“La festa non si vende” è la campagna lanciata dai sindacati di categoria Filcams, Fisascat e Uiltucs contro la liberalizzazione delle aperture commerciali nei giorni festivi previsti dal decreto Salva Italia del governo Monti e sotto questo segno viene proclamato uno sciopero per l’intero turno dei giorni 25 aprile e 1 maggio.
La mobilitazione coinvolgerà i lavoratori di tutti gli esercizi commerciali facenti capo a Confesercenti, Confcommercio, Federdistribuzione e Distribuzione Cooperativa. Per quanto riguarda le Coop, l’assemblea con i delegati di settore ha deciso di aderire allo sciopero nonostante gli accordi territoriali abbiano tentato di regolamentare le aperture in questi giorni.
“Non esiste contrattualmente obbligatorietà della prestazione lavorativa nelle festività nazionali” precisa la Filcams, ma alcune imprese, soprattutto nella GDO, hanno previsto comunque l’obbligo del lavoro festivo in molte lettere di assunzione.
Filcams, Fisascat e Uiltucs ribadiscono poi che la liberalizzazione degli orari di apertura degli esercizi commerciali “non ha sortito l’effetto sperato sugli aumenti di fatturato delle imprese”. Ciò a causa della mancata crescita del reddito dei consumatori, ricorda il segretario della Fisascat, Pierangelo Raineri.
Pronta la replica delle associazioni imprenditoriali. Federdistribuzione difende la linea delle aperture in favore delle abitudini di acquisto dei consumatori che chiedono “di poter fare acquisti nei negozi in una fascia sempre più ampia di ore e di giorni, in uno scenario di imponente esplosione dell’e-commerce, una vetrina aperta 7 giorni su 7 e 24 ore su 24”.
Ed è proprio all’e-commerce che il presidente di Confimprese, Mario Resca, si riferisce poiché “chiudere i negozi sarebbe un danno enorme ma soprattutto un regalo ad Amazon”.