Si è rivelata utile la proposta di Matteo Gelmetti, senatore di Fratelli d’Italia. Utile perché ha tolto i pochi dubbi che qualcuno poteva ancora avere sull’effettivo rapporto tra il governo della Destra con il mondo del lavoro. Matteo Gelmetti nei giorni scorsi ha presentato una proposta di modifica alla legge di bilancio che prevedeva l’obbligo, per chi intendesse scioperare nel settore dei servizi pubblici essenziali, di comunicare la propria intenzione in forma scritta e con un preavviso di sette giorni. Una proposta chiaramente anticostituzionale perché la Carta prevede il diritto inalienabile allo sciopero, tanto incostituzionale che è stata immediatamente ritirata con la giustificazione dello scarso tempo per dibatterla. Una proposta comunque indicativa delle reali intenzioni della Destra nei confronti del sindacato e dei lavoratori.
Indicativa e utile, ma forse superflua. Perché le intenzioni di chi ci governa sono molto esplicite, a dispetto delle dichiarazioni ufficiali. È difficile, infatti, dimenticare che il primo provvedimento dell’esecutivo guidato da Giorgia Meloni fu quello sui rave, i raduni più o meno illegali di giovani per riunirsi in libertà. Era evidente a tutti, infatti, che a nessuno interessava cosa potesse fare un gruppo più o meno numeroso e rumoroso di giovani per divertirsi. C’era piuttosto la precisa volontà di impedire manu militari le riunioni non gradite, gli assembramenti, lo stare assieme, magari per protestare contro quello che faceva o non faceva il governo. Un freno alla libertà di riunione, anche questa peraltro protetta dalla Costituzione.
E a seguire sono arrivate le disposizioni sulla sicurezza, guarda caso dirette tra l’altro a vietare manifestazioni “violente” di massa, occupazioni di autostrade o ferrovie e così via. È evidente l’intento di mettere un potente freno alle proteste e il decreto sicurezza, diventato poi legge, ha tentato di domarle. Un tentativo, perché le sanzioni erano severe, molto severe, e perfino Salvini si dovette arrendere quando comprese che non poteva schedare migliaia o decine di migliaia di lavoratori che occupano pacificamente un tratto di strada o di autostrada.
La proposta di Matteo (ma si chiamano tutti così?) Gelmetti naviga in quella scia, sostanzialmente antisindacale. Perché la Destra (non più sociale) vive le rappresentanze dei lavoratori come un centro di potere, in quanto tale antitetico a quello incarnato dal governo e quindi da combattere con tutti i mezzi a disposizione. Anche impedendo alle persone di riunirsi, di manifestare, di scioperare, magari con l’ennesimo tentativo di revisione delle norme costituzionali. Certo non sarà facile con una Carta che, all’articolo 1, dichiara che l’Italia è una repubblica fondata sul Lavoro, ma ci si può sempre provare.
Del resto, è sempre questo governo a voler dare forza, o comunque via libera, ai contratti pirata, firmati non da organizzazioni serie come le grandi confederazioni sindacali, ma da piccole strutture nate con l’unico e non dichiarato intento di consentire a imprenditori disinvolti di pagare meno i propri lavoratori e di non assicurare loro i diritti previsti dalle leggi dello Stato. Il governo di Giorgia Meloni ha tentato di sostituire la dizione “contratti firmati da sindacati maggiormente rappresentativi” con quella di “contratti maggiormente applicati”. I contratti che prevedono salari equi e la tutela dei diritti dei lavoratori costano di più e quindi l’attuale esecutivo preferisce premiare gli altri contratti, quelli pirata, anche se si tratta di un’operazione socialmente ed eticamente riprovevole. Ci stiamo assuefacendo a questi tentativi, a queste strategie? Assolutamente no, sarebbe dare l’addio allo stato di diritto, alla democrazia, all’etica.
Massimo Mascini


























