di Stefano Caffio, dottore di ricerca in Diritto del lavoro, Università di Bari
I testi degli accordi Nexans e Indesit
Introduzione
La gestione delle eccedenze (transitorie e definitive) di personale, e le cause cui è connessa – crisi aziendale, ristrutturazione, riorganizzazione, ecc… – sono sempre fonte di conflitti sindacali perché implicano ricadute negative sull’occupazione. Tuttavia, simili situazioni ‘patologiche’ della gestione aziendale rappresentano al contempo un attendibile banco di prova sia della qualità delle relazioni industriali (specie a livello decentrato, territoriale e/o aziendale), sia per la verifica della tenuta e del funzionamento degli strumenti che l’ordinamento predispone per attenuare le conseguenze sociali delle eccedenze, non solo e non tanto di quelli preordinati alla tutela/integrazione del reddito, quanto piuttosto delle misure mirate alla ricollocazione dei lavoratori in esubero.
I due accordi di cui ci occupiamo hanno origine da esigenze aziendali differenti: nel caso della Nexans si mira a restituire efficienza ai siti produttivi; in quello della Indesit, invece, l’esubero è determinato dalla decisione di dismettere una tipologia di produzione. Entrambi gli accordi, seppur per ragioni e in misura differenti (e al di là dei licenziamenti collettivi ivi programmati), presentano indubbi aspetti positivi, che tenteremo di evidenziare nel presente contributo.
L’accordo Nexans Italia: contestualizzazione
Il 15 dicembre 2006 è stato siglato l’accordo quadro riguardante il piano di rilancio industriale di Nexans Italia S.p.A. Nexans Italia e’ uno dei leader mondiali nella produzione di cavi. L’azienda, attualmente presente sul territorio con tre stabilimenti (Latina, Battipaglia, Offida) e con sede e uffici commerciali a Vimercate (Milano), realizza un’ampia gamma di prodotti che copre tutti i settori di mercato – dall’industria all’edilizia, dalle ferrovie alle telecomunicazioni – e, inoltre, produce sistemi complessi per reti di distribuzione d’energia.
Nata nel 2000 come risultato di una serie di operazioni di riassetto societario (fusioni, scorpori, acquisizioni di pacchetti azionari) di aziende con una storia pluridecennale, a partire dal 2001 Nexans ha avviato un complesso processo di riassetto organizzativo in tutti gli stabilimenti europei, inclusi quelli italiani. In proposito, l’operazione più consistente in termini di riflessi occupazionali è avvenuta nel 2005, quando la Nexans Italia ha definito un piano di riduzione dell’organico di tutti gli stabilimenti italiani – programmando licenziamenti a Latina (48 lavoratori), Vimercate (12) e Battipaglia (10) e la chiusura totale dello stabilimento di Cormano (54) – per un totale di 144 dipendenti. A ciò si deve aggiungere che nel maggio del 2007 la Nexans – Hernesses (altra azienda appartenente alla Holding francese di cui fa parte Nexans Italia) ha di fatto(??) chiuso lo stabilimento di Huizingen (Belgio), dichiarando l’intenzione di trasferire la produzione in Slovacchia (1).
E’ in questo contesto che – ai fini di una valutazione – deve essere inquadrato l’accordo Nexans.
Il contenuto dell’accordo Nexans Italia
Il piano di rilancio oggetto dell’accordo prende le mosse dall’analisi della negativa situazione aziendale dovuta alle cospicue perdite d’esercizio che, in assenza di interventi di riassetto organizzativo adeguati, “costringerebbero” la Nexans alla “inevitabile totale dismissione delle produzioni in Italia”.
Il rilancio aziendale viene perseguito attraverso azioni da condurre su aspetti dell’attività correlati ma, al contempo, distinti: il primo riguarda la nuova strategia di mercato e consiste nella focalizzazione dell’attività aziendale su clienti e prodotti a più elevato valore aggiunto; il secondo concerne, invece, la vera e propria riorganizzazione della produzione attraverso la specializzazione dei siti produttivi di Latina e di Battipaglia.
Il nesso di complementarietà tra le due operazioni emerge dal fatto che l’azienda cerca di recuperare competitività (e margini positivi di profitto), per un verso, attraverso il potenziamento di alcune linee produttive, come testimonia l’ammontare degli investimenti che l’azienda intende destinare all’operazione (4,8 milioni di euro di cui poco meno di 3,1 milioni destinati al sito di Latina); per l’altro verso, migliorando l’efficienza produttiva mediante la riduzione dei costi variabili (scarti, sovra consumi, rispetto degli standard produttivi) e dei costi fissi di struttura e di stabilimento, a cui dovrebbe condurre (anche, ma non solo) la specializzazione produttiva.
Proprio questa parte del piano, mirante a conferire all’azienda una organizzazione più snella, produce effetti sui livelli occupazionali. Infatti, il riassetto comporta una riduzione (massima) dell’organico di 32 lavoratori a tempo indeterminato e appartenenti alla c.d. area del “personale indiretto” (per lo più dipendenti amministrativi) nelle sedi di Latina e di Vimercate.
Lasciando da parte valutazioni di merito sulle scelte organizzative dell’azienda riguardo al dimensionamento dell’organico, la previsione di questi licenziamenti, che pur si aggiunge ai numerosi altri avvenuti nei cinque anni precedenti, va letta nel contesto dell’obiettivo di salvare il complesso produttivo anche attraverso nuovi investimenti, che dovrebbero garantire il mantenimento di un numero di posti di lavoro ben più elevato di quelli persi in conseguenza del riassetto. D’altra parte, l’alternativa dichiarata dalla proprietà aziendale era la completa dismissione dei siti produttivi italiani, una minaccia più che concreta considerato l’esito della vicenda dello stabilimento di Cormano nel 2005, allorquando la Nexans decise di procedere ai licenziamenti collettivi senza neanche preventivamente richiedere l’intervento straordinario della cassa integrazione guadagni.
Occorre rilevare, peraltro, che in sede di avvio della procedura ex art. 4, legge n. 223/1991, i lavoratori dichiarati in esubero, dai 32 originariamente previsti nell’accordo sul piano di rilancio di dicembre, sono prima diminuiti a 29 unità e poi, definitivamente, a 26 con l’accordo stipulato il 19 marzo del 2007 presso la Regione Lazio nel corso delle procedure di mobilità. Quanto alle soluzioni adottate in questa sede per fronteggiare l’impatto sociale delle eccedenze, ad alcuni lavoratori è stato riconosciuto l’accesso al pensionamento attraverso la mobilità; per altri, invece, sono stati previsti incentivi economici all’esodo. Infine, per evitare la messa in mobilità di alcune figure professionali evidentemente importanti per l’azienda ma comunque in sovrannumero, nell’accordo di mobilità è stata prevista la trasformazione a tempo parziale di alcuni (?) contratti a tempo pieno, l’assegnazione a mansioni diverse – anche in deroga all’art. 2103 cod. civ. (ex art. 4, co. 11, l. n. 223/1991) – di altri lavoratori e, infine, il trasferimento di alcuni dipendenti in altri siti produttivi.
Ripercorrendo la storia degli ultimi 5 anni di Nexans, il raggiungimento dell’accordo sul rilancio dell’azienda sembra essere il risultato di una scelta quasi obbligata da parte delle rappresentanze sindacali poste di fronte all’alternativa di accettare l’ennesima perdita di posti di lavoro ovvero la chiusura totale degli stabilimenti. Ciò nonostante, si tratta di un risultato apprezzabile per almeno due ordini di ragioni. Quanto al primo, occorre sottolineare che il raggiungimento del duplice accordo (sul rilancio e sulla mobilità) è sintomatico di relazioni sindacali, specie a livello aziendale (e almeno con riferimento al territorio italiano), non deteriorate dalla pluriennale situazione di difficoltà in cui l’azienda versa: lo si evince dai numerosi incontri che hanno preceduto e seguito (nella fase di attuazione) il piano di rilancio (2).
Peraltro, l’atteggiamento della direzione aziendale va confrontato con quello ben diverso tenuto nello stabilimento belga, chiuso a maggio del 2007 (v. supra) senza alcun preavviso e con una possibile violazione – oltre che delle procedure di informazione e di consultazione in caso di licenziamenti collettivi, ex Dir. 98/59/CE, anche – degli obblighi procedurali imposti dalla Direttiva 94/45/CE, riguardante l’istituzione di un comitato aziendale europeo nelle imprese e nei gruppi di imprese di dimensioni comunitarie. Lasciando da parte la questione di merito, che secondo la Commissione europea va risolta secondo la normativa nazionale francese di attuazione della citata direttiva (3), la vicenda richiama l’attenzione sulla ulteriore area problematica della rilevanza sovranazionale (in specie, europea) degli interessi in gioco e, dunque del livello al quale le consultazioni andrebbero effettuate, in aggiunta a quelle previste dalla normativa nazionale (italiana) ed europea in materia di licenziamenti collettivi. Un problema, quest’ultimo quando le riorganizzazioni mirate alla specializzazione dei siti produttivi vengono poste in essere da impresa di dimensione europea (come definita dalla dir. 94/45/CE), in ragione delle evidenti seppur indirette implicazioni che siffatte operazioni producono (anche solo potenzialmente) per tutte le unità produttive appartenenti alla multinazionale (4).
Il secondo ordine di ragioni che permette di apprezzare l’accordo raggiunto riguarda l’uso “proprio” degli strumenti di tutela del reddito per la gestione delle eccedenze di personale. Infatti, prima l’accordo per il rilancio, poi l’accordo sulla mobilità evidenziano sin dall’inizio il carattere strutturale e definitivo delle eccedenze, evitando un improprio ricorso preventivo all’intervento straordinario della cassa integrazione. D’altra parte, come è noto, la legge n. 223/1991 (art. 5) sanziona economicamente un siffatto comportamento da parte delle imprese: una eventualità, quest’ultima, che andava sicuramente evitata nel caso della Nexans, per la quale i maggiori problemi sembrano essere di natura finanziaria, prima ancora che industriale/produttiva (5).
L’accordo Indesit Company
Il 5 luglio 2006, nell’ambito del processo di riduzione del personale avviato dalla Indesit Company nel maggio dello stesso anno nello stabilimento di Refrontolo (Treviso), è stato sottoscritto un accordo di gestione delle eccedenze di personale che ha i suoi più significativi punti di forza (e di positività) nelle azioni e nelle misure programmate per la ricollocazione dei lavoratori in esubero e nel diretto coinvolgimento della Provincia in qualità di parte firmataria dell’accordo.
La situazione di crisi nasce da una (insindacabile) scelta di strategia aziendale di focalizzare l’attività su una sola tipologia di produzione, con conseguente cessazione integrale dell’altra linea produttiva.
L’accordo, dopo aver stabilito il preventivo ricorso all’intervento straordinario di cassa integrazione per cessazione parziale dell’attività (6), con successiva collocazione in mobilità degli stessi lavoratori, e dopo aver dettato i criteri di scelta con le relative modalità applicative (ex art. 5 l .n. 223/1991), passa alla descrizione del piano di gestione degli esuberi.
In particolare, si prevede anzitutto un contributo in cifra fissa – di ammontare inversamente proporzionale al livello di inquadramento (e dunque alla professionalità in possesso) del lavoratore – erogato dalla stessa Indesit Company alle imprese che assumano a tempo indeterminato i lavoratori collocati in mobilità. La misura presenta notevoli potenzialità, in quanto il beneficio economico contemplato dall’accordo andrebbe a sommarsi sia al premio di assunzione previsto dall’art. 8, co. 4, l. n. 223/1991 per le imprese, che senza esservi tenute (7), assumano a tempo indeterminato lavoratori beneficiari della indennità di mobilità, sia agli sgravi contributivi previsti dall’art. 25, co. 9 l. n. 223/1991.
Oltre agli incentivi economici per la ricollocazione, l’accordo prevede il diretto impegno dell’azienda nella ricerca di nuova occupazione per i lavoratori licenziati. La misura non costituisce una novità, dal momento che già la legge n. 223/1991 in qualche modo la contempla, laddove riconosce all’impresa che procuri una nuova occupazione (a tempo indeterminato) ai dipendenti dismessi l’esonero dal pagamento delle restanti rate per il finanziamento dei costi della indennità di mobilità (8). Innovative, invece, sono le modalità attraverso le quali l’obiettivo viene perseguito, non solo perché nell’accordo si prevede il diretto coinvolgimento degli enti pubblici competenti (inclusi i servizi per l’impiego), quanto per il fatto che l’intera operazione (e la sua buona riuscita) poggiano su una preventiva rilevazione dei fabbisogni professionali del territorio trevigiano.
Per l’attuazione del progetto l’accordo prevede incontri di presentazione e di raccolta di adesioni allo stesso da parte dei lavoratori e, soprattutto, confronti individuali finalizzati a tracciare una mappa delle competenze (e delle esigenze e disponibilità) di ogni singolo dipendente e a valutarne la rispondenza ai fabbisogni professionali e alle offerte di lavoro delle aziende operanti nel territorio, nonché al fine di effettuare interventi formativi di qualificazione e/o di riqualificazione. Sono previste, inoltre, procedure di verifica sull’andamento del progetto di ricollocazione.
Infine, viene predisposto un articolato programma di dimissioni incentivate (che si unisce al beneficio delle misure per la ricollocazione), nel quale gli incentivi economici erogati dall’azienda risultano di ammontare (lievemente) crescente rispetto all’anzianità aziendale dei lavoratori e decrescenti rispetto al ritardo con il quale vengono presentate le dimissioni, fermo restando un ammontare minimo.
Alcune considerazioni sull’accordo Indesit Company
L’intesa raggiunta per la gestione delle riduzioni di personale presso lo stabilimento Indesit di Refrontolo offre l’opportunità di svolgere qualche considerazione su un duplice aspetto: la responsabilità sociale manifestata dalla direzione aziendale e i benèfici effetti di una sinergia con gli operatori e gli enti pubblici territoriali.
Sotto il primo profilo, il gravoso impegno contrattualmente assunto dall’azienda assume i connotati di un vero e proprio “piano sociale” di gestione delle eccedenze. Come è noto, il contenuto vincolato della comunicazione di avvio della procedura per il licenziamento collettivo e, in particolare, l’indicazione fin dal principio delle possibili misure alternative (9) – insieme a tutti gli obblighi procedurali rigorosamente determinati anche nella tempistica – sono sintomatici della rilevanza sociale e collettiva delle riduzioni di personale disciplinate dalla legge n. 223/1991, al punto che la dottrina ha configurato il confronto sindacale come un vero e proprio “obbligo a trattare” per il datore di lavoro (10). In proposito, si può certamente condividere l’avviso di chi intravede – tanto negli obblighi procedurali quanto nella indicazione delle misure per ridurre l’impatto dei licenziamenti collettivi – l’attribuzione all’impresa “di compiti di stabilizzazione sociale, che vanno al di là di quel coinvolgimento meramente indiretto che deriva dalla contribuzione al finanziamento delle forme di sostegno al reddito dei lavoratori licenziati”; ma che al contempo ritiene il «piano sociale» una misura ancora “debole” e “poco incisiva” nella legislazione italiana in ragione della mera eventualità della sua indicazione nella comunicazione iniziale di eccedenza (11).
Proprio alla luce di quest’ultima considerazione emerge con tutta evidenza quanto apprezzabile sia il contenuto dell’accordo Indesit, che si è contrattualmente impegnata ben al di là delle previsioni di legge. Un impegno, quest’ultimo, evidentemente reso fattibile anche dalla possibilità dell’impresa di usufruire dell’efficace sostegno degli enti locali.
E veniamo così al secondo dei due profili sopra richiamati. In effetti, il “piano sociale” predisposto da Indesit va inquadrato nel Piano Territoriale Integrato “Politiche attive del lavoro per l’occupabilità” – sottoscritto dalle parti sociali e da enti e altri operatori territoriali, oltre che dalla stessa Provincia di Treviso -, che individua, tra le azioni prioritarie da intraprendere per la promozione della (ri)occupazione, anche misure mirate a al reinserimento lavorativo di soggetti espulsi dai processi produttivi.
A parte lo specifico contenuto del piano, l’aspetto che desta maggiore interesse è costituito dalla circostanza che l’ente provinciale – a differenza di quanto normalmente accade nella gestione di eccedenze di personale – non si limita a svolgere un ruolo di mediazione tra le parti in conflitto, ma si obbliga direttamente a sostenere il piano di ricollocazione predisposto dalle parti sociali sottoscrivendo l’accordo per la riduzione di personale in Indesit.
E’ appena il caso di sottolineare che si tratta di un onere consistente, se si considera che l’impegno assunto va dalla ricognizione della domanda di lavoro sul territorio alla predisposizione delle azioni (specie formative e di riqualificazione) necessarie per favorire l’incontro con l’offerta di professionalità liberatesi nel mercato in conseguenza dei licenziamenti operati dalla Indesit.
In definitiva, si è di fronte ad una buona prassi, che ha portato in pochi mesi al reinserimento di tutti i lavoratori espulsi. E seppure un simile risultato, come pure l’approccio triangolare alla gestione della crisi, possono considerarsi certamente agevolati da un tessuto produttivo dinamico e ricco quale è quello della provincia veneta, è altresì indiscutibile che l’esito positivo del progetto è stato conseguito proprio grazie al buon funzionamento degli strumenti e delle infrastrutture (i servizi pubblici per l’impiego, in particolare) della politica locale del lavoro, che da sole non creano posti di lavoro, ma che, se efficienti, quanto meno favoriscono l’incontro tra domanda e offerta di professionalità.
1 Si v. in proposito l’interrogazione alla Commissione europea del 21 giugno 2007 da parte dell’on. Mia De Vits, in http://www.europarl.europa.eu/sides/getDoc.do?pubRef=-//EP//.
2 Si vedano tuttavia le affermazioni contenute nel comunicato unitario FILCEM CGIL, FEMCA CISL, UILCEM UIL del 6 giugno 2007, all’esito di uno degli incontri di verifica sull’attuazione del piano aziendale, in cui le OO.SS. parlano di relazioni sindacali “poco fluide”, http://www.filcemcgil.it/modules.php?op=modload&name=News&file=article&sid=846.
3 Si v. in proposito la risposta all’interrogazione alla Commissione europea del 21 giugno 2007 richiamata in nota n. 1. Peraltro, la Nexans ha provveduto alla costituzione del CAE mediante accordo del 16 luglio 2003.
4 Peraltro, in tale prospettiva, è appena il caso di sottolineare che, negli ultimi anni, i diritti di informazione e consultazione dei lavoratori sono stati ulteriormente rafforzati ad opera degli interventi a livello comunitario. Ci si riferisce in particolare alla direttiva 2002/14/CE (attuata in Italia con D.lgs. n. 25/2007) che stabilisce un quadro generale relativo alla informazione e consultazione dei lavoratori nella Comunità europea, ma anche alla direttiva 86/2001/CE (attuata in Italia con d.lgs. n. 188/2005).
5 Si v. in proposito quanto affermato nel comunicato unitario FILCEM CGIL, FEMCA CISL, UILCEM UIL del 13 ottobre 2006, all’atto della presentazione alle OO.SS e alle RSU del piano di rilancio aziendale Nexans.
6 Causa integrabile, quest’ultima ammessa in virtù del DM 18 dicembre 2002 che detta i criteri per la concessione dell’intervento straordinario per crisi aziendale. Peraltro, in proposito, si v. anche quanto previsto dall’art. 1, D.L. n. 249/2004, conv. con mod. in L. n. 291/2004 che amplia la possibilità di accesso alle integrazioni salariali straordinarie in caso di cessazione (totale o parziale) dell’attività aziendale.
7 Il riferimento è all’art. 15, co. 6, l . n. 264/1949 mod. dall’art. 8 del d.lgs. n. 297/2002 che stabilisce il diritto di precedenza dei lavoratori collocati in mobilità in caso di assunzioni operate dall’impresa ex datrice di lavoro.
8 Art. 5, co. 5, l. n. 223/1991.
9 Art. 4, co. 3, l. n. 223/1991.
10 Nel senso del testo la dottrina maggioritaria. Tuttavia non mancano posizioni discordi che qualificano il confronto sindacale quale un mero onere di consultazione. Per le diverse posizioni, v. per tutti, CHIECO P., Licenziamenti collettivi –III – Nuova Disciplina, in EGT, 1998, p. 14.
11 DEL PUNTA R., I licenziamenti collettivi, in PAPALEONI M., DEL PUNTA R., MARIANI M., La nuova Cassa integrazione guadagni e la mobilità, Cedam, Padova, 1993, p. 241 ss., spec. p. 304.



























