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Home - Approfondimenti - Analisi - Uno, cento, mille patti

Uno, cento, mille patti

29 Gennaio 2007
in Analisi

di Giorgio Santini – Segretario Confederale CISL

Dichiaro subito una sostanziale  condivisione dell’appello per un nuovo patto sociale presentato nelle scorse settimane da autorevoli economisti e che ha avuto un’adesione molto ampia. Tuttavia, forse proprio per la serietà dell’impostazione e “lo spessore delle proposte” non è ancora diventato, come dovrebbe, oggetto di confronto sociale, politico, istituzionale ampio e approfondito, così da rendere possibile il raggiungimento di qualche risultato concreto in materia.
Un nuovo patto sociale sui temi della crescita e della produttività è, oggi, necessario e urgente. La ripresa, in atto, del confronto tra Governo e parti sociali, che pure affronterà questioni delicate come il memorandum sulla previdenza, dovrà avere questo tema al centro. Diversamente significherebbe non solo ignorare la durezza della sfida cui oggi è chiamato il Paese ma, altresì, non dare prospettive ai segnali di ripresa che si stanno manifestando in questi ultimi tempi. In materia di crescita e produttività il terreno da recuperare è molto, come ben evidenziano le analisi qualitative e quantitative contenute nell’appello degli economisti e come risulta dalle distanze sempre più forti nei confronti degli altri Paesi europei.

Non c’è quindi altro tempo da perdere. Sulle scelte obbligate di carattere generale, come ad esempio l’eliminazione delle innumerevoli posizioni di rendita ancora dominanti, il rafforzamento dei programmi strategici di ricerca e innovazione, cospicui investimenti in istruzione e formazione, una maggiore fluidità nella diffusione delle tecnologie esiste ormai un consenso vasto, ed è auspicabile che Governo e Regioni diano vita ad un calendario attuativo di interventi efficaci che vadano oltre a quanto contenuto nella legge finanziaria, particolarmente frammentaria su questi temi. Tutto questo va attuato tempestivamente ma, in parallelo, come correttamente viene detto nell’appello, va affrontato con determinazione e forza il capitolo della produttività e del modo in cui essa viene accresciuta nei luoghi di lavoro.
Vediamone, allora i contenuti e le modalità possibili.


I contenuti – E’ necessario non limitarsi ad una visione puramente quantitativa della produttività, ancorata essenzialmente alla intensità del lavoro e prevedere, invece, un percorso di riorganizzazione dei luoghi di lavoro, in funzione di una maggiore produttività caratterizzata da una forte complementarietà tra investimenti tecnologici e investimenti organizzativi connessi a nuove pratiche di lavoro. Sotto questo profilo i contenuti di un nuovo patto sociale dovrebbero essere finalizzati a stimolare gli investimenti in nuove tecnologie, in processi di riorganizzazione del lavoro basati su una responsabilizzazione e coinvolgimento dei lavoratori e a promuovere una sempre maggiore qualità e stabilità del lavoro anche attraverso la formazione continua di tipo cognitivo e relazionale. E’ importante (come ben evidenzia l’appello) l’integrazione e la complementarietà dinamica dei tre piani di intervento (tecnologie-organizzazione-lavoro) per riposizionare progressivamente imprese e servizi su standard più elevati sul piano dei prodotti e dei processi.


Il tema conseguente a questa impostazione è come rendere coerenti e funzionali le relazioni sindacali nei luoghi di lavoro e ancor di più come far permeare di questi contenuti la struttura della contrattazione e le politiche del lavoro. L’orizzonte delle relazioni sindacali non può che essere di tipo partecipativo e focalizzato sulla costruzione di percorsi e assetti via via più avanzati. La struttura contrattuale dovrà sempre più caratterizzarsi per la capacità di incidere e determinare le decisioni e i comportamenti di tutti i soggetti all’interno dei luoghi di lavoro e nel territorio in chiave di forte cooperazione per raggiungere gli obiettivi prefissati e per una equa redistribuzione a favore dei lavoratori dei risultati che progressivamente si realizzano.
Mantenere sempre collegati, allora, i due aspetti del problema, da un lato gli obiettivi di incremento della produttività sui parametri tecnologici, riorganizzativi e di qualità del lavoro e dall’altro le relazioni sindacali partecipative e la struttura contrattuale decentrata e orientata fortemente ai risultati, rappresenta un percorso convincente e necessario al tempo stesso.


In questo ambito la proposta formulata nell’appello di un protocollo nazionale per la produttività sulla base del quale svolgere poi negoziati a livello aziendale per dare attuazione agli obiettivi generali appare una buona soluzione ma ancora parziale e perciò  tendenzialmente sterile. Intervenire sugli investimenti tecnologici, sugli assetti organizzativi, sulla qualità del lavoro è condizione necessaria, ma non sufficiente. E’ altrettanto decisivo intervenire sulle parti riguardanti le prestazioni lavorative e le modalità per la loro remunerazione.
Si tratta dei temi sindacali più tradizionali, ritenuti ormai superati da qualche osservatore superficiale, in realtà ancora imprescindibili e centrali per la tutela e la valorizzazione del lavoro dipendente e contemporaneamente parametri decisivi per la produttività delle imprese e più in generale del sistema.


Ecco allora che il nuovo patto sociale sulla produttività potrebbe articolarsi in modo più completo in tre fasi.
1) Definizione di un protocollo nazionale per la produttività ben articolato su un insieme di indicatori di produttività di diversa natura. Provando ad elencare:
– Condizioni di facilitazione e ottimizzazione per gli investimenti in nuove tecnologie
– Interventi di riorganizzazione, con modalità concordate di maggior responsabilizzazione dei lavoratori, maggior adattabilità e flessibilità nei ruoli, interventi sulla sicurezza del lavoro e la prevenzione
– Processi diffusi e articolati di formazione continua, di apprendimento incentivato, di riqualificazione professionale
– L’utilizzo degli impianti, l’articolazione e la gestione degli orari, la flessibilità, la regolazione del lavoro straordinario
– Le politiche retributive come distribuzione con modalità da definire della produttività, secondo parametri quantitativi e standard qualitativi concordati.
– Relazioni sindacali regolate da organi bilaterali paritetici di impronta partecipativa sulle diverse materie.


2) Stipula di accordi di produttività aziendali o territoriali sulla base del protocollo nazionale, che declinino in modo concordato tutti gli indicatori del protocollo nella specifica realtà aziendale, con le articolazioni necessarie a cogliere l’obiettivo di un rilancio effettivo della produttività e della qualità delle aziende. Gli accordi di produttività realizzati al secondo livello (aziendale/territoriale) debbono prevedere anche le quote di salario a vantaggio dei lavoratori derivante dagli incrementi di produttività realizzati e previsti in base agli interventi prospettati.


3) Forte incentivazione da parte del Governo attraverso una robusta defiscalizzazione (o tassazione con aliquote minime fisse) della quota di retribuzione derivante dagli accordi di produttività, anche collegate ad orari di lavoro superiori ad una certa soglia concordata.  Un intervento del Governo è difatti obbligato anche dalla necessità di modificare la contribuzione fino al 3% della retribuzione prevista dagli accordi del ’93 perché con il regime pensionistico contributivo avrebbe come effetto la riduzione del valore della pensione per i lavoratori. E’ quanto mai opportuno, quindi, da parte del Governo trasformare la decontribuzione in defiscalizzazione, renderla molto più robusta, anche impegnando risorse pubbliche non marginali. L’esito che ne conseguirebbe sarebbe due volte positivo per l’economia del Paese: l’incremento della produttività rafforzerebbe la capacità competitiva delle aziende e quindi contribuirebbe alla crescita, l’aumento delle retribuzioni porterebbe ad un rafforzamento della domanda interna e, attraverso essa, della crescita.
Si tratta di un progetto realmente, unitario per il nostro Paese, nel quale tutti i soggetti (le istituzioni, le imprese, il lavoro) possono trovare motivazioni condivise, ruoli comuni, risultati soddisfacenti attraverso assunzioni precise di responsabilità e capacità di esercizio di relazioni cooperative e costruttive.

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