“Il Consiglio europeo concorda di erogare un prestito all’Ucraina di 90 miliardi di euro per il periodo 2026-2027, basato su prestiti contratti dall’Ue sui mercati dei capitali e sostenuto (con le garanzie, ndr) dal margine di manovra (‘Headroom’, ndr) del bilancio dell’Ue”. E’ il paragrafo delle conclusioni del vertice Ue di Bruxelles che spiega in poche parole la soluzione che i capi di Stato e di governo hanno trovato, alla fine, per assicurare il prestito promesso all’Ucraina affinché possa soddisfare i suoi bisogni finanziari urgenti nel prossimo biennio.
La soluzione del prestito comune, scelta invece di quella del “prestito di riparazione” basato sugli asset russi congelati, che inizialmente avevano privilegiato la Commissione e la presidenza di turno danese del Consiglio Ue, anche in base alle forti pressioni in questo senso da parte della Germania, è stata decisa con l’attivazione di una “cooperazione rafforzata” (in base all’articolo 20 del Trattato Ue) con la partecipazione di 24 Stati membri. I tre paesi che hanno deciso di non partecipare (Repubblica Ceca, Ungheria e Slovacchia) non dovranno contribuire al rifinanziamento del margine di bilancio Ue per poter fornire le garanzie per il prestito comune. Lo puntualizzano le stesse conclusioni: “Qualsiasi mobilitazione di risorse del bilancio dell’Unione a garanzia di tale prestito non avrà alcun impatto sugli obblighi finanziari della Repubblica Ceca, dell’Ungheria e della Slovacchia”.
Il meccanismo della cooperazione rafforzata ha bisogno dell’unanimità degli Stati membri per essere attivato, ma gli atti adottati nel quadro di una cooperazione rafforzata vincolano solo i paesi che vi partecipano. In altre parole, i tre Stati membri che si sono chiamati fuori, hanno comunque dato il loro assenso all’attivazione del meccanismo. Per questo, il presidente del Consiglio europeo, Antonio Costa, e la presidente della Commissione, Ursula von der Leyen, hanno rivendicato il fatto che la decisione sul prestito all’Ucrania sia stata presa all’unanimità.
Quanto all’altra opzione, quella del “prestito di riparazione” basato sugli asset russi congelati, il Consiglio europeo ha dato mandato alla Commissione di continuare a lavorare a livello tecnico per risolvere le complicatissime questioni giuridiche rimaste aperte, soprattutto quelle poste dal Belgio, il paese in cui è depositata la maggior parte degli asset (180 miliardi), presso la finanziaria Euroclear, ma anche da altri paesi, tra cui l’Italia. Una formula, quella del “lavoro che continua”, che permette di salvare la faccia alla Germania e alla stessa Commissione, che avevano puntato tutto su una soluzione rivelatisi poi impraticabile e inaccettabile per molti paesi.
In realtà, tuttavia, gli asset russi – di cui era stata già deciso all’unanimità la settimana scorsa il congelamento sine die – fanno comunque parte della soluzione di compromesso che è stata escogitata, in quanto il prestito di 90 miliardi all’Ucraina, senza interessi, dovrà essere restituito da Kiev solo se la Russia pagherà a sua volta le riparazioni di guerra, dopo la fine del conflitto. In caso contrario, il prestito sarà ripagato proprio attingendo gli asset russi congelati.
Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha ringraziato i leader dell’Unione europea per la decisione, definendola una scelta che rafforza in modo concreto la resilienza del Paese. “Sono grato a tutti i leader dell’Unione europea per la decisione del Consiglio europeo sui 90 miliardi di euro di supporto finanziario all’Ucraina nel 2026-2027. È un sostegno significativo che rafforza davvero la nostra resilienza”, ha scritto Zelensky in un messaggio pubblicato sui social. Il presidente ucraino ha sottolineato anche l’importanza del mantenimento del congelamento dei beni russi e delle garanzie finanziarie assicurate a Kiev per i prossimi anni. “È importante che gli asset russi restino immobilizzati e che l’Ucraina abbia ricevuto una garanzia di sicurezza finanziaria per gli anni a venire”, ha aggiunto.
Zelensky ha infine ringraziato l’Unione europea per l’unità dimostrata, ribadendo che “insieme stiamo difendendo il futuro del nostro continente”.





























