La stagione contrattuale sta partendo col piede sbagliato. I sindacati dei metalmeccanici, dopo aver cercato un accordo tra loro sulle richieste da presentare per il rinnovo del contratto, hanno deciso di andare ognuno per la propria strada. E così prima della fine del mese Federmeccanica riceverà due documenti, uno di Fim e Uilm per un contratto che abbia durata triennale, un altro della sola Fiom per il rinnovo del contratto biennale.
Il tentativo di andare assieme a questo appuntamento, anche ammettendo la buona fede dei protagonisti, si è infranta sulla logica stringente dell’accordo del 15 aprile.
E’ fallito così anche il tentativo avanzato da qualcuno, ma la paternità è sempre rimasta nell’ombra, di avviare una soluzione transitoria, che concedesse una moratoria di uno o due anni, anche sull’onda dell’indiscutibile gravità della crisi economica. Forse l’argomento potrebbe tornare utile tra qualche mese, quando le trattative si areneranno, ma per ora è accantonato. E del resto, questo escamotage potrebbe valere come soluzione finale, più difficilmente all’avvio della trattativa, quando ciascuna parte deve attenersi alle regole che ha sottoscritto.
La situazione diverrà così subito difficile, perché se la Fiom insisterà nella sua scelta di presentare richieste per il rinnovo del biennio salariale, la Federmeccanica dovrebbe, sempre a termini di accordi, respingere la piattaforma, non prenderla nemmeno in considerazione. Le indicazioni che la Confindustria ha dato alle associazioni aderenti in queste settimane è molto esplicita, non lascia margini di manovra, nonostante i dubbi che gli industriali del settore possano avere ad avviare un nuovo braccio di ferro con i sindacato maggioritario in questo periodo di difficoltà. In verità la congiuntura negativa gioca a favore delle imprese nelle trattative contrattuali, ma questa situazione di crisi è così grave che tutte le parti in gioco sono chiamate a collaborare tra loro quanto più è possibile per parare i colpi. Questa dovrebbe essere l’ora della cooperazione, non certo quella delle divisioni e delle contrapposizioni.
Il precedente dei meccanici peserà poi non poco sugli altri settori, anche su quelli che pure non vorrebbero divisioni. Tessili, chimici, edili, tutte le grandi categorie dell’industria sono impegnate nello sforzo di trovare delle vie per non rompere i rapporti unitari e approdare a piattaforme condivise. Ma il compito si fa sempre più difficile, proprio perché gli accordi firmati sono chiarissimi e le norme di attuazione non lasciano margini di manovra. L’ostacolo maggiore sembra sia ovviamente la parte salariale, perché il sistema basato sull’Ipca è molto preciso, è anche più vantaggioso del riferimento all’inflazione programmato, ma non è accettato dalla Cgil.
Il rischio è che la situazione precipiti un po’ per tutti, che le possibilità di un ritorno graduale a forme di unità di fatto tra le confederazioni si stemperino fino a sparire. Al congresso della Cisl era apparso possibile un riavvicinamento tra Cgil, Cisl e Uil, ma quelle indicazioni stanno perdendo consistenza. A questo punto gli scenari possibili sono tutti molto negativi, al punto che è difficile escludere un colpo di scena. E’ difficile infatti pensare che i protagonisti della vita economica e sociale del nostro paese vogliano davvero il ritorno a una fase di aspre lotte. Qualcuno potrebbe intervenire, chi sia questo qualcuno nessuno è in grado di dirlo.
Massimo Mascini
12 giugno 2009
























