I ministri dell’Interno dell’Ue hanno adottato, oggi a Bruxelles, la decisione del Consiglio che “ricollocherà” 120mila rifugiati da Italia e Grecia verso tutti gli altri Stati membri, esclusi i Paesi con l’opt-out (sicuramente il Regno Unito, ma forse non l’Irlanda e la Danimarca). La decisione è stata adottata a maggioranza qualificata, con un voto che ha visto contrari quattro paesi (Romania, Repubblica ceca, Slovacchia e Ungheria) e con un’astensione (la Finlandia, a sorpresa). Confermato, invece, il cambiamento di posizione assunto dalla Polonia, inizialmente contraria, che invece si è espressa a favore della misura.
La ripartizione dei rifugiati fra gli Stati membri (“Relocation”) sarà questa volta obbligatoria e non più “volontaria”, come la prima misura simile adottata per 40mila rifugiati il 14 settembre scorso. Nella decisione, sembra per permettere il voto favorevole dei paesi meno convinti, in particolare della Polonia, non vengono menzionati i criteri usati dalla Commissione, nella sua proposta originaria, per la chiave di ripartizione dei rifugiati fra i vari paesi membri (popolazione, Pil, disoccupazione e numero di rifugiati a cui è stato già concesso l’asilo), ma le cifre relative alle “quote” di rifugiati che ogni paese dovrà accogliere sono praticamente le stesse a cui era arrivato l’Esecutivo comunitario usando quella chiave.
L’Ungheria, a quanto sembra (per adesso le fonti dal Consiglio Ue non sono univoche), non dovrà accogliere alcun rifugiato proveniente da Italia e Grecia, perché la proposta originaria prevedeva che anche da questo paese fosse “ricollocato” un numero consistente di rifugiati (54mila), ma Budapest ha preferito non partecipare al meccanismo, per non riconoscerne il carattere obbligatorio. Inoltre, accettare di “ricollocare” una parte dei rifugiati giunti sul suo territorio significherebbe, secondo il governo di Budapest, riconoscere che l’Ungheria è diventato un paese di primo approdo nell’Ue per i flussi migratori dai paesi terzi, quando invece i migranti passano prima da altri Stati membri, come la Grecia, che non li registra.
I 54mila rifugiati originariamente da ricollocare dall’Ungheria, saranno invece aggiunti, in principio, a quelli provenienti da Grecia e Italia.
Le “quote” di rifugiati da accogliere negli altri paesi Ue saranno calcolate “nello stesso modo delle precedenti”.
Gli Stati membri potranno chiedere una deroga temporanea dal rispetto del loro obbligo di accogliere i rifugiati secondo quanto prevede la decisione del Consiglio sulla “Relocation”; ma questa deroga potrà durare al massimo un anno, dovrà essere motivata da circostanze eccezionali (come un afflusso massiccio e improvviso di migranti o un disastro naturale) e non potrà comunque riguardare più del 30% della “quota” inizialmente prevista per il paese in questione.
È caduta, invece, la proposta di sanzionare economicamente i paesi che non dovessero rispettare, anche temporaneamente, le loro quote obbligatorie.
La decisione del Consiglio di oggi rappresenta una indubbia vittoria dell’impostazione che, fin dal maggio scorso, la Commissione europea aveva dato alle sue proposte, perseguendo il cosiddetto “metodo comunitario” (che prevede decisioni a maggioranza qualificata, su proposta iniziale e controllo dell’applicazione da parte dell’Esecutivo Ue), contro il tentativo di diversi Stati membri di mantenere il diritto di veto in questo tipo di decisioni, trasferendole al livello intergovernativo del Consiglio europeo, dove i capi di Stato e di governo decidono quasi sempre all’unanimità.