Tutti gli operatori, pubblici e privati, se fanno ricorso alle telecamere devono verificare se è consentito dalla legge, in quale misura e per quali scopi. C’è spazio per la videosorveglianza solo se altri sistemi “meno invasivi” non possono essere utilizzati. Ma soprattutto le telecamere non devono essere dirette a controllare le prestazioni dei lavoratori. Se sono necessarie per motivi organizzativi occorre l’assenso delle organizzazioni sindacali. Sono alcune delle linee guida stabilite dal comitato di esperti sulla privacy del Consiglio d’Europa in un documento sul rapporto fra protezione dei dati e videosorveglianza.
L’attività di controllo con sistemi video, si legge ancora nel documento, non deve “comprimere” le “libertà e i comportamenti” degli interessati. Il comitato ricorda, infatti, che esiste una “ragionevole aspettativa” di privacy anche nei luoghi pubblici.
Inoltre, nel documento si stabilisce che le immaggini raccolte devono essere «effettivamente necessarie» per gli scopi perseguiti e non devono essere conservate a lungo se non è richiesto in modo specifico.
I cittadini, poi, “devono essere informati” dell’esistenza delle telecamere. Ma questo obbligo può venire meno, “in misura ragionevole e proporzionata” solo per scopi di “sicurezza pubblica, lotta alla criminalità o per tutelare i diritti di terzi o degli interessati che devono comunque essere in grado di avere accesso ai dati che li riguardano”.
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