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Home - Notizie del giorno - Tavolo Mise sull’automotive, sindacati: bene avvio confronto

Tavolo Mise sull’automotive, sindacati: bene avvio confronto

18 Ottobre 2019
in Notizie del giorno

Si è tenuto oggi al Ministero dello Sviluppo Economico il tavolo dedicato al settore dell’automotive, convocato dal Ministro Stefano Patuanelli. Il tema del confronto, che ha visto la presenza delle organizzazioni sindacali, di tante imprese del settore, delle Università, di Confindustria, di Confartigianato, è quello della transazione verso elettrificazione e guida autonoma. 

“Il settore automotive in Italia, – spiega la Fim Cisl –  è fondamentale per il tessuto industriale del Paese. Basti pensare che conta il 6% del Pil e occupa circa 260 Mila lavoratori tra diretti e indiretti. La transazione verso l’elettrico dev’essere controllata perché l’incidenza dell’elettrico sul lavoro è di 1/10 rispetto a quello tradizionale e un passaggio senza controllo sarebbe devastante sia in termini industriali che occupazionali.  Bisogna che il Governo, così come sta facendo la Germania, concentri risorse economiche importanti verso la transazione e verso la trasformazione dell’auto come concetto di mobilità condivisa. “

“A tutto ciò – prosegue la nota –  si aggiunge una crisi di mercato dell’auto che in tutta Europa è ritornata ai tempi del 1987, non controbilanciata dalle nuove propulsioni elettriche e ibride che attualmente, sommate, non raggiungono in percentuale la doppia cifra. Pensiamo che il tema dell’automotive da qui in avanti debba essere al centro dell’agenda di Governo, con un confronto periodico con le organizzazioni sindacali in grado di affrontare per tempo le trasformazioni.”

“Come Fim Cisl abbiamo consegnato al Ministro Patuanelli un Report sul settore contenente anche alcune proposte concrete – prosegue in una nota il coordinatore nazionale automotive Fim Cisl Raffaele Apetino – bisogna anticipare il cambiamento nel settore per non esserne travolti, attuando investimenti forti nelle infrastrutture a partire dall’elettrico dove oggi esistono solo 3500 colonnine di rifornimento, peraltro a bassa potenza, rispetto ai 29.000 distributori di carburante tradizionale. Serve rafforzare infrastrutture, portualità, alta velocità e trasporto intermodale sia per i costruttori ma, soprattutto, per l’indotto della componentistica.”

“È positivo che finalmente sia partito il tavolo per l’avvio di un percorso politico e tecnico sul settore automotive che la Fiom ha chiesto da anni.” Così in una nota congiunta Francesca Re David, segretaria generale Fiom-Cgil e Michele De Palma, segretario nazionale Fiom-Cgil e responsabile automotive. 

“Il Ministro Patuanelli, diversamente dai Ministri precedenti, – prosegue la nota congiunta –  ha avuto il coraggio di affrontare la crisi di un settore fondamentale per l’industria del nostro Paese in una fase di riduzione del mercato e di transizione tecnologica. Abbiamo chiesto la costituzione di una task force per la predisposizione di un piano per la trasformazione dell’industria dell’automotive che si ponga l’obiettivo dell’occupazione, dell’ambientalizzazione delle fabbriche e della mobilità sicura ed ecologica.”

“I lavoratori del settore – spiegano Re David e De Palma – stanno affrontando la caduta dei volumi produttivi e l’aumento della cassa integrazione. È necessario che il Governo intervenga a partire dalla manovra per garantire gli investimenti necessari alla transizione industriale garantendo l’occupazione. La crisi del settore riguarda certamente il principale player in Italia: Fca in cui gli ammortizzatori sociali aumentano con il passare dei giorni anche per effetto della riduzione degli ordini sui mercati, dei dazi minacciati o reali, dal calo del diesel e della evoluzione in corso complessivamente della mobilità. Ci arrivano segnali molto preoccupanti dalle aziende della componentistica a partire da quelle del diesel ma anche per il rallentamento dell’auto in Europa in particolare in Germania.”

“Sono migliaia i posti di lavoro a rischio nel settore a fronte di una capacità produttiva di oltre 1,5 milioni di auto: occorre partire dal creare le condizioni per saturare tutto il potenziale di capacità produttiva attraendo anche nuovi produttori. Il ritardo sull’ibrido e sull’elettrico è grave ma ci sono le condizioni per recuperare con investimenti e cambio tecnologico e generazionale investendo nelle nostre università e nella formazione dei lavoratori. Dobbiamo mettere in condizione il sistema industriale del nostro Paese di superare questa fase di crisi – concludono – e di rilanciare l’industria dell’auto puntando sulla transizione con l’obiettivo dell’ambiente e dell’occupazione”. 

Per Tiziana Bocchi, segretaria nazionale Uil con delega all’industria, e Gianluca Ficco, segretario nazionale Uilm responsabile del settore auto, l’industria dell’auto è tuttora il primo settore manifatturiero italiano “e quindi occorre che imprese, istituzioni e parti sociali facciano sistema, similmente a quanto avviene nelle altre grandi nazioni industriali”.

“Dobbiamo dedicare una particolare attenzione – spiegano i sindacalisti della UIL – ai problemi legati alla transizione dalla propulsione tradizionale a quella elettrica, poiché se non accompagneremo il processo di riconversione industriale avremo un impatto occupazionale molto pesante, come dimostra il caso della Bosch di Bari colpita dalla crisi del diesel e per cui è aperta una vertenza proprio al MiSe”.

“Inoltre – proseguono Bocchi e Ficco – sarebbe paradossale se i bonus per l’acquisto delle auto elettriche, che fino ad ora hanno favorito la produzione straniera, non fossero rifinanziati dopo il 2021, anno in cui la produzione nazionale di vetture elettriche o ibride partirà in tutti gli stabilimenti FCA di Italia”.

“L’Italia in passato – concludono Bocchi e Ficco – non ha saputo difendere la sua industria e i suoi legittimi interessi nazionali, è arrivato il momento di farlo a viso aperto e con politiche di lungo respiro. Concordiamo quindi con la proposta del Ministro di proseguire il lavoro oggi intrapreso con la suddivisione del tavolo in gruppi di lavoro più ristretti e operativi”.

E.G.

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