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Home - Approfondimenti - Analisi - Un buon welfare aziendale è un welfare condiviso. L’analisi della Fondazione Studi dei Consulenti del lavoro

Un buon welfare aziendale è un welfare condiviso. L’analisi della Fondazione Studi dei Consulenti del lavoro

di Giuliano Cazzola
24 Aprile 2024
in Analisi, In evidenza
Welfare aziendale e sanità pubblica, perché è indispensabile razionalizzare

La Fondazione Studi dei Consulenti del lavoro ha pubblicato nei giorni scorsi un Approfondimento sul tema del welfare aziendale. Secondo la Fondazione i risultati positivi dei piani di welfare non devono però essere legati solo al valore economico dei benefits concessi, ma devono essere anche legati al modo in cui i piani vengono perseguiti. La realizzazione di un sistema condiviso e collaborativo che parte dall’analisi dei bisogni delle persone e dalle lacune assistenziali esistenti nel territorio, la capacità e semplicità comunicativa della modalità di gestione e di erogazione del sistema di welfare, la partecipazione dei dipendenti nei processi decisionali e nell’aggiornamento delle proposte dei benefits, la personalizzazione dei servizi offerti, sono solo alcuni degli indicatori dell’efficacia degli interventi. Interventi che potranno portare a una netta crescita della qualità del capitale umano in termini di motivazione, impegno, creatività, fidelizzazione, efficienza e talento.

 

Si possono così individuare, in linea generale, tre aree (secondo la tabella)

  • area del tempo: misure che incidono sulla flessibilità del lavoro;
  • area della famiglia: servizi offerti ai dipendenti a supporto della gestione e cura dei familiari;
  • area del sé: interventi volti al benessere e alla salute dei lavoratori nonché interventi finalizzati anche alla crescita professionale e interventi di formazione continua.

 

Classificazioni

Area del tempo                                   Area della famiglia                                Area del sè

Area del tempoArea della famigliaArea del sé
orari friendlycongedi parentali oltre gli obblighi legaliattività e servizi per la promozione della salute e di stili di vita
part-timepercorsi di reintegrazione al rientro dal congedo di maternità e parentaleattività e servizi per la prevenzione di rischi in materia sanitaria
smart-workingservizi pre e post scolari, centri estivi, borse di studioattività per il benessere psicologico e la riduzione dei rischi psico-sanitari
introduzione banca orebaby sittinglife counseling
servizi per time savingservizi per assistenza familiari non autosufficientiattività culturali, formative e per l’allargamento del network
 

 

scuola di ogni ordine e grado, mensa scolastica, libri di testo, centri estivi e invernaliServizi per assistenza familiari anziani (>75 anni) o non autosufficientipacchetti sanitari integrativiversamenti volontari e integrativi a fondi pensionebeni di qualsiasi genereattività culturali (viaggi, spettacoli, corsi…), attività sportive, assistenza sociale e sanitariaabbonamenti a trasporto pubblico locale, regionale e interregionale
nessun limite di spesanessun limite di spesaLimite

3615,20 €

Limite

5164,57 €

Limite

1.000 € o 2.000 € in caso di figli a carico

nessun limite di spesanessun limite di spesa
Erogazione o rimborsiversamenti aggiuntivi ai fondivoucheracquisto diretto dal fornitore e/o voucheracquisto diretto o rimborsi

 

L’Approfondimento è rivolto, prevalentemente, a richiamare i requisiti normativi  da seguire in materia di welfare aziendale. Nella fase di realizzazione di un piano di welfare aziendale, mediante un regolamento interno o un contratto collettivo o un accordo, occorrerà individuare, nel rispetto delle previsioni di cui all’art. 51, comma 2, del TUIR, la platea dei destinatari a cui esso si rivolge;. i benefits devono essere messi a disposizione della generalità dei dipendenti o di categorie di dipendenti. Sul punto l’Amministrazione finanziaria è più volte intervenuta precisando che il legislatore, a prescindere dall’utilizzo dell’espressione “alla generalità dei dipendenti” ovvero a “categorie di dipendenti”, non riconosce l’applicazione delle disposizioni tassativamente elencate nel comma 2 del citato articolo 51 ogni qual volta le somme o i servizi ivi indicati siano rivolti ad personam, ovvero costituiscano dei vantaggi solo per alcuni e ben individuati lavoratori. La prassi dell’Agenzia delle Entrate ha ulteriormente chiarito che con  l’espressione “categorie di dipendenti” utilizzata dal legislatore non si debba fare riferimento  alle sole categorie previste dal Codice civile (dirigenti, operai, impiegati), bensì ci si possa rivolgere a tutti i dipendenti di un certo “tipo” di un certo “livello” o “qualifica”5. Più nel dettaglio, ad esempio, tutti gli operai del turno di notte possano costituire legittimamente “una categoria di dipendenti nel senso voluto dal legislatore poiché è sufficiente a impedire in senso teorico che siano concesse erogazioni ad personam in esenzione totale o parziale di imposta”. Anche i soggetti cosiddetti “expatriates” o “assignees” possano essere considerati una categoria di dipendenti ai quali viene assicurato (…) lo stesso trattamento indipendentemente dallo Stato di provenienza o di destinazione (…) in quanto si ritiene sussistente un raggruppamento omogeneo di dipendenti che sono: “assunti da una delle Società del Gruppo; trasferiti presso una Società del Gruppo avente sede in un Paese differente da quello dell’originaria assunzione; titolari di un nuovo contratto di assunzione con la Società avente le medesime caratteristiche in tutto il mondo; titolari delle medesime agevolazioni (rimborso delle spese sostenute per le scuole ecc.)”.

Ancora l’Amministrazione finanziaria ha ritenuto di poter considerare una categoria di dipendenti l’insieme dei lavoratori ai quali è stato dedicato un percorso di occupabilità ovvero uno specifico percorso di formazione, apprendimento e aggiornamento professionale volto a migliorare la quantità e la qualità delle competenze, conoscenze e capacità, al fine di potenziare l’occupabilità futura dei lavoratori, sia in termini di percorso di carriera all’interno della società che in previsione di eventuali futuri diversi impieghi professionali.

Premi di risultato

In un contesto teso a stimolare l’aumento della produttività all’interno dell’economia italiana, il legislatore – prosegue l’Approfondimento della Fondazione studi – si è impegnato attivamente, negli ultimi anni, nell’adozione di una serie di misure legislative mirate finalizzate a incentivare un maggiore coinvolgimento dei lavoratori attraverso la partecipazione ai risultati economici delle imprese in cui operano, nonché a favorire l’adozione di strutture organizzative più flessibili e dinamiche, capaci di potenziare la competitività sul mercato. In questo contesto, sono stati promulgati diversi provvedimenti legislativi con l’intento di stimolare le aziende ad adottare politiche lavorative che pongano al centro il benessere e la soddisfazione dei propri dipendenti. Tra le iniziative più significative in tale direzione si annoverano la Legge n. 208/2015, la Legge n. 232/2016 e, più recentemente, la legge di Bilancio 2024. La normativa vigente, prevede che, in assenza di una rinuncia scritta esplicita da parte del lavoratore, i premi di risultato di ammontare variabile la cui corresponsione sia legata a incrementi in termini di produttività, redditività, qualità, efficienza e innovazione, quantificabili e verificabili secondo i criteri previsti siano soggetti a una imposta sostitutiva dell’IRPEF e delle addizionali regionali e comunali pari al 10% – ridotta al 5% per l’anno 2024 – fino a un massimo di 3.000 euro lordi. Riguardo ai criteri incrementali ai quali devono essere legati i premi di risultato, la relativa disciplina ne rinvia la definizione alla contrattazione collettiva aziendale o territoriale, stabilendo che la stessa debba “prevedere criteri di misurazione e verifica degli incrementi di produttività, redditività, qualità, efficienza e innovazione, che possono consistere nell’aumento della produzione o in risparmi dei fattori produttivi ovvero nel miglioramento della qualità dei prodotti e dei processi, anche attraverso la riorganizzazione dell’orario di lavoro non straordinario o il ricorso al lavoro agile quale modalità flessibile di esecuzione del rapporto di lavoro subordinato, rispetto a un periodo congruo definito dall’accordo, il cui raggiungimento sia verificabile in modo obiettivo attraverso il riscontro di indicatori numerici o di altro genere appositamente individuati”. Tali contratti, pertanto, devono riconoscere criteri di misurazione degli incrementi il cui raggiungimento sia verificabile in modo obiettivo attraverso il riscontro di indicatori numerici o di altro genere appositamente individuati.

Fringe Benefits

La legge di bilancio  prevede limitatamente al periodo d’imposta 2024, una disciplina più favorevole, rispetto a quella stabilita a regime, in materia di esclusione dal computo del reddito imponibile del lavoratore dipendente per i beni ceduti e i servizi prestati al lavoratore medesimo (cd. fringe benefit). Più nel dettaglio, il regime transitorio più favorevole consiste nell’innalzamento del limite di esenzione da 258,23 euro (per ciascun periodo d’imposta) a 2.000 euro per i lavoratori dipendenti con figli fiscalmente a carico e a 1.000 euro per gli altri lavoratori dipendenti. Si denota, altresì, l’inclusione nel regime di esenzione delle somme erogate o rimborsate al lavoratore dal datore di lavoro di specifiche fattispecie quali il pagamento delle utenze domestiche del servizio idrico integrato, dell’energia elettrica e del gas naturale e delle spese per il contratto di locazione della prima casa ovvero per gli interessi sul mutuo relativo alla prima casa. Si ritiene, altresì, che tale misura transitoria, che rappresenta una forma di sostegno per i lavoratori dipendenti in un periodo storico caratterizzato da tensioni sui prezzi dei beni energetici e aumenti di quelli alimentari, possa essere erogata anche ad personam.

Decontribuzione (Ministero del lavoro 15 aprile 2024)

Alla data del 15 Aprile 2024 sono stati depositati 93.415 contratti. Degli 11.270 contratti ancora attivi, 9.003 si propongono di raggiungere obiettivi di produttività, 6.995 di redditività, 5.660 di qualità, mentre 1.150 prevedono un piano di partecipazione e 6.732 prevedono misure di welfare aziendale. Prendendo in considerazione gli 11.270 depositi che si riferiscono a contratti tuttora attivi la distribuzione geografica, per ITL competente, è la seguente 73% Nord, 16% Centro, 11% al Sud. Per settore di attività economica abbiamo 60% Servizi, 39% Industria, 1% Agricoltura. Per dimensione aziendale otteniamo 47% con numero di dipendenti inferiore a 50, 38% con numero di dipendenti maggiore uguale di 100, 15% con numero di dipendenti compreso fra 50 e 99. Analizzando i depositi che si riferiscono a contratti tuttora attivi abbiamo che il numero di Lavoratori Beneficiari indicato è pari a 3.642.841, di cui 2.388.444 riferiti a contratti aziendali e 1.254.397 a contratti territoriali. Il valore annuo medio del premio risulta pari a 1.502,48 euro, di cui 1.728,68 euro riferiti a contratti aziendali e 599,73 euro a contratti territoriali.

11.270

contratti attivi

9.401

contratti aziendali

1.869

contratti territoriali

La Tabella che segue mostra la distribuzione territoriale dei contratti attivi ( nell’ordine:aziendali, territoriali, totale)

 

01-PIEMONTE9101231.033
02-VALLE D’AOSTA18220
03-LOMBARDIA2.6803483.028
04-BOLZANO158101259
04-TRENTO13923162
05-VENETO926881.014
06-FRIULI31514329
07-LIGURIA18940229
08-EMILIA ROMAGNA1.3058202.125
09-TOSCANA58895683
10-UMBRIA90696
11-MARCHE16611177
12-LAZIO81196907
13-ABRUZZO1578165
14-MOLISE1818
15-CAMPANIA37617393
16-PUGLIA20238240
17-BASILICATA441256
18-CALABRIA60868
19-SICILIA16113174
20-SARDEGNA88694
Totale 9.401 1.869 11.270

 

Giuliano Cazzola

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