di Cristina Tajani – Dipartimento di studi del lavoro e del welfare, Università di Milano
1. Con il referendum svoltosi nei primi giorni del mese di novembre è stata approvata l’intesa tra le parti sulla cessione di ramo d’azienda operata da Vodafone Italia. I lavoratori di Vodafone che saranno trasferiti alla società Comdata hanno approvato l’ipotesi di intesa, stipulata il 25 ottobre presso il Ministero dello Sviluppo Economico, tra le due aziende (Vodafone e Comdata) e i sindacati sulle condizioni della cessione. I dipendenti interessati dalla cessione di ramo d’azienda, annunciata lo scorso settembre, sono in totale 914 distribuiti su varie sedi territoriali.
L’esito della votazione rispecchia le perplessità espresse dai lavoratori sull’operazione di cessione che, nelle scorse settimane, è balzata all’onore della cronaca economica dei principali mezzi d’informazione nazionali. L’ipotesi, infatti, è stata approvata con una maggioranza non schiacciante dei votanti (il 57,4%). I partecipanti al voto sono stati 707 su 914 aventi diritto (cioè tutti i dipendenti coinvolti nella cessione). Tra i votanti 406 lavoratori hanno espresso parere favorevole, 291 parere contrario all’accordo, mentre si sono contate 10 schede bianche e/o nulle. L’espressione di voto dei lavoratori ha segnalato orientamenti diversi tra le sedi della società: nella sede romana e in quella napoletana, infatti, sono prevalsi i no, in quella milanese i sì, ma solo con tre voti di scarto. Più convinti dall’ipotesi di accordo si sono, invece, mostrati i lavoratori delle sedi di Padova e Ivrea che hanno approvato l’accordo a larghissima maggioranza.
2. A pesare sul giudizio dei lavoratori ha concorso non tanto il merito dell’intesa, ma l’opportunità dell’intera operazione. Questa considerazione trova riscontro nelle parole dello stesso segretario generale dell’Slc-Cgil, Emilio Miceli, tra i firmatari dell’accordo, che a conclusione del voto ha ribadito il giudizio negativo della categoria sull’intera cessione (giudicata “sbagliata”), rispetto alla quale l’accordo si configura come il tentativo di costruire un sistema di garanzie e tutele per i lavoratori interessati, ma non come un avvallo della cessione. Sotto accusa da parte sindacale, infatti, rimane la norma del decreto 276/2003 che consente la cessione di ramo d’azienda anche nei casi in cui non sussista una precedente autonomia funzionale del ramo oggetto di cessione. È questo il caso dei 914 lavoratori Vodafone, non organizzati in un’unica area funzionale autonoma.
Dunque, ancora prima che sul merito dell’intesa, i lavoratori si sono divisi sull’opportunità di giungere ad un accordo (che, a parere di alcuni, di fatto riconosce la legittimità della cessione) invece che continuare la mobilitazione anche attraverso strumenti legali (con l’obiettivo di dimostrare l’illegittimità dell’operazione).
Le maggiori perplessità emerse nelle assemblee dei lavoratori, infatti, si sono concentrate più sull’affidabilità dell’azienda di destinazione della cessione, la Comdata S.p.A., piuttosto che sui contenuti dell’accordo. La Comdata S.p.A., infatti, non sarà la diretta cessionaria dei lavoratori esternalizzati. In vista della cessione la società ha provveduto alla costituzione di un’altra società, controllata al 100% dalla prima, e denominata Comdata Care S.r.l.. Quest’ultima sarà trasformata, secondo gli impegni presi in sede negoziale, entro il mese di novembre 2007 in Comdata Care S.p.A.
È a Comdata Care che verranno conferiti i lavoratori di Vodafone (e non alla sua controllante), in regime di monocommittenza. Questi due aspetti (il regime di monocommittenza e il curriculum dell’azienda cessionaria insieme al complicato assetto societario) si sono rilevati i più problematici nel giudizio dei lavoratori e dei loro rappresentanti.
A parere di chi scrive, queste considerazioni aiutano a interpretare il voto dei lavoratori su un’intesa che pure presenta aspetti positivi dal punto di vista delle tutele e delle garanzie riconosciute ai lavoratori trasferiti. Non è un caso, infatti, che i tre sindacati di categoria firmatari dell’intesa (Slc-Cgil, Fistel-Cisl, Uilcom-Uil) abbiano precisato, in una nota unitaria diffusa al termine dell’incontro in cui è stato stipulato l’accordo, di aver ribadito, durante lo stesso incontro, “la contrarietà delle OO.SS. al progetto di esternalizzazione confermando il parere negativo già espresso durante la procedura”.
E’ questa la ragione per cui i primi articoli dell’accordo firmato il 25 ottobre presso il Ministero dello Sviluppo Economico sono volti a puntualizzare le posizioni delle parti: quella dei sindacati in merito alla procedura, e quella dell’azienda in merito agli obiettivi della cessione (ovvero avviare un processo di focalizzazione e specializzazione delle competenze, anche attraverso aziende partner, con l’obiettivo di “migliorare la qualità del servizio offerto alla propria clientela”, secondo quanto indicato nel piano industriale dell’azienda). L’accordo registra, a questo punto, l’impegno richiesto dai sindacati a Vodafone Italia di non esternalizzare in futuro attività e lavoratori per la rete e per il customer care per tutto il periodo coperto dal piano industriale (ovvero fino al 2010).
3. Sono, invece, i successivi punti dell’accordo a definire le condizioni della cessione con particolare riguardo alle tutele e alle garanzie contrattate per i lavoratori coinvolti. Ne analizziamo gli aspetti di maggior rilievo.
1. In primo luogo l’accordo stabilisce che, in caso di nuove assunzioni, Comdata Care applicherà ai nuovi assunti le stesse norme valide per i lavoratori di provenienza Vodafone, questo al fine di evitare il doppio regime. Si tratta di una norma a garanzia di eventuali nuovi assunti che, come ovvio, non interessa i lavoratori ceduti ma che appare comunque degna di nota.
2. Al punto successivo si chiarisce che ai lavoratori ceduti si applicheranno tutti i diritti e le tutele economiche e normative previste dai diversi accordi collettivi nazionali e aziendali nonché i benefit erogati dall’azienda (come gli asili nidi e le accelerazione delle azioni del piano “all shares”). Questo significa che Comdata si impegna ad applicare ai lavoratori ceduti il CCNL delle Telecomunicazioni, vigente per Vodafone, ed i contratti integrativi stipulati dall’azienda cedente che regolano, tra le altre cose, le norme per l’erogazione del premio di risultato. A proposito del premio di risultato, l’intesa stabilisce che Vodafone Italia trasferirà a Comdata Care il premio di risultato maturato alla data del trasferimento valorizzato al 100% del target, inoltre per il periodo novembre 2007 – marzo 2008 Comdata Care procederà alla valorizzazione del premio mantenendo il 100% del target che sarà erogato con le competenze di luglio 2008. Il limite stabilito del 100% del target potrebbe rivelarsi svantaggioso per i lavoratori ceduti in quanto, presso Vodafone, si sono spesso superati i target per l’attribuzione del premio.
3. In relazione alla definizione della vigenza contrattuale, l’intesa specifica che, a seguito del trasferimento del ramo d’azienda, i dipendenti già iscritti al fondo pensionistico manterranno l’iscrizione allo stesso Fondo Telemaco, secondo le modalità e le condizioni in essere al momento del trasferimento. In realtà la norma appare superflua in quanto la cessione non si configura come una causale di risoluzione del contratto con il fondo (per di più in un caso, come questo, in cui i lavoratori non transitano da un CCNL ad un altro).
4. E’ da giudicare positivamente, almeno dal punto di vista dell’asserzione di volontà, il fatto che Comdata Care si impegni nel testo dell’intesa ad attuare un piano formativo teso a garantire lo sviluppo delle competenze e l’adeguato aggiornamento professionale delle risorse trasferite.
5. Un punto particolarmente valorizzato dai sindacati riguarda l’impegno delle due aziende, Vodafone e Comdata, a garantire la piena stabilità occupazionale per i 7 anni della commessa, fatte salve le dimissioni volontarie e i licenziamenti per giusta causa. La durata settennale della commessa, però, costituisce un oggettivo termine di verifica nella relazione tra Vodafone e Comdata che ha costituito oggetto di preoccupazione per i lavoratori. L’accordo regolamenta, inoltre, l’ipotesi (non escludibile a priori) di risoluzione anticipata della commessa. In questo caso Vodafone garantirà che le attività siano assegnate ad un soggetto terzo a cui passeranno i lavoratori, senza soluzione di continuità, con il diritto a seguire le attività, garantito a tutti i lavoratori oggetto della cessione. L’aspetto problematico di questa norma consiste nel fatto che l’eventuale terzo soggetto potrebbe non riconoscersi in questa intesa (poiché non è tra i firmatari del documento). Inoltre l’intesa non contempla la possibilità che a risolvere il contratto sia Comdata e non Vodafone (perché magari diventata troppo onerosa per l’azienda). In questo caso non risulta chiaro quale potrebbe essere il destino dei lavoratori.
6. Particolare preoccupazione, durante la procedura di esternalizzazione, è stata manifestata dai lavoratori in merito al possibile fallimento della società cessionaria. A questo proposito l’accordo stabilisce che in caso di fallimento del gruppo Comdata (che risponde in solido della sua controllata Comdata Care) Vodafone si debba impegnare a trovare un soggetto terzo presso cui far transitare senza soluzioni di continuità tutti i lavoratori o, in alternativa, a riassumere tutti i lavoratori in Vodafone. In questa formulazione, però, resta ambiguo quale dovrebbe essere il ruolo di Vodafone in caso di difficoltà economiche dell’azienda cessionaria tali da non spingersi fino al fallimento della stessa.
7. L’accordo prevede, ancora, che i lavoratori ceduti abbiano il diritto a non essere trasferiti fuori dal comune dove lavorano al momento della cessione, questo con l’ovvio obiettivo di escludere peggioramenti nelle condizioni di lavoro dei dipendenti o azioni di pressione dell’azienda nei confronti degli stessi.
8. In chiusura dell’accordo si ribadisce la durata settennale della commessa e la possibilità di rinnovarla da parte di Vodafone. Inoltre si stabilisce che in ogni caso le attività non potranno essere subappaltabili. In questo modo si stabilisce che Comdata non potrà ricorrere ad ulteriori sub-commesse per eseguire il lavoro cedutogli da Vodafone.
9. Nell’ultimo punto dell’intesa le parti ribadiscono il principio condiviso per cui lavoratori ed attività sono tra loro legati e un anno prima del termine della commessa le OO.SS. e Vodafone si incontreranno per verificare la continuità occupazionale oltre i 7 anni della commessa.
4. Gli aspetti dell’intesa giustamente valorizzati dalle parti riguardano le garanzie occupazionali e normative e l’impegno di Vodafone a far fronte ad eventuali vicende avverse dell’azienda cessionaria Comdata. Infatti è chiaramente stabilito nel testo il principio secondo il quale per 7 anni successivi all’esternalizzazione le due aziende sono impegnate a non ridurre l’occupazione e che tale garanzia occupazionale – in base al principio per cui “il lavoratore segue la commessa” – si proroga nel tempo. In altri termini l’esternalizzazione, almeno per i primi anni, sembra non configurarsi come un preludio per successivi tagli occupazionali. Di rilievo è anche l’impegno di Vodafone, in caso di fallimento di Comdata, nei confronti dei lavoratori ceduti fino a prevedere la riassunzione di tutti. Come già anticipato, però, rimane ambiguo il ruolo di Vodafone in caso di altre vicende negative che coinvolgano Comdata S.p.A. e/o Comdata Care, senza arrivare al caso estremo del fallimento. Inoltre è da segnalare che nell’accordo vengono nominate indifferentemente Comdata S.p.A. e Comdata Care S.r.l. (futura S.p.A.), sebbene si tratti di soggetti giuridici differenti. La qual cosa potrebbe provocare difficoltà nell’attribuzione delle responsabilità in capo alle due aziende in caso di controversia.
Al netto di queste considerazioni, gli aspetti positivi dell’accordo sono, nel complesso, significativi. Ciò che però sussiste è la perplessità dei lavoratori e dei loro rappresentanti sindacali circa l’esternalizzazione non di una “funzione” aziendale, ma semplicemente di un migliaio di dipendenti. L’azienda ha infatti agito interpretando alla lettera il d.lgs 276/2003 che consente di esternalizzare rami aziendali per cui non viga una preesistente autonomia funzionale. A parere di chi scrive, questo appare, in definitiva, l’aspetto più problematico dell’intera operazione di cessione.

























