Anno nuovo, smart working nuovo, ma ancora a metà per i dipendenti pubblici . Con l’arrivo del 2024 il rischio di un’ingiustificata disparità tra privato e pubblico per usufruire del lavoro agile era davvero dietro l’angolo.
Nel primo, infatti, grazie al decreto anticipi, lo smart working era stato prorogato fino al prossimo 31 marzo per i lavoratori fragili, affetti da specifiche patologie, e quelli con figli sotto i 14 anni. Per il pubblico, invece, la dead line diceva 31 dicembre.
Ora, con una direttiva del ministro della funzione pubblica, Paolo Zangrillo, datata 29 dicembre, si spingono le singole amministrazioni all’uso del lavoro da remoto per i soggetti fragili o con gravi condizioni di salute familiari. Sarà dunque compito del dirigente responsabile della singola amministrazione trovare la quadra per definire le nuove modalità organizzative, e le amministrazioni dovranno muoversi per recepire la direttiva.
Rimane un ultimo punto, un nervo scoperto, che la direttiva non affronta: quello dei genitori con figli under 14. Per loro, al momento, non sembra esserci nulla in vista. Una scelta poco comprensibile. In questo modo si rafforza la disparità di trattamento con il privato. In base a quale logica il mio essere dipendente pubblico o privato influisce sulla mia possibilità di poter organizzare al meglio il lavoro con e la vita privata? Perché riconoscere il diritto alla conciliazione solo a una fetta del mondo produttivo dipendente? Il ricorso al lavoro agile, inoltre, non sarebbe un ulteriore strumento per incentivare quella genitorialità che sta tanto a cuore al governo? Se l’aspirazione di ogni donna, e possiamo aggiungere anche di ogni uomo, è quella di diventare madre e padre, come darle seguito senza gli adeguati sostegni?
E se volessimo allargare ancora lo sguardo dovremmo riconoscere il diritto alla conciliazione a tutti, anche a chi non è genitore. Il non avere figli non vuol dire non avere una vita privata ed essere totalmente votati all’idolo della produttività, sempre che si parta della premessa che questa si ottenga di più in presenza che non da remoto.
Questo mancato riconoscimento disconosce anche le parole della direttiva stessa, dove lo smart working, dopo l’uso emergenziale nelle fasi più dure della pandemia, continua sì a essere una tutela per i più deboli, ma anche leva di conciliazione.
Insomma sembra che questo smart working, per alcuni lavoratori, proprio non s’ha da fare, né domani, nè mai.
Tommaso Nutarelli