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Home - Approfondimenti - L'Editoriale - Relazioni industriali, si apre una stagione di fermento nel segno dell’unità

Relazioni industriali, si apre una stagione di fermento nel segno dell’unità

di Massimo Mascini
15 Settembre 2025
in L'Editoriale
Confsal presenta le sue proposte per rinnovare le relazioni industriali

Grande ripresa delle relazioni industriali in questi giorni di settembre. In primo piano le trattative per il rinnovo del contratto dei metalmeccanici, positivamente riavviate. Le prime dichiarazioni dei protagonisti del negoziato lasciano ben sperare, soprattutto perché il clima sembra essere di reciproca disponibilità. E, soprattutto, sono in programma, il 16 e il 30 settembre, due nuovi incontri tra i vertici di Confindustria e di Cgil, Cisl e Uil.

L’ultimo incontro tra le confederazioni aveva avuto luogo alla fine di luglio e la soddisfazione era stata generale, tutti avevano affermato di essere molto contenti di queste prime battute. In particolare, era piaciuto l’accordo raggiunto per rendere manifesti i primi dati raccolti dall’Inps sulla rappresentanza sindacale. Era dal 2014 che questi dati erano attesi, da quando fu definito il Testo unico. In realtà, l’unico dato reso noto è stato quello generale, che ci dice che Cgil, Cisl e Uil firmano il 91% dei contratti sottoscritti con le federazioni di Confindustria. Un dato importante, e si spiega così la decisione di renderlo noto, che però non dice nulla ancora dei rispettivi pesi delle tre centrali sindacali, rimasti indefiniti.

Evidentemente sarà necessario procedere ancora nel confronto per arrivare a chiarire l’effettiva rappresentanza di ciascuna organizzazione. E del resto il tema rappresentanza è tra i più importanti che le parti devono affrontare. L’impegno comune, deciso già nel mese di luglio, è quello di cancellare i contratti pirata, quelli firmati da piccole o piccolissime organizzazioni sindacali che si appoggiano ad altrettanto fantomatiche associazioni imprenditoriali per mettere a punto contratti che servono solo a dare meno salario e meno diritti ai lavoratori.

In realtà, questi contratti non dovrebbero avere peso nel contesto generale delle relazioni industriali, proprio perché le associazioni firmatarie non rappresentano molte aziende o molti lavoratori. Ma, anche se chi li firma non ha grande rappresentanza, ugualmente provocano danno perché vengono o possono essere utilizzati anche da altri soggetti. Se esiste un contratto che dice che a lavoratori metalmeccanici possono essere assegnati salari più contenuti di quelli fissati dai grandi contratti della categoria, una piccola o piccolissima azienda del settore può essere tentata di applicare quel contratto, anche se eticamente è riprovevole. Di qui la decisione di Confindustria e delle grandi centrali sindacali di spazzare via questi espedienti.

Un risultato importante, ma l’oggetto del confronto che sta per riprendere forza è ben più ampio, almeno nei propositi di Confindustria. Emanuele Orsini è stato netto a fine maggio all’assemblea di Confindustria, quando ha lanciato un chiaro messaggio. L’Italia, ha detto il presidente degli industriali, corre il pericolo di una profonda deindustrializzazione, la situazione sta precipitando e senza un grande sforzo collettivo il rischio è perdere centinaia di migliaia di posti di lavoro. Solo un grande piano industriale, supportato dall’Unione europea, può essere in grado di superare questo pericolo, ma occorre muoversi adeguatamente e in grande fretta.

La risposta delle confederazioni fu immediata e infatti proprio in quella occasione si decise di rompere gli indugi e avviare questo nuovo grande negoziato. L’elenco dei temi da affrontare è lungo. C’è certamente la revisione del Patto della fabbrica, che nel 2018 dettò delle indicazioni molto interessanti e innovative, ma non ebbe poi l’applicazione che sarebbe stata necessaria. Si tratta allora di riprendere tutti i diversi argomenti e aggiornare l’analisi alla luce di quanto avvenuto in questi sette anni. Ma è necessario anche approfondire il tema delle politiche industriali, assurdamente tralasciato dall’esecutivo; quello, molto doloroso, della sicurezza sui luoghi di lavoro; e quello, fondamentale per ristabilire coesione sociale, della ripresa dei salari che scendono pericolosamente in tutte le statistiche europee.

L’elenco è lungo, ma le parti sembrano decise a procedere. Nessun problema naturalmente per la Cisl, che ha scritto nel suo Dna l’urgenza di un confronto a tratto generale, possibilmente trilaterale, anche con il governo. Ma nessun problema nemmeno per la Cgil, che pure in passato non ha mostrato un’accentuata disponibilità in questa direzione. Maurizio Landini ha espresso recentemente grande attenzione verso l’apertura del confronto, di più lo ha sollecitato quando la propensione di Confindustria sembrava scemare. Sicuramente il capo della Cgil è molto interessato a un accordo che convinca le istituzioni a varare una legge sulla rappresentanza e questo negoziato potrebbe forse condurre anche a questo risultato. Solo il procedere del confronto ci dirà a quali risultati si potrà arrivare, ma il raccolto non sarà comunque di poco conto.

Massimo Mascini

Massimo Mascini

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Direttore responsabile de Il diario del lavoro

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