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Home - Approfondimenti - Analisi - L’istruzione italiana è in crisi, ma il governo fa lo ‘’sceriffo’’ con i docenti

L’istruzione italiana è in crisi, ma il governo fa lo ‘’sceriffo’’ con i docenti

di Alessandra Servidori
1 Luglio 2019
in Analisi

Nel rapporto di 23 pagine  inviato  all’Italia il 6 giugno 2019  dal  Consiglio dell’Unione Europea Bruxelles -recapitato ad ogni Stato che compone l’Unione dedicato all’economia di ogni Paese e a raccomandazioni molto puntuali – non c’è solo una minuziosa radiografia  del preoccupante andamento del debito pubblico italiano, ma anche due commi, il 19 e il 20, sull’istruzione e gli insegnanti. Si punta il dito sulle nostre classiche debolezze e si interviene anche sugli insegnanti. Queste le parole della Raccomandazione: «La produttività tendenzialmente stagnante dell’Italia è dovuta alle debolezze del sistema di istruzione e formazione e alla scarsità della domanda di competenze elevate. Migliorare, quindi, la qualità del sistema di istruzione e formazione rappresenta una sfida importante».

Sotto accusa i seguenti elementi: 1) il tasso di abbandono scolastico superiore alla media europea, 2) ampie differenze regionali e territoriali, 3) scarso sistema di apprendistato, 4) risultati sulle competenze di base fra i peggiori in Europa, 5) poca formazione dedicata agli adulti, 6) scarsi progressi nelle competenze digitali,7) bassa percentuale di laureati, 8) limitata istruzione terziaria professionalizzante ( ITS). Per quanto riguarda gli insegnanti, si  afferma che servirebbero «ulteriori sforzi per attirare, assumere e motivare maggiormente gli insegnanti».

Chiaro anche il giudizio sul  reclutamento incentrato sulle conoscenze  e le limitate prospettive di carriera con progressione per anzianità e non per merito. E ancora più determinato severo e pungente  sugli stipendi: «rimangono bassi rispetto agli standard internazionali e rispetto ai lavoratori con un titolo di istruzione terziaria. Le retribuzioni crescono più lentamente rispetto a quelle dei colleghi di altri paesi ».Tutto questo produce a giudizio della UE: “scarsissima attrattiva della professione di insegnante per le persone altamente qualificate e in un effetto disincentivante sul personale docente, che a sua volta ha un impatto negativo sui risultati di apprendimento degli studenti».

A mio giudizio,  l’analisi  schematica della professione docente  è troppo parziale e non tocca punti nodali come l’organizzazione/gestione  centralistica e burocratica, questioni di reclutamento che vanno oltre la mancanza di formazione professionale (sanatorie e concorsi nazionali, ecc..), l’assenza di una leadership intermedia, che è cosa diversa dall’avanzamento retributivo per merito (di cui abbiamo tristi esempi). E ancora un’irrazionale allocazione delle risorse e una dispersiva costruzione degli organici, l’assenza di un criterio di assegnazione dei migliori docenti nelle situazioni scolastiche più deboli, come avviene in altri Paesi. E si potrebbe continuare. A nostro parere  per chi ha consapevolezza del ruolo straordinario della nostra professione gli aumenti retributivi auspicati dall’UE, su cui tutti i media si sono concentrati, sono certamente importanti, ma non da soli. Per esempio,  questo ultimo provvedimento della Ministra Buongiorno che ha deciso per i occhi vigili  che si vogliono installare in ogni aula (ora nella scuola dell’infanzia, poi si vedrà…), non sono lì semplicemente a controllare insegnanti maneschi, no, sono lì a dirci che la scuola ha perso ogni autorità e autorevolezza; sono lì a dirci che l’istituzione scuola, un tempo presidio rispettato di educazione e formazione, è stata completamente delegittimata

Non diverso è il significato dei controlli biometrici (impronte digitali o scansione dell’iride) dei Dirigenti Scolastici, inseriti nel cosiddetto Ddl concretezza, per il riscontro della loro presenza a scuola. Per quanto potrò, e non sono sola anzi insieme alle associazioni dei docenti, non accetteremo che si scada in un generalizzato sistema di sorveglianza poliziesca, quando sarebbe vitale analizzare le crescenti difficoltà in cui si dibattono oggi i docenti  nelle scuole e nelle università e i dirigenti scolastici e trovare strategie per invertire quel processo di progressivo deterioramento che sta intaccando il rapporto di alunni e genitori con l’istituzione scolastica. Sono convinta, come giustamente afferma ADI, associazione docenti, che  in molti insegnanti come chi scrive, continueremo nel nostro lavoro di ricerca  studio e di serio impegno, senza subire in silenzio questa preoccupante delegittimazione dell’istituzione scolastica e della professione docente e dirigente.

Alessandra Servidori

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