“In questi anni il lavoro è stato frantumato e l’impresa è diventata il punto centrale: il nuovo modello contrattuale è stato la formalizzazione di questa tendenza”. Così il leader della Fisac, Domenico Moccia, ha aperto l’incontro di ieri dal titolo “Modello contrattuale e accordi separati. Cambiamo strada”, promosso dalla Fisac Cgil con la partecipazione di molti sindacati di categoria. Mimmo Carrieri, professore di Sociologia economica e del lavoro all’università di Torino, ha sottolineato nella sua relazione i punti critici del nuovo modello: “Non si poteva fare senza il sindacato più forte, inoltre non crescono i salari ma neanche la produttività, dato che l’intesa introduce incentivi economici, ma non miglioramenti tecnici strutturali”. Dopo l’accordo separato ora bisogna interrogarsi sul futuro del movimento sindacale e sulla situazione nei settori produttivi. Infatti dopo l’intesa tra Confindustria, Cisl e Uil del 22 gennaio, si sono moltiplicate le piattaforme separate all’interno delle categorie. Il segretario generale della Filcams, Franco Martini, ricorda le tre piattaforme separate per il contratto del commercio e sottolinea la necessità di un confronto “ampio, anche fuori dalla Cgil”. A suo avviso occorre legare la contrattazione allo sviluppo, dal momento che manca una vera politica imprenditoriale che finora si è limitata a scaricare la competitività sui lavoratori, scegliendo di diminuire il costo del lavoro invece che sostenere lo sviluppo e la ricerca. In Italia in questo momento non ci sono le condizioni per le piattaforme unitarie, dice Valeria Fedeli, segretaria generale della Filtea. “L’accordo separato – prosegue – ha aperto una fase completamente diversa, servono subito nuove regole per misurare la rappresentanza”. Carlo Podda, segretario generale della Funzione pubblica, ribadisce che nel Paese “non c’erano mai state rivendicazioni separate, sia nella parte salariale che normativa”. Sono necessarie “grandi aggregazioni contrattuali”, afferma, solo così si può riaprire il dialogo con gli altri sindacati a livello territoriale e di filiera. “Le imprese devono ridare punti al lavoro – prosegue -, e per ottenerli serve una grande autonomia negoziale”. Non basta il fisco per riequilibrare le diseguaglianze, Podda chiede una nuova politica dei redditi. La Cgil deve avere una propria proposta sui contratti, dunque, con lo scopo di “riunificare i diritti delle persone”. Per Gianni Rinaldini, segretario generale della Fiom, la situazione dei metalmeccanici, in cui Fim e Uilm hanno disdettato il contratto nazionale senza rispettare l’esito del referendum, dimostra “una concezione proprietaria” dei diritti dei lavoratori. Entro settembre, avverte, tenteranno il blitz per firmare un rinnovo separato con Federmeccanica. “Così si estingue il contratto nazionale – a suo giudizio -, che servirà solo a fissare le condizioni per i negoziati in azienda”. Si sofferma poi sulla ripresa dalla crisi: “Quando ci sarà, anche minima, le assunzioni saranno sempre precarie”. Per questo rilancia l’idea di estendere l’articolo 18 a tutti i lavoratori.
10 luglio 2009
Francesca Romana Nesci


























