di Paolo Reboani, esperto di relazioni industriali
Ho letto con interesse l’editoriale “Voto e relazioni Industriali. Un futuro difficile”, del quale non condivido però l’analisi. E’ proprio la chiarezza del risultato elettorale unita alla difficile fase economica internazionale e alle emergenze del nostro Paese, che pone Governo e parti sociali nelle migliori condizioni per avviare una fase di modernizzazione delle relazioni industriali. Il risultato elettorale, infatti, ha spazzato via la sinistra alternativa dal Parlamento ma non la sinistra riformista. Anzi questa ultima ne esce rafforzata, priva di condizionamenti alla sua sinistra, ora sì in grado di promuovere scelte riformiste e liberali anche nelle politiche del lavoro, come già hanno fatto i laburisti di Blair e i socialisti di Zapatero.
Come l’editoriale sottolinea, la sinistra alternativa esce dal Parlamento nazionale ma non dal Paese. Né l’esclusione è irreversibile. Come in altre democrazie mature si entra e si esce dal Parlamento in funzione del consenso elettorale. E’ ovvio che oggi quella sinistra non ha il consenso elettorale. Le sue proposte sono state bocciate da una larghissima maggioranza degli italiani. Il suo potere di ricatto, che tanto male ha fatto in questi anni anche alle relazioni industriali, si è rivelato una pistola scarica. Ed è difficile affermare che questo risultato sarà una minaccia per il sindacato, visto che l’insediamento sociale stesso della sinistra alternativa è stato messo in discussione. Né le condizioni dei lavoratori si migliorano con le proposte di un ritorno alla scala mobile, alla contrattazione nazionale oppure alla lotta di classe nelle fabbriche. Si apre, dunque, una fase nuova. E il sindacato ora non ha più alibi né deve avere paure. E questo vale soprattutto per la Cgil, che può tornare ad essere una forza riformista nel sindacato e non quella forza conservatrice ed ideologica a cui la sinistra alternativa l’ha costretta nell’ultimo decennio.
Nessuno mai ha inteso, nel corso del governo Berlusconi del 2001, sferrare un attacco alla Cgil per partito preso. Questa è una favola metropolitana che deve essere sbugiardata. Al contrario, è stata la Cgil che, mossa da paure e condizionamenti politici, si è voluta trasformare in qualcosa di diverso dal sindacato. E ha rifiutato ogni forma di dialogo sin dall’avvio di quel governo. Poi la cieca opposizione al Libro Bianco del mercato del lavoro ha determinato tutto il resto. E il governo decise di non sottostare a quel ricatto. E mi piace ricordare che, se si osserva con attenzione e senza pregiudizi il risultato del governo Berlusconi in materia di lavoro e welfare, occorre riconoscervi una forte ispirazione pro-labour, perché quello era il retroterra culturale degli uomini che hanno governato il dialogo sociale.
Il futuro delle relazioni dunque non è difficile. E’ una grande sfida per la modernizzazione. L’agenda del Libro Bianco del 2001 manca ancora di importanti tasselli ed è venuto il tempo di completare quel mosaico. Se tutti daranno prova di grande responsabilità e di attenzione alle esigenze dei cittadini e dei lavoratori, anzitutto per recuperare salario e reddito perduti in questi anni, senza preclusioni ideologiche, sarà possibile cogliere in tempi rapidi risultati positivi. Ma se l’inizio sarà ancora viziato da vecchi pregiudizi e da sinistri condizionamenti, l’esito sarà esiziale per il sindacato ma anche per il Paese.


























