Dal vostro osservatorio qual è l’attuale situazione degli infortuni sul lavoro in Italia?
La situazione va migliorando. Tenendo conto dei recenti dati pubblicati dall’Inail il fenomeno è decisamente in calo. L’impegno che l’intero sistema ha messo in piedi ha portato a dei risultati, certo c’è ancora da fare e per questo l’impegno rimane alto.
Pensa che l’attuale assetto normativo sia adeguato?
L’apporto offerto dal D. Lgs. 626/94 ha rappresentato un utile strumento per sensibilizzare datori e lavoratori al tema della sicurezza sul lavoro. Era pensato per le grandi imprese più che per le piccole e medie, soprattutto per queste ultime serve ritoccare il sistema, prevedendo anche agevolazioni e semplificazioni.
Una risposta al problema è stata tentata con il Testo unico in materia di salute e sicurezza sul lavoro, presentato e poi ritirato dal Governo. Era una risposta soddisfacente?
La scelta di redigere un testo unico può rispondere a diverse esigenze. Se ha il solo scopo di riordinare le norme su una materia specifica può essere utile, ma è difficile possa risolvere problemi. E’ ben diverso se invece intende perseguire lo scopo non solo di riordinare le norme, ma introdurre nel sistema elementi innovativi. Il Testo unico presentato ha avuto il plauso della Confapi proprio perché ha proposto diversi aspetti innovativi.
Quali ad esempio?
In primo luogo la scelta di introdurre il concetto di rispondenza dell’azienda alle norme tecniche come presunzione di conformità al sistema della prevenzione: in sostanza, attenendosi alle norme tecniche, il datore non ha ulteriori responsabilità. La scelta poi, di derubricare le vecchie norme a standard: si è fatto salvo il principio contenuto nella legge ma si è introdotta una maggiore elasticità, che avrebbe consentito anche un più rapido adeguamento delle norme al variare del sistema. E infine si era dato maggiore spazio alla concertazione, con un evidente rafforzamento del ruolo degli enti bilaterali: un aspetto che ci soddisfaceva, se non per la scelta di assegnare agli enti il ruolo di certificatori delle aziende, una responsabilità eccessiva.
Comunque il Testo unico è stato ritirato, ora come si procederà?
Siamo disponibili a riprendere un confronto con le istituzioni e i sindacati, ma non possiamo nascondere che ci sono delle difficoltà: l’ultimo tentativo ha portato via due anni, non è più possibile aspettare tanto. Nell’immediato, per recepire le direttive comunitarie ancora bloccate, occorrerà studiare il modo per ampliare ed innovare il D.Lgs. 626/94 affinché risponda al meglio alle attuali esigenze.
Adeguare le attività agli standard di sicurezza è un processo costoso, anche questo frena?
In Italia non è ancora così diffusa la cultura della sicurezza, gli imprenditori che spontaneamente pensano di adeguare la produzione a livelli di qualità sono ancora pochi, anche le scelte in questo campo sottostanno alle leggi di mercato. Per attivarsi su questo fronte hanno bisogno di capire quale sia il rientro e non sempre è così evidente. Ma anche quando sono a disposizione i fondi, non è detto che le imprese aderiscano. L’Inail aveva attivato un bando che ai vincitori assegnava dei fondi da investire per l’attuazione o l’implementazione di un sistema di gestione della sicurezza (Sgs): sono state 700 le imprese che hanno aderito, sul totale non sono poi molte.
Cosa pensa della Commissione parlamentare d’inchiesta sugli infortuni sul lavoro?
Le indagini possono essere utili. L’importante è valutare i risultati che si otterranno sotto tutti i punti di vista. Ci auguriamo che l’indagine aiuti a intraprendere un cammino positivo per la prevenzione.

























