Mario Gorga, responsabile relazioni industriali Enel, ha ripercorso la storia dell’accordo aziendale sui prepensionamenti volontari, sottolineando l’importanza di un’intesa sottoscritta in un momento difficile per il settore dell’energia. L’intesa, ottenuta con il contributo prezioso di tutte le parti sociali coinvolte e dopo un lavoro lungo e approfondito, è stata determinata essenzialmente da alcuni fattori specifici. Innanzitutto la crisi del settore, che ha provocato un forte calo della domanda negli ultimi sei-sette anni, intaccando i margini operativi. Nel tempo, oltre al bilanciamento dei conti e agli investimenti necessari per cambiare rotta, si è considerato indispensabile intervenire anche sul costo del lavoro. Altro fattore che ha portato all’intesa sui prepensionamenti volontari è stata la decisione di centralizzare alcune aree industriali. Infine, l’altro elemento che ha fortemente condizionato la scelta delle parti sociali è stata la riforma pensionistica, con il conseguente allungamento del periodo di permanenza in azienda da parte dei dipendenti. Dal punto di vista delle relazioni industriali e sindacali, c’è stato un approccio serio a tutti i livelli, a partire dal vertice aziendale. L’obiettivo era quello di individuare lo strumento più utile per azienda e lavoratori, mantenendo serenità ed equilibrio. L’accordo è importante perché riesce a fornire varie linee di approccio e soluzione al problema degli esuberi. Dalla formazione e qualificazione professionale, al reinserimento in azienda, al turn over necessario per garantire occupabilità alle giovani generazioni.
Giacomo Berni, segretario nazionale della Filctem Cgil, ha sottolineato l’importanza della modalità con cui si è cercata l’approvazione dei lavoratori e di conseguenza si è arrivati all’accordo. Infatti, il sindacato, ha detto Berni, ha presentato l’accordo ai lavoratori nel corso di una serie di assemblee, ottenendo da questi il parere favorevole e un consenso di solidarietà sul turnover. L’obiettivo era quello di mantenere i dipendenti dentro all’azienda e allungare l’attività lavorativa degli organici Enel ritenuti insufficienti. L’intesa ha dato una risposta ai quei lavoratori rimasti senza lavoro dopo la chiusura di alcune centrali, ricollocandoli in azienda. Infine è stato sbloccato il turn over. Queste condizioni hanno fatto sì che i lavoratori esprimessero il loro consenso in favore dell’accordo quadro. Ora però, ha sottolineato il sindacalista, passare da una manifestazione di interesse a firmare il licenziamento non è la stessa cosa. Bisogna accompagnare la gestione degli esuberi con cautela per non trovarsi in situazioni difficili. Per questo i temi della formazione e riqualificazione professionale diventano indispensabili. La diffidenza maggiore da parte dei lavoratori in esubero è verso lo stato. Ci si chiede se manterrà i patti o se ci sarà il rischio di trovarsi sorpresi come è accaduto con la riforma delle pensioni e il problema degli esodati.
L’economista, Leonello Tronti, ha tracciato un quadro tra l’economia e il mercato del lavoro per capire come in questa evoluzione si colloca l’accordo. La crisi è ancora presente, dobbiamo essere realisti, ha detto Tronti. Il valore degli investimenti e il reddito da capitale si sono contratti negli ultimi anni e la propensione a investire si è ridotta in misura maggiore. Le imprese non hanno manifestato la dovuta reazione in questo momento di crisi. A questa mancanza del mondo imprenditoriale si aggiungono i prezzi troppo alti dell’energia. Una soluzione potrebbe essere quella di investire in ricerca e innovazione per dare prospettive e futuro a tutto il comparto energetico. Infatti tutte le grandi imprese stanno vivendo momenti di contrazione, mentre sopravvivono ancora le piccole produzioni, non sufficienti però a sostenere la crescita del Paese. Negli ultimi anni è mancata una strategia di politica industriale e ora tutto il settore manifatturiero, che si basa su servizi, infrastrutture e costo dell’energia, ha perso competitività ed è fortemente a rischio. La classe politica deve fare il suo mestiere e intervenire per invertire la rotta. L’accordo sui prepensionamenti dell’Enel va nella direzione opportuna, grazie ai temi della solidarietà intergenerazionale e dell’apertura al mondo della scuola che porta avanti. Questo è un modo per aprirsi al futuro.
Stefano Giudici, responsabile relazioni indutriali Edison, ha riportato l’esempio della sua azienda, esperienza limitata nei numeri rispetto all’Enel, ma comunque importante nel mondo delle aziende del comparto elettrico. Giudici ha parlato di un accordo sottoscritto a ottobre dell’anno scorso dopo un lungo e difficile percorso con il sindacato. L’intesa è stata sottoscritta a causa di un eccesso di produzione, dovuto a una bassa domanda di energia elettrica. Le parti sociali hanno deciso di chiudere una serie di centrali, coinvolgendo circa 90 lavoratori di età media compresa tra i 40 e i 45 anni. Gli strumenti utilizzati dall’accordo sono stati quelli tradizionali: cigs e ricollocazione e riqualificazione del personale. L’intesa è stata caratterizzata da una bassa età media dei dipendenti, una forte dispersione territoriale, la presunzione di poter riutilizzare le persone. Altro pilastro dell’accordo la ricollocazione geografica. L’intesa infatti prevede l’attivazione di contratti di ricollocazione attraverso assunzioni a tempo determinato in una società per il lavoro e la gestione del post cig con iniziative radicate sul territorio. Poi, tra gli altri strumenti utilizzati, incentivazione all’imprenditorialità, modalità di accompagnamento alla pensione anche se parliamo di poche unità, 60% di queste ricollocate finora all’interno del gruppo. Dietro a riqualificazione, ricollocazione, mobilità geografica, c’è tutto il lavoro fatto con le persone, una sorta di lavoro di ricostruzione psicologica. Importante anche il ruolo della politica e del governo. A volte queste intese sono frutto del triangolo di aziende, sindacati e istituzioni. Ci sono, soprattutto in piccoli territori, esempi virtuosi come la Sogin (Piacenza).
Il segretario generale della Flaei Cisl, Carlo De Masi, ha messo in luce come il settore, al contrario di quello che si dice, non è più un settore protetto. Anzi, ha subìto la più grande riorganizzazione che sia avvenuta negli ultimi anni e tutto questo senza traumi e con la collaborazione delle parti sociali. La crisi del settore sostiene De Masi è dovuta alle liberalizzazioni sfrenate e la scarsa considerazione di cui gode il comparto che ha perso la sua strategicità agli occhi della politica. Anche la legislazione concorrente Stato-Regioni ha finito solamente per complicare la situazione. L’Italia, sostiene il segretario generale, soffre inoltre di un mix energetico inefficiente e costoso. La crisi si è poi acuita a causa della diminuzione della domanda che ha generato una “overcapacity” produttiva. Per De Masi l’accordo Enel si può definire un ottimo esempio di come affrontare la crisi del settore e ora andrà verificato settore per settore, con particolare attenzione verso la formazione. Bisognerà puntare su profili specifici e che ancora non esistono in Italia.
Paolo Pirani, segretario generale della Uiltec e segretario confederale della Uil, ha evidenziato la totale assenza del governo e la difficoltà di interpretazione delle norme che regolano al gestione degli esuberi e gli ammortizzatori sociali. Ha ricordato come l’Enel e i sindacati hanno dovuto interagire per mesi con l’Inps per chiarire le norme e comprendere come muoversi. Il sindacalista ha poi detto che, a suo giudizio, l’accordo trovato con l’azienda elettrica è abbastanza “sui generis” e che sono poche le aziende davvero in condizioni di seguire l’esempio dell’Enel. L’azienda, ha detto, ha scelto di internazionalizzarsi e per questo ha anche firmato un protocollo internazionale. Pirani ha sostenuto che sulla bontà dell’accordo si potrà dare un giudizio finale solamente tra qualche anno in quanto l’azienda muterà pelle dopo l’uscita di quasi 5000 dipendenti e l’entrata di 1000 nuovi assunti. Tutte queste uscite comporteranno una perdita di know how e bisogna capire se i giovani che entreranno avranno le capacità di non far rimpiangere le competenze perse.
Salvatore Illiano, responsabile relazioni industriali della Selex Es e Riccardo Meloni, responsabile risorse umane della medesima azienda hanno parlato dell’accordo che ha permesso la creazione della nuova società che ha fuso 4 diversi gruppi. L’operazione ha comportato una riorganizzazione complessa che porterà alla razionalizzazione dei siti produttivi che passeranno in Italia da 48 a 26 e comporterà degli esuberi. L’azienda, spiegano, ha dovuto cambiar pelle per reggere la competizione internazionale che gode di costi minori e lo ha dovuto fare in fretta, anche in reazione alle nuove norme della legge Fornero. Per portare avanti il processo di efficentamento la Selex Es ha iniziato dai dirigenti per poi arrivare a un accordo unitario per riorganizzazione del gruppo. Si è utilizzato un mix di diversi ammortizzatori sociali: mobilità, articolo 4 del ‘92, contratti di solidarietà e cassa integrazione. Si tratta, hanno detto, di un accordo che permetterà all’azienda di affrontare al meglio un periodo di transizione. I sindacati, hanno aggiunto, saranno coinvolti nelle decisioni di Selex Es e potranno partecipare alle riunioni del board sulle strategie future che abbiano ricadute occupazionali.
Il segretario confederale della Cgil, Gaetano Sateriale, ha ricordato come le migliori pagine delle relazioni industriali siano sempre state scritte nei momenti di crisi e come sia stato un grave errore aver chiuso le scuole di relazioni industriali. Per il sindacalista l’accordo Enel è generalizzabile solamente per poche grandi aziende e la situazione in generale è sempre più complicata, anche perché gli interventi del governo Monti hanno ottenuto l’opposto di quello che si voleva fare finendo per irrigidire l’uscita dal mondo lavorativo e spostandola sempre più in avanti. La cultura dominante della deregolamentazione, ha puntualizzato, ha prodotto enormi guasti. Per Sateriale bisogna tornare a una flessibilità delle norme pensionistiche che tengano conto del fatto che ogni rapporto lavorativo ha una storia a se e ci sono lavoratori che vogliono andare in pensione prima e altri dopo, cosa che vale anche per le aziende che possono avere interesse far uscire in fasi diverse i dipendenti.