, questo è certo, non abbiamo il senso della rivoluzione nel sangue, diciamo che come popolo abbiamo affinato altre arti, la “deroga” è una di queste. Facciamo una legge, anche durissima, ma solo per chi non entra nella deroga. Gli altri? Non ne subiscono le conseguenze e non protestano. Perché ci sia la pace basta che siano tanti i derogati e pochi i bastonati secondo legem. Quindi nel silenzio di tutti, sindacati e governanti, si perpetua l’ingiustizia italiana dell’iniquità delle leggi.

Vediamo se stiamo parlando dell’assurdo prendendo due capitoli che toccano tutti: tasse e pensioni.

Sulle tasse in Italia siamo campioni di durezza. La norma fondamentale è l’art. 53 Cost. che afferma due principi cardine dell’ordinamento tributario italiano: a) “Tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva”; b) “Il sistema tributario è informato a criteri di progressività”. Accade poi che a conti fatti, pagandosi le tasse sui redditi dichiarati, solo il 12,99% dei contribuenti, non più di 5 milioni, ha un reddito di almeno 35.000 euro l’anno e paga il 59% dell’Irpef. I derogati sono quasi il 50% degli italiani che, non dichiarando redditi, non pagano le tasse. Quindi duri si, ma solo con il 13% dei contribuenti. Per fortuna si sta pensando a una riforma del sistema tributario, speriamo non si costruiscano ulteriori deroghe in barba all’art. 53 citato, preoccupa per esempio che si voglia essere meno repressivi sull’evasione fiscale.

Sulle pensioni ricordiamo che, come riporta il Finnish Pension System, nella maggior parte dei Paesi membri si può lasciare il lavoro a 65 anni: Belgio, Croazia (ma le donne a 62 anni e nove mesi), Cipro, Lussemburgo, Ungheria, Slovenia, Austria e Polonia (in entrambi questi ultimi le donne a 60) e Romania (le donne a 61 e nove mesi). In Germania si va in pensione a 65 anni e nove mesi, mentre a 66 in Irlanda e Spagna (ma dal 2027 si passerà a 67), e in Bulgaria a 66 anni e nove mesi. A Malta si può andare in pensione a 63 anni, ma a breve l’età sarà portata a 65. L’età pensionabile in Norvegia, Svezia e Stati Uniti è flessibile e le opzioni cominciano da 62 anni.

Ad oggi in Italia come sappiamo si può andare a 67 anni in pensione di vecchiaia con l’età legata all’aspettativa di vita. Record mondiale di pensionamenti tardivi dunque? Non proprio, secondo Alberto Brambilla, presidente Centro Studi Itinerari Previdenziali, il più grande studioso in tema pensioni in Italia, «se si considera il complesso della vecchiaia si osserva che nel 2021 l’età media effettiva del pensionamento è di 64,3 anni». Nel calcolo di tale età media ponderata per genere, come detto, pesa di più l’età degli uomini, pari a 64,1 anni, che quella delle donne di 64,6 anni. E questo grazie a svariate modalità di pensionamento anticipato rispetto all’età della pensione di vecchiaia: Pensione anticipata della legge Fornero, APE volontario o sociale, Isopensione, Quota 103, pensione anticipata per mansioni usuranti e per i lavoratori precoci, Opzione Donna.

Probabilmente anche per questo stiamo vedendo le proteste francesi, se consideriamo che la riforma non riguarda solo l’aumento dell’età pensionabile ma prevede anche una stretta sulle cosiddette pensioni speciali che riguardano intere categorie di lavoratori tra cui gli ex dipendenti della Ratp (la rete di trasporti di Parigi), di elettricità e gas, della Banca di Francia e del Consiglio economico, sociale e ambientale. Privilegi che secondo Macron devono finire per portare il sistema previdenziale su un unico livello per tutti i francesi, ad eccezione dei lavori usuranti.

Ecco il motivo per cui in Italia i manifestanti sono frenati, gli italiani sanno che le leggi non sono uguali per tutti, la legge si sa si interpreta per gli amici e si applica per i nemici. Basta una buona deroga, una legge speciale, un privilegio nascosto e l’Italia regala grandi soddisfazioni.
Intendiamoci le deroghe sono indispensabili per i casi accertati, un sistema sano deve fondarsi su principi solidaristici ma partendo da basi di equità che in Italia stiamo via via perdendo. Bisognerebbe fare i conti sul fatto che sarebbe bello vivere in un Paese dove le regole siano certe, le leggi giuste, le spese dimostrate e utili e a pagare siano davvero tutti secondo la propria capacità reale.

Per questo sarebbe una buona ragione protestare, contro le leggi speciali non giustificate dal bisogno, contro il malcostume della deroga ad oltranza, del mille proroghe, della toppa all’italiana alla legge troppo dura per essere applicata per tutti, piuttosto solo ai pochi malcapitati ai quali nessuno troverà il cavillo giusto. Sarebbe utile protestare e pretendere leggi meno dure ma applicate a tutti senza privilegi (tranne dove servono davvero), perché poi capita a non averla quella scappatoia sperata… e allora son dolori.

Massimo Fiaschi

Massimo Fiaschi

Massimo Fiaschi

segretario generale di Manageritalia

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