Con la convocazione delle parti sociali della scorsa settimana, il ministro Maurizio Sacconi ha dato un colpo di acceleratore per realizzare anche in Italia un modello partecipativo basato su un maggiore coinvolgimento dei lavoratori alla vita dell’impresa. Secondo il titolare del Welfare, i tempi sono ormai maturi perche’ si accantoni definitivamente la ‘’lotta di classe”, per passare a un modello di collaborazione tra produttori sulla scia di quanto gia’ accade in molti altri paesi moderni (dalla Germania alla Francia agli Usa). Il ministro, la scorsa settimana, non ha dato indicazioni alle parti: si e’ limitato a concedere loro due mesi di tempo per trovare una intesa (in gergo tecnico: un avviso comune) che il governo dovrebbe poi ratificare sul piano legislativo. Il punto di partenza e’ infatti il disegno di legge sul tema partecipazione elaborato da due senatori, uno di centro destra, Maurizio Castro, e l’altro di centro sinistra, Tiziano Treu, ugualmente convinti della necessita’ di modernizzare non solo le relazioni industriali ma anche il modello di capitalismo del nostro paese. I due progetti, riuniti in un unico testo da Pietro Ichino, senatore Pd, diventano cosi’ la bozza di intesa su cui sindacati da un lato e associazioni di impresa dall’altro dovranno esercitarsi per raggiungere l’avviso comune atteso dal governo.
Tuttavia, al momento sembra difficile riuscire ad ottenere in sessanta giorni cio’ che non si e’ mai potuto realizzare in svariati decenni. Soprattutto perche’ il tema divide trasversalmente organizzazioni datortiali e sindacali. Sul fronte sindacale sono favorevoli la Cisl (che della partecipazione ha fatto da tempo il proprio cavallo di battaglia) e la Uil,
molto cauta la Cgil (anche se meno chiusa che in passato); sul fronte delle imprese, contrarie Confindustria e Confcommercio, favorevoli le organizzazioni dell’artigianato e delle piccole imprese. Una mappa di posizioni che non rende facile raggiungere un punto comune a tutti. La Confcommercio, infatti, parla di ‘’terreno difficile”, sostenendo di non avere ‘’pregiudiziali” ma invitando a non cedere ‘’a facili ottimismi”. L’associazione del commercio, tra l’altro, indica anche una sorta di ‘’condizione” per procedere nel negoziato: e cioe’ il ritorno della Cgil al tavolo della riforma contrattuale (tema collegato a quello della partecipazione). La Confindustria, a sua volta, alza le barricate contro la ‘’cogestione”, identificata con la presenza di rappresentanti dei lavoratori negli organismi di controllo della societa’, sostendendo addirittura che una simile eventualita’ affosserebbe definitivamente il modello dualistico di governance delle societa’. Ben diversa l’impostazione degli artigiani e delle Pmi, pronti ad offrire il loro contributo di esperienza e di proposte per costruire l’avviso comune auspicato dal Governo. Artigianato e piccole imprese, vale la pena di ricordarlo, rappresentano il 98% del sistema imprenditoriale italiano, e da tempo, grazie al sistema degli enti bilaterali, sono gia’ a pieno titolo protagonisti di un modello partecipativo dei lavoratori in azienda. Tuttavia, pur rappresentando una bella fetta del Pil nazionale, fino ad oggi artigiani e ‘’piccoli’ non sono ancora riusciti ad avere un peso politico, nelle grandi decisioni, pari a quello economico. Il negoziato sulla partecipazione sara’ un banco di prova interessante per capire se ancora una volta le Grandi imprese detteranno legge, o se le piccole riusciranno ad essere determinanti nella partita per la modernizzazione.
Nunzia Penelope
15 settembre 2009


























