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Home - Approfondimenti - Analisi - Il nuovo contratto

Il nuovo contratto

3 Agosto 2007
in Analisi

di Cristina Tajani, Dipartimento di studi del lavoro e del welfare, Università di Milano

L’ipotesi di accordo per il rinnovo del contratto dei lavoratori dei Ministeri, firmato il 14 luglio scorso da Cgil-Cisl-Uil e Aran, sembra contenere una prima risposta, da parte dei sindacati, all’infocato dibattito sul lavoro pubblico (e la sua presunta inefficienza) ospitato dai principali quotidiani italiani. Il salario di produttività e la valutazione degli uffici da parte dei cittadini sono gli strumenti scelti dai firmatari dell’accordo per incrementare l’efficienza dei pubblici dipendenti, in linea con gli impegni presi da Governo e sindacati nel cosiddetto “memorandum sul pubblico impiego” firmato lo scorso gennaio.

Il rinnovo del contratto dei ministeriali arriva dopo 18 mesi di braccio di ferro fra sindacati e governo e coinvolge circa 200 mila dipendenti (si veda tabella in calce), esclusi i dirigenti, che potranno accedere agli incrementi salariali previsti per il biennio economico 2006-2007. Di fianco al biennio economico, il contratto rinnova anche la parte normativa per il 2006-2009. Da questo punto di vista l’intesa raggiunta è perfettamente rispondente al modello contrattuale vigente: la parte economica ha validità biennale e non triennale, come invece sembrava profilarsi nel documento di carattere politico e non contrattuale (il “memorandum”) firmato a inizio anno con il Governo. La novità risiede, invece, nel fatto che i due capitoli del contratto (economico e normativo) sono destinati ad intrecciarsi strettamente a causa dell’introduzione di meccanismi di certificazione della produttività e di valutazione (da parte dei dirigenti e del pubblico) che peseranno sulla determinazione del salario dei lavoratori, oltre a rappresentare una novità per il comparto.


L’aumento salariale, per il momento, è pari a circa 93 euro per 13 mensilità che il governo si è impegnato a portare a regime a 101 euro, utilizzando le risorse aggiuntive che verranno stanziate nella prossima finanziaria. L’intesa ha anche portato alla perequazione delle indennità di amministrazione tra i vari ministeri, a decorrere dal 31 dicembre 2007, e a omogeneizzare la retribuzione tra i dicasteri accorpati.
L’aggancio della retribuzione ai risultati avviene attraverso due livelli di riconoscimento della produttività: uno collettivo, cui possono intervenire i cittadini, l’altro individuale, la cui gestione spetta al dirigente di turno su obbiettivi fissati in precedenza all’assegnazione dell’incarico.
Il contratto, infatti, recita che «al grado di soddisfacimento dei cittadini, registrato mediante rilevazioni ed indagini, sarà destinato il 30% delle somme variabili del Fua (Fondo Unico di Amministrazione)». Al merito individuale andrà invece il 20% sempre del Fua e il 50% circa dei risparmi su tutte le spese di gestione del personale che prima venivano restituiti al bilancio statale ed ora torneranno in parte ai dipendenti (si veda il testo dell’accordo riportato in Documentazione).
In altri termini su un aumento di 101 euro, 8 andranno alla produttività e saranno contrattabili con l’integrativo. In particolare 5 di questi verranno erogati in base ai nuovi strumenti in maniera così ripartita: circa 3 euro saranno destinati in base ai risultati di qualità giudicati dal pubblico (ogni ufficio dovrà affiggere una “Carta dei Servizi” sulla base della quale i cittadini potranno formulare la propria valutazione compilando apposite schede) e circa 2 euro saranno gestiti dal dirigente ma in base a criteri che derivano dalla contrattazione e che verranno stabiliti a inizio incarico.
La produttività verrà erogata in percentuale agli obiettivi raggiunti: se il dipendente non si sentisse ben valutato, potrà ottenere un contraddittorio con il dirigente, assistito dal sindacato. A queste risorse si devono aggiungere i fondi della contrattazione integrativa e poi, come già segnalato, la novità dei risparmi di gestione del personale. In base a tutte queste risorse il salario accessorio si potrà incrementare fino a un 30% (sommando tutte le voci al massimo).
Per chiudere la catena della valutazione (il dirigente cui spetta di gestire una parte del salario del dipendente verrà a sua volta giudicato?) i sindacati si sono impegnati a chiedere che nel contratto dei dirigenti, in linea con il “memorandum”, il risultato dei dirigenti sia ancorato a quello generale dell’ufficio.


Queste novità nella definizione della parte variabile della retribuzione si rifletteranno anche nel nuovo sistema di classificazione del personale articolato su tre aree, all’interno delle quali sussistono diversi profili retributivi. Il nuovo sistema di classificazione del personale (così come rappresentato anche nella piattaforma unitaria da Cgil-Cisl-Uil) nell’intenzione dei firmatari ha l’obbiettivo di legare le opportunità di carriera, giuridica ed economica, ai risultati conseguiti dai dipendenti, tenendo conto della qualità, dell’esperienza e delle prestazioni lavorative. Particolare enfasi, inoltre, viene posta sulla formazione continua come strumento di progressione professionale.
Sempre nell’ottica di migliorare l’efficienza del settore pubblico, l’accordo dedica un intero capitolo alla definizione delle regole per la mobilità dei lavoratori all’interno dell’amministrazione. Si tratta di una questione su cui diversi osservatori si sono concentrati nelle passate settimane sulle colonne dei quotidiani nazionali (può un lavoratore pubblico rifiutare la mobilità all’interno della stessa amministrazione in cui è impiegato?). L’accordo in oggetto, oltre a favorire la mobilità volontaria, prevede forme di incentivazione per spingere i dipendenti alla mobilità verso funzioni e amministrazioni a maggior carenza di personale.


Come ultima questione che rappresenta un tratto di novità dell’accordo c’è il capitolo sulle esternalizzazioni. I sindacati hanno ottenuto che in futuro, qualora l’amministrazione intenda procedere all’esternalizzazione di qualche funzione, lo possa fare solo dopo un preventivo confronto con il sindacato, nel quale la dirigenza si impegni a giustificare l’economicità e l’efficienza dell’operazione. In maniera originale rispetto al passato, poi, l’intesa stabilisce un percorso di reinternalizzazione, in base al criterio di «attività tipica della missione istituzionale dell’amministrazione». Ovvero qualora nel passato si sia proceduto ad affidare all’esterno funzioni “tipiche” dell’amministrazione, si potrà procedere a reinternalizzarle. Questo anche al fine di contrastare le forme di precariato che spesso caratterizzano le funzioni gestite all’esterno, mentre non si prevedono percorsi di stabilizzazione specifici per i contratti atipici già in essere presso le amministrazioni del comparto, anche se la finanziaria 2007 aveva già stabilito un percorso di stabilizzazione di alcuni contratti a termine valido, in generale, per le Pubbliche Amministrazioni.


Il vero segno dell’intesa, però, resta quello relativo ai due livelli di valutazione delle prestazioni dei dipendenti coinvolti. Si tratta di una scelta contrattuale che ha il sapore politico della reazione ad un’offensiva, abbastanza palpabile nel dibattito pubblico, verso il lavoro nella P.A. Le rappresentanze dei lavoratori hanno deciso di reagire, con il “memorandum” prima, e con questo accordo dopo, costruendo meccanismi di verifica dell’efficienza del lavoro pubblico. Quanto questi meccanismi risulteranno praticabili e adatti allo scopo che si sono prefissi è cosa che si valuterà col tempo. Per il momento è possibile osservare che l’aggancio di una parte della retribuzione al giudizio del dirigente acquisterà spessore quando anche i dirigenti saranno sottoposti a forme di valutazione del proprio operato. Il rischio di connivenze tra “controllori” e “controllati” o di decisioni arbitrarie risulta, infatti, plausibile.
Per quanto riguarda, invece, il controllo esterno, ovvero quello esercitato dai cittadini attraverso la propria valutazione dei servizi ricevuti, si tratta di una scelta che riflette la buona intenzione di avvicinare i cittadini alle amministrazioni ma che produrrà effetti soprattutto in relazione alle funzioni più direttamente esposte al contatto con il pubblico. Ovvero le funzioni di front-office, mentre la gran parte del lavoro delle amministrazioni pubbliche (quello che effettivamente fa funzionare la “macchina”) è spesso nascosto agli occhi del pubblico. Fatto salvo il diritto dei cittadini a non essere maltrattati negli uffici pubblici, questo secondo livello di valutazione (con gli effetti già descritti sulle retribuzioni dei dipendenti) rischia di risultare un po’ macchinoso nell’applicazione ed enfatico nelle intenzioni. Inoltre è possibile che si verifichino percorsi retributivi differenziati tra i lavoratori a più stretto contatto con il pubblico (spesso le funzioni più faticose) e quelli addetti a mansioni di supporto o back-office, invisibili alla valutazione dei cittadini.

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