La perdita di autonomia in materia di politica monetaria, le differenti reazioni ed effetti sulle economie dei singoli Paesi delle decisioni della Banca centrale europea (Bce), l’unità monetaria non affiancata da un’unità economica reale, rappresentano i rischi più evidenti della ormai definitiva unione monetaria europea. Rischi – secondo un documento dell’Ocse sul changeover – “non insormontabili”, ma che richiederanno ai Paesi membri di Eurolandia una “maggiore adattabilità ed una capacità di aggiustamento che escluda interventi di carattere politico”. Di contro la definitiva messa in circolazione di monete e banconote europee assicura almeno due enormi vantaggi: l’eliminazione delle commissioni di cambio nelle transazioni estere e una definitiva trasparenza continentale in materia di prezzi.
Fra le maggiori difficoltà che i ‘dodicì dovranno affrontare in questa ultima fase del passaggio alla moneta unica, l’Ocse ne sottolinea due in particolare. La prima è la perdita di autonomia, dei singoli Paesi, “in materia di cambio e di politica monetaria”. La nuova centralità dell’istituto di Francoforte guidato da Wim Duisenberg inoltre, potrebbe evidenziare problematiche differenti nelle economie dei singoli Stati membri. Una sorta di effetto “asimmetrico” – afferma l’Ocse – che potrebbe portare a divergenze piuttosto che a convergenze. “Anche se la Banca centrale europea controlla la politica monetaria della zona euro da tre anni – afferma infatti il documento – il tasso di inflazione alla fine dello scorso anno continuava ad essere compreso fra un 1,3% (Francia) ed un 5% (Olanda). E nel periodo 1999-2001 la crescita produttiva ha registrato divergenze che vanno dall’8,5% della Francia a solo il 5,5% della Germania2. Alcune economie più piccole inoltre, come quella dell’Irlanda, che hanno conosciuto un periodo di “surriscaldamento”, non si è potuto alzare i tassi di interesse per tenere sotto controllo la crescita della domanda interna ed il tasso inflattivo.
“Queste differenze non sono ostacoli insormontabili all’unione monetaria – afferma l’Ocse – ma richiedono che le economie dei Paesi membri diventino più adattabili e trovino aggiustamenti agli scossoni senza dover ricorrere all’aiuto di interventi politici”.
L’Ocse sottolinea inoltre le difficoltà che, un’unione monetaria ma non ancora economica, mette ancora in evidenza in alcuni settori strategici. “Importanti settori – spiega infatti il documento – sono ancora protetti da barriere nazionali, come per esempio quello bancario e quello dell’energia. Imponenti sussidi pubblici continuano inoltre a condizionare negativamente la competizione, come per esempio nell’agricoltura. In alcuni casi il pubblico continua a favorire la clientela nazionale e la scarsa mobilità nel mercato del lavoro continua a costituire un problema”.
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