Sanità, trasporti, scuola. È sempre più lungo l’elenco dei lavoratori che subiscono aggressioni. Una violenza trasversale e quotidiana, che interessa principalmente quei settori che si interfacciano con l’utenza. Ne abbiamo parlato con Mattia Pirulli, segretario confederale, con delega alla sicurezza, della Cisl.
Segretario Pirulli ogni giorno assistiamo ad aggressioni nei confronti dei lavoratori. Sanitari, autisti dei mezzi, personale delle Ferrovie e insegnati. Come si spiega questa esplosione di violenza?
C’è una esasperazione della violenza che ormai pervade in profondità la società. Questa, molte volte, è figlia di un disagio che poi sfocia in aggressioni verbali e fisiche nei confronti dei sanitari, degli autisti dei mezzi, dei capi treno o del personale della scuola. Invece, come avviene per i più giovani, questa violenza è puramente gratuita. Non ha delle motivazioni alle spalle, anche se questo non vuol dire giustificarla. Allo stesso modo una certa narrazione non fa bene. Se mi viene sempre detto che tutti i medici non sono bravi professionisti, questo inciderà sul mio modo di relazionarmi con loro. Purtroppo la violenza è diventata il mezzo per risolvere ogni situazione. Si sta perdendo la capacità di relazionarsi con l’altro, di confrontarsi con idee diverse.
La collettività che cosa può fare per arginarla?
Nella società chi ha una funzione di rappresentanza, e non penso solo alle parti sociali, ma al terzo settore e a tutte quelle realtà che esprimono gli interessi e i bisogni di una parte, dovrebbe farsi carico di promuovere nuovamente la cultura del confronto e del dialogo. Solo in questo modo si può porre un argine alla violenza.
In che modo la politica può intervenire?
Da tempo assistiamo a una politica muscolare. C’è un bipolarismo aggressivo, in Italia come negli Stati Uniti, che alimenta la narrazione del nemico. E questo atteggiamento non è ad appannaggio solo di un partito o di una precisa parte. È venuta meno la volontà di trovare un punto di caduta per perseguire il bene della collettività. Su un piano più concreto, la politica deve legiferare per tutelare i lavoratori e arginare le violenze.
Che ruolo può avere il sindacato?
Il sindacato deve, prima di tutto, individuare quelle categorie più soggette alle aggressioni. È un lavoro che deve essere fatto ai tavoli istituzionali, con la politica e le rappresentanze datoriali, per monitorare questi fenomeni e trovare le soluzioni. E deve poi esercitare quella funzione di mediazione e di allentamento delle tensioni sociali che abbiamo detto prima.
In concreto come si possono proteggere i lavoratori?
Dobbiamo partire dal presupposto che non ci può essere un’unica soluzione. Le aggressioni non interessano un’unica categoria ma più settori. Il dato che li accomuna è che si tratta di lavoratori a contatto con l’utenza. Non credo che la presenza fissa di una pattuglia in ogni luogo di lavoro sia la soluzione. Si cadrebbe in una sorta di stato di polizia. Ovviamente se sappiamo che ci sono lavori più pericolosi, perché magari si svolgono anche in turni di notte, allora si può pensare a un collegamento diretto con le forze dell’ordine, o a rivedere l’organizzazione evitando che i lavoratori svolgano alcune mansioni da soli ma sempre con la presenza di un collega. L’inasprimento delle pene, come fatto per la sanità, può avere una funzione di deterrenza, informando anche l’utenza sulle sanzioni nelle quali può incorrere in caso di aggressione.
La piaga delle aggressioni sfocia nel grande tema della sicurezza. Come mai infortuni e decessi sul lavoro sono ancora così alti?
Rispetto agli anni passati il 2023 e il 2024 hanno visto risalire gli infortuni e le morti sul lavoro. La sfida della sicurezza richiede un grande patto tra politica, sindacati e mondo datoriale. Si dovrebbe procedere alla qualificazione delle imprese, e la patente a punti, nonostante le critiche, è un primo passo importante che dovrebbe essere esteso a tutti i settori. Occorre rafforzare i controlli aumentando il numero degli ispettori. L’introduzione, attraverso la contrattazione, delle nuove tecnologie, come l’intelligenza artificiale, sono strumenti che possono prevenire gli incidenti. Serve poi molta formazione per i lavoratori, per renderli consapevoli dei rischi che corrono, ma una formazione vera e di qualità. E, infine, potenziare il ruolo degli RLS e RLST.
Tommaso Nutarelli