Michele Figurati – Esperto di Relazioni Industriali
Il dibattito, con toni assai aspri, che si svolge in questi giorni tra Fiom e Federmeccanica, ma anche tra Fiom e Fim, ha come occasione specifica la proclamazione di uno sciopero di 8 ore deciso dal sindacato dei metalmeccanici aderente alla Cgil, in concomitanza con lo sciopero di 4 ore che questa confederazione da indetto per il 21 febbraio. In realtà balza in primo piano la crisi dell’accordo interconfederale del 23 luglio 1993 e più in generale del modello concertativo che di questo è il presupposto. Di questa crisi si è già molto scritto e parlato in modo più ampio e dotto di quanto in questa occasione si possa fare.
Ma per stare ai metalmeccanici, che da sempre sono un punto nevralgico nel sistema di relazioni industriali, le criticità erano già emerse da tempo ed in modo acuto. L’accordo separato per la firma dell’ultimo contratto nazionale ora in fase di rinnovo e la presentazione di tre piattaforme separate da parte di Fim, Fiom e Uilm non solo sono sintomo macroscopico della crisi dei rapporti intersindacali, ma sono diretta conseguenza della diversa visione che le federazioni hanno dell’accordo interconfederale citato e soprattutto della politica che lo stesso rappresenta.
Nessuno ha fino ad ora ritenuto di assumere atteggiamento formale di disdetta, anzi tutti, a parole, difendono l’accordo del ’93 come baluardo irrinunciabile (compresa Federmeccanica che, come ampiamente noto, non ha a suo tempo condiviso l’accordo ma che lo ha sempre rigorosamente rispettato).
Certo, ed è normale, esistono diverse valutazioni ed interpretazioni (ad esempio sulla ‘produttività’ eventualmente ripartibile in sede di contrattazione nazionale); certo, ed è legittimo, ci sono idee e proposte di modifica evolutiva (ad esempio sui livelli di contrattazione); ma da parte padronale e, a quanto consta, da parte Fim e Uilm non si è mai voluto rinunciare al modello concertativo che è stato fondamento delle relazioni industriali dal ’90 ad oggi.
La posizione della Fiom, che negli accordi contrattuali del ’94 e ’98 si era fortemente ancorata a quelle norme ed a quel modo di gestire i rapporti, pur nell’asprezza delle dinamiche contrattuali, sembra ormai volta, in modo surrettizio ma efficace, a scardinare quelle regole che pure aveva contribuito a costruire, passando quindi da una fase regolata al tradizionale, anche se un po’ arcaico, modello del puro rapporto di forza. Sono dimostrazioni concrete di questo operare i contenuti della piattaforma per il rinnovo del contratto, che questa rivista ha avuto modo di commentare nei loro aspetti più significativi e sui quali quindi sembra inutile tornare.
Ma ulteriore e più efficace segnale è la proclamazione dello sciopero di otto ore di tutti i metalmeccanici, che dà occasione a questa nota. Proclamazione e non adesione, come si evince chiaramente sia dallo stesso atto della segreteria nazionale della Fiom che ‘proclama’ su esplicito mandato del proprio comitato centrale, sia dal cambiamento di durata, motivazioni e modalità rispetto allo sciopero generale di 4 ore ore per lo stesso giorno, indetto da Cgil. Proclamazione, poi, durante il periodo di moratoria contrattualmente concordato nel Ccnl ‘94 e confermato nel successivo in specifica attuazione delle previsioni dell’accordo interconfederale 23.7.1993.
Sembrano davvero deboli le precisazioni formali che Fiom ha ritenuto di fare a seguito delle reazioni di Federmeccanica. La logica della moratoria in fase di inizio di contrattazione è proprio e solo quella di consentire alle parti di lavorare alla definizione di un accordo in un clima di pace sociale. Ciò è ritenuto così importante da prevedere una sanzione a carico di chi contravvenga. E’ una obbligazione contrattuale liberamente assunta, che limita la libertà di azione delle parti e che non prevede eccezioni. Del resto, una diversa valutazione consentirebbe a ciascuno di prendere autonome
iniziative solamente giocando sulle motivazioni.
Sarebbe forse stato diverso l’atteggiamento che, in via di pura opportunità, Federmeccanica avrebbe potuto assumere di fronte ad una mera adesione allo sciopero generale proclamato dalla confederazione a cui Fiom aderisce. Tuttavia, i tempi ed i modi scelti da Fiom dimostrano in modo esplicito una autonoma volontà di lotta che viene attuata in periodo di moratoria concordata e che di conseguenza viola la regola contrattuale.
Sarebbe forse opportuna una accurata analisi dei comportamenti delle parti in causa per trarne valutazioni e previsioni sulle prospettive a breve e medio termine delle relazioni industriali non solo tra i metalmeccanici. Ma ciò esula dagli obiettivi di questa breve nota e forse dalle capacità di chi scrive.
Certo i patti vanno rispettati, gli accordi possono e debbono essere modificati con il mutare del contesto in cui sono stati stipulati. Strumento principe per far ciò è la contrattazione, che peraltro può svolgersi anche al di fuori della concertazione. Ma si dovrebbe dire a chi giova la fine della pratica concertativa che è stato essenziale, virtuoso supporto ai momenti contrattuali del decennio trascorso, e comunque bisognerebbe avere l’onestà intellettuale di assumersi la
responsabilità, di fronte al mondo del lavoro, di una scelta così dirompente che non giova a chi lavora e che rischia di essere percepita più come un momento di lotta politica (che dovrebbe avere altri attori ed altre sedi) che evoluzione delle relazioni tra le parti sociali.