E’ davvero un importante appuntamento per la Cgil la riunione del direttivo in programma domani e dopodomani. Si parlerà infatti di contrattazione, il che, dopo la manifestazione del 4 aprile, che comunque la si voglia interpretare rappresentava uno spartiacque, significa parlare del futuro della confederazione, del suo rapporto con gli altri sindacati, con le associazioni degli imprenditori.
Al direttivo si fronteggeranno due strategie. La prima è quella esplicitata dal segretario generale della Fiom dieci giorni fa, subito dopo la manifestazione del 4. Gianni Rinaldini ha detto chiaramente che per la prossima tornata contrattuale la sua organizzazione non ha la minima intenzione di cambiare programma. Il che significa che non terrà minimamente conto delle regole del nuovo accordo e presenterà le sue richieste per il rinnovo del biennio economico tre mesi prima della fine dell’anno, ossia entro il prossimo settembre.
Rinaldini è forte dei numeri, perché la Fiom è il sindacato dei metalmeccanici con più iscritti e crede di potersi permettere un braccio di ferro. Non è un mistero, del resto, che anche gli industriali meccanici guardavano alla prossima scadenza contrattuale con molti timori, temendo soprattutto una ventata di scioperi che aggravassero la situazione di chi arranca e arrancherà nella crisi e soprattutto di quelle aziende che invece per la fine dell’anno staranno uscendo dalle difficoltà di questa pesante crisi.
Sarà, insomma, il trionfo dell’antagonismo, soprattutto dentro il sindacato. Verrebbe da dire, un sindacato con il collo girato all’indietro, senza troppa attenzione per il nuovo. E che non valuta fino in fondo la difficoltà ad avviare una vertenza contrattuale dopo che magari gli altri sindacati hanno già rinnovato il contratto con aumenti salariali non indifferenti. Ma in Cgil c’è anche chi la pensa diversamente. Una riunione che ha avuto luogo qualche giorno fa, subito dopo l’uscita allo scoperto di Rinaldini, ha messo in mostra che tutte o quasi le altre categorie la pensano in maniera difforme. In tanti credono possibile e vogliono battersi per raggiungere un accordo con i cugini (una volta si sarebbe detto i fratelli) di Cisl e Uil. Senza, beninteso, rinunciare alle loro idee. Pensano che l’accordo del 22 gennaio, e quello con Confindustria del 15 aprile, abbiano due pecche molto forti: il meccanismo salariale, che penalizzerebbe a loro avviso le retribuzioni, e la possibilità delle deroghe, che indebolirebbero ulteriormente il contratto nazionale.
La loro scommessa sarebbe quella di quadrare il cerchio con delle piattaforme rivendicative che non farebbero torto all’accordo del 22 gennaio, ma allo stesso tempo tutelerebbero i lavoratori da quelle due cose. Un’illusione? Difficile dirlo. Il percorso tracciato dall’accordo di gennaio, e ancor più forse quello di aprile, è molto stretto, ma il tentativo va fatto, perché la posta in gioco è alta dato che in questo modo la Cgil non verrebbe esclusa dalla contrattazione, che per un sindacato è la vita. Sarà il dibattito a chiarire dove vuole andare la confederazione. Guglielmo Epifani dovrebbe essere tentato di seguire la seconda strada, quella dell’avvicinamento a fronte alta alle altre confederazioni. Ma tutto dipenderà dal dibattito che i membri del direttivo saranno in grado di sviluppare. Di certo il momento delle scelte è arrivato. Dopo, forse, non ci sarà più spazio.
Massimo Mascini
20 aprile 2009
























