di Carlo De Masi, segretario generale Flaei Cisl
Partendo dal dato di fatto che, al 10 luglio 2008, 1 megawatt di elettricità prodotto nel Settentrione costa 106,66 euro contro i 171,09 euro di un megawatt prodotto in Sicilia, si imputa, in maniera sfacciatamente strumentale, tale differenza alla inefficienza del Meridione, i cui maggiori costi ricadono sull’intero sistema Paese. In pratica, i problemi e i veti degli Enti locali del Sud e delle isole impedirebbero la infrastrutturazione necessaria (leggi potenziamento della rete di trasmissione nazionale) a riallineare i costi a livello nazionale, costringendo 36 milioni di utenze domestiche e commerciali a sopportare il costo della politica del no di alcune Regioni.
La soluzione prospettata da Confindustria non può non destare preoccupazione: trasferire l’elettricità con prezzi diversi nelle varie zone del Paese, non prendendo più a riferimento il Pun (Prezzo unico nazionale), ma un ipotetico Puz (Prezzo unico zonale) e quindi applicando al Nord prezzi più bassi rispetto a quelli da praticare al Sud e nelle isole.
In realtà il problema non è così semplice. La sindrome di Nimby ha penalizzato tutto il Paese: lo dimostrano i frequenti casi di resistenza alla realizzazione di impianti ed infrastrutture, supportati a livello locale da schieramenti politici condizionati da forze minoritarie. E’ invece importante, rispetto alla questione posta, affrontare il problema delle reti, di trasmissione e di distribuzione. Da tempo, come Flaei e come Cisl, sosteniamo il problema della strategicità delle reti elettriche e la necessità di garantire, attraverso un efficace ed incisivo intervento di regolazione e controllo pubblico, gli investimenti necessari ad assicurare servizi primari ed un monitoraggio diretto su adeguamento e manutenzione delle reti stesse, superando così tutte le strozzature della Rete di trasmissione nazionale, al fine di supportare le esigenze di un servizio di qualità a prezzi contenuti e colmare il divario, anche strutturale, tra Nord e Sud d’Italia. Così come riteniamo necessario semplificare le procedure autorizzative, nei tempi e nelle forme, anche attraverso l’introduzione del concetto di divieto di “revoca autorizzativa”.
Peraltro, va ricordato sempre che parliamo di un servizio pubblico universale, rispetto al quale gli interessi della collettività non possono essere condizionati da particolarismi e localismi. Quindi, il territorio che ospita una infrastruttura dovrebbe essere risarcito in senso ampio, perché assume un costo nel proprio cortile per l’interesse generale. Il principio dell’indennizzo, già praticato dalle aziende con una contrattazione con gli Enti Locali, andrebbe assunto come punto di riferimento anche politico, parallelo alla valutazione d’impatto ambientale. Non ha certo aiutato in tal senso (e in questo conveniamo con le valutazioni di Confindustria), la modifica del Titolo V della Costituzione, che ha introdotto la legislazione concorrente Stato/Regioni in materia energetica.
Abbiamo più volte, ed in varie occasioni, suggerito e sollecitato interventi mirati a realizzare un sistema integrato e con gli stessi livelli di salvaguardia in tutto il territorio nazionale, con l’obiettivo di soddisfare il fabbisogno energetico, garantire l’apparato produttivo e non penalizzare i cittadini, sia in termini di qualità del servizio che di uniformità tariffaria.
E questo ci porta al cuore del problema: dal 1988, il nostro Paese, non ha un Piano Energetico Nazionale.
È mancato per troppo tempo un indirizzo di governo del Sistema e manca una forte volontà politica che si faccia carico della responsabilità di dare unicità ad un tema complesso come la struttura energetica di un Paese industrializzato. A questo proposito, da tempo, la Flaei rivendica la costituzione di un Osservatorio/Cabina di regia presso la presidenza del Consiglio dei ministri, con la partecipazione dei ministeri dello Sviluppo economico e dell’Ambiente e di tutti gli attori del settore (associazioni imprenditoriali, associazioni sindacali, istituzioni locali, ecc.) per sviluppare il coordinamento delle problematiche energetiche e costituire la sede per la pratica della concertazione programmatica.
E’ necessario ed improcrastinabile lo sviluppo di una politica energetica basata sui seguenti fattori: sicurezza degli approvvigionamenti, diversificazione delle fonti energetiche (fossili, nucleari, rinnovabili), efficienza ed economicità del sistema (approvvigionamento, produzione, trasporto, usi finali), salvaguardia dell’ambiente, rilancio della ricerca, efficientamento e risparmio energetico, certezza e chiarezza legislativa.
Colmare il gap, attualmente esistente tra Nord e Sud, passa certamente per uno sblocco delle autorizzazioni, finalizzate alla realizzazione di opere e infrastrutture, come rivendicato anche da Terna, che consentano un contenimento ed una riduzione dei costi, ma, soprattutto, attraverso scelte del Governo chiare ed univoche, che, tra l’altro, forniscano gli strumenti per una regolazione efficace da parte dell’Aeeg, mirata ad uniformare gli standard qualitativi, ad integrare compiutamente il sistema elettrico e a mantenere condizioni tariffarie uniformi per il servizio di maggior tutela.


























