di Carlo De Masi, segretario generale Flaei-Cisl
La contingenza energetica, con le tensioni dei prezzi del petrolio sul mercato internazionale e le situazioni di crisi per l’approvvigionamento del gas, non trova riscontro in una politica forte a livello europeo. A ciò si aggiunge la particolare condizione di vulnerabilità economica e strategica che contrassegna il nostro Paese sulla questione energetica, che è in larga misura imputabile alla elevata dipendenza dagli idrocarburi. Diventa perciò indispensabile per l’Italia un recupero del divario con i Paesi competitors, soprattutto in Europa.
Gli obiettivi di politica energetica sono anche di politica economica, vista l’incidenza della competitività sul nostro sistema produttivo, di politica internazionale, per gli aspetti di sicurezza degli approvvigionamenti, e di politica ambientale, circa la sostenibilità del nostro modello economico-sociale. E ciò annotiamo, in quanto riteniamo che il problema energetico italiano sia troppo grave perché possa essere risolto senza il consenso sociale. Le soluzioni che si stanno approntando ad opera dell’attuale Governo non potranno essere realizzate se comunità e territorio non saranno coinvolte.
Al riguardo, ritengo utile una breve menzione al ruolo che il sindacato confederale di categoria (Flaei in testa), sinora ha svolto con grande senso di responsabilità, gestendo il processo di efficientamento più rilevante di questo Paese (70.000 dipendenti in meno nel settore elettrico, senza traumi, senza interventi pubblici, senza la nascita di sindacati di mestiere). Purtroppo, il calo continuo dell’occupazione ha portato anche alla conseguente perdita di competenze e professionalità (non facilmente sostituibili).
Come Flaei, definiamo la questione energetica italiana una situazione di vera e propria emergenza. Di fronte all’emergenza si risponde sì con scelte immediate e determinate. Ma come e cosa si fa? E soprattutto, chi paga? Finora è stato semplice, perchè ben poco si è fatto e, comunque, hanno pagato un prezzo salato: imprese, cittadini, consumatori, lavoratori e pensionati, anche per cose che non si fanno. Mi riferisco alle quote in tariffa destinate alla ricerca e al decommissioning del nucleare. Penso alle accise improprie su componenti tariffarie (lo ha rilevato la stessa Autorità di settore).
Ora le decisioni spettano alla politica, a partire dal Governo in carica, ma è necessario creare una cultura energetica/ambientale, attraverso il consenso sociale e una corretta informazione. Peraltro, non sfugge ad alcuno che siamo in presenza di servizi universali, rispetto ai quali gli interessi della collettività non possono essere condizionati da particolarismi e localismi.
La federazione che rappresento ha indicato alcuni punti, quali criticità immediate, che schematicamente richiamo:
– Non è più procrastinabile la costituzione di una cabina di regia/osservatorio per l’energia, presso la presidenza del Consiglio dei ministri, con la partecipazione dei ministeri dello Sviluppo economico e dell’Ambiente e di tutti gli attori del settore (associazioni imprenditoriali, organizzazioni Sindacali, istituzioni locali, ecc.) per realizzare il coordinamento delle problematiche energetiche e costituire la sede per la pratica della concertazione programmatica.
– L’Autorità per l’energia elettrica e il gas deve mantenere piena autonomia e indipendenza e va reintegrata nella sua composizione. La Flaei chiede di prevedere, al suo interno, rappresentanti delle forze produttive e sociali.
– Nella prospettiva di rinascita del nucleare in Italia, va ricostituita la filiera nel suo insieme, attraverso il ripristino di un patrimonio di competenze professionali, industriali e della pubblica amministrazione, con la creazione di una Agenzia per la sicurezza: di sistema e per il Paese con garanzie verso territori, comunità e cittadini. In questo contesto, la Sogin va stabilizzata e rilanciata nel suo ruolo, anche perchè è finanziata dalle bollette elettriche degli italiani. Bisogna avere la capacità e la responsabilità, però, di individuare i siti, a partire da quello di stoccaggio per il decommissioning.
– Dalla politica ci aspettiamo un progetto nazionale sulle prospettive della ricerca applicata, pubblica e privata, in Italia nel settore dell’energia. Andrebbe riproposto il Cerse (Comitato di esperti di ricerca per il sistema elettrico), che ha il compito di predisporre i Piani triennali. Inoltre, vanno sfruttate appieno le potenzialità di Cesi Mercato e Cesi Ricerca per una pianificazione dei progetti di ricerca e l’utilizzo delle Professionalità già esistenti.
– La definitiva privatizzazione di Terna (esecutività della sentenza del consiglio di Stato entro luglio 2009) non solo mette a rischio il sistema di trasporto elettrico nazionale, ma pone questioni di esercibilità della rete AT e di buona parte degli impianti. Da qui la necessità di accentrare in capo ad un unico soggetto indipendente (Terna) la proprietà e la gestione della rete di trasmissione, la cui governance dovrà continuare ad essere garantita (al di là degli assetti proprietari) attraverso il controllo pubblico. Vanno assicurati, inoltre, i necessari investimenti, per lo sviluppo delle reti, rivolti anche a ridurre le strozzature, tuttora presenti. Tale situazione sta penalizzando, soprattutto, le Aree del Centro/Sud.
– Anche per le reti di distribuzione Mt/Bt è necessario perseguire obiettivi di controllo pubblico, oltre a realizzare interventi regolatori e normativi tali da garantire, attraverso lo strumento delle concessioni pubbliche, livelli di qualità eccellenti, recuperando il bassissimo livello raggiunto dagli investimenti delle aziende in questo settore, evitando il ricorso incontrollato alle esternalizzazioni ed agli appalti al massimo ribasso e senza sufficienti garanzie tecniche e di sicurezza, di sistema e per i lavoratori, mantenendo assetti organizzativi sul territorio (in termini di strutture e forza lavoro) tali da supportare le esigenze di un servizio di qualità a prezzi contenuti, in tutte le aree del Paese. Non possiamo continuare ad essere il Paese che paga la bolletta più cara d’Europa con il servizio più scadente (in particolare al Sud).
– L’azione più immediata deve essere centrata su efficientamento e risparmio energetico, anche per aiutare l’ambiente.
– Per la generazione, c’è la necessità di programmazione e di un equilibrato mix energetico. Tre sono le cose possibili nell’immediato: incremento del ricorso al c. d. carbone pulito, sviluppo delle rinnovabili (che vanno, tuttavia, considerate fonti integrative e non sostitutive), accelerare la realizzazione di rigassificatori e termovalorizzatori.
Nella prospettiva non può essere ignorato l’apporto del nucleare. Vanno previste misure compensative per i territori che ospitano gli impianti (a partire dai costi dell’energia elettrica e del gas), ragionando in termini di bilancio ambientale complessivo (riducendo, e non aumentando, il tasso di inquinamento). Ciò in funzione di una sorta di Federalismo energetico, fermo restando le scelte di fondo e la programmazione centralizzata.
E’ questo il messaggio che come forza sociale diamo alla politica: riuscire consapevolmente a reinterpretare il proprio ruolo, nell’interesse comune e senza demagogia, per ricreare condizioni stabili finalizzate a rilanciare investimenti e occupazione diretta e indotta, trasformando così le criticità in opportunità. L’apertura di nuovi flussi commerciali dell’energia, infatti, deve trovare l’Italia pronta a ricoprire un ruolo di cerniera fra l’Europa, i principali Paesi produttori di fonti primarie, il Sud-Est e il Nord Africa, per ospitare una piattaforma integrata di infrastrutture e regole che rendano il mercato euromediterraneo aperto e competitivo, motore di sviluppo e non strumento di speculazioni, ma anche per determinare nuovi equilibri economici che potranno contribuire al governo dei flussi migratori e delle connesse tensioni sociali.


























