Sono in crisi le relazioni industriali? Molti lo affermano, ma non sembra che le cose stiano proprio così. La prima cosa da dire è che l’80% dei lavoratori è coperto dalla contrattazione nazionale. Non è poco. Restano fuori in tanti, è vero, ma si tratta di casi abbastanza particolari e comunque tutti i lavoratori potrebbero essere coperti dai contratti in essere, magari per un rapporto analogico. Anche il tesseramento dei sindacati, classica bussola dello stato di salute, dice che le adesioni vanno bene, crescono anche le tessere dei lavoratori attivi. E lo stesso è possibile dire per le associazioni padronali, che sembrano fiorire.
Eppure, l’idea diffusa è che le relazioni industriali perdano peso, non interessino, siano considerate marginali, quando non inutili. È un’idea sbagliata, perché sottovaluta i risultati che invece sarebbe possibile ottenere dal confronto tra le parti sociali. Certo, la situazione non è più quella di una volta. Ricordava Pierre Carniti, in un libro uscito in questi giorni (un testo che il grande sindacalista scomparso lo scorso anno aveva tenuto nel cassetto per anni), che nel 1973, dopo una svalutazione del 20% della lira, la situazione era talmente negativa che l’Italia chiese l’aiuto del Fondo Monetario. Il Fondo lo concesse, ma volle una lettera di impegni dal governo in carica e chiese, per di più, che questa lettera fosse controfirmata dai sindacati. Altri tempi, è vero, che non tornano più, ma pensare che tutto sia finito sarebbe uno sbaglio.
È vero infatti che alcuni nodi della contrattazione sono stati trascurati in passato, non risolti, e adesso pesano. Non si è mai fatta una vera scelta tra il contratto nazionale e quello aziendale. Come non si è mai deciso se valesse la pena rafforzare il welfare contrattuale o se questa pratica rappresentasse un pericolo per la sopravvivenza del welfare state. Allo stesso modo, non si è mai riusciti a riscrivere le classificazioni dei lavoratori, con il risultato che i metalmeccanici usano ancora le regole del 1973. Oggi, le parti sociali si preparano a subire il salario minimo per legge, che nessuno vuole. E pesano i 900 contratti nazionali certificati dal Cnel, come il fatto che le norme per misurare la rappresentatività siano rimaste lettera morta.
Insomma, la situazione non è proprio facile e alla base c’è sempre la considerazione dell’attuale governo che, come peraltro quello presieduto da Matteo Renzi, pensa che il sindacato e le relazioni industriali siano poco più di un residuato bellico, qualcosa di cui si può fare tranquillamente a meno. E allora che devono fare sindacati e associazioni datoriali, adattarsi, rassegnarsi a un lento declino? La speranza è sempre l’ultima a morire ed è per questo che ci ha colpito una suggestione avanzata nei giorni scorsi da Pier Paolo Baretta, già sottosegretario all’Economia nei governi Letta, Renzi e Gentiloni, ex sindacalista, parlando alla Scuola di relazioni industriali del Diario del Lavoro.
Secondo Baretta, infatti, le relazioni industriali non solo possono aiutare, ma addirittura possono “salvare” il paese allontanando il baratro nel quale rischia di sprofondare. Sostiene Baretta che le parti sociali potrebbero nelle prossime settimane mettere a punto, con un accordo interconfederale, un piano di intervento per ridurre il costo del lavoro, intervenendo sulla contribuzione a carico dei lavoratori e rilanciando così la produzione e i consumi interni. Le risorse si potrebbero a suo avviso trovare mettendo assieme gli 80 famosi euro di Renzi, oltre a quanto si sta risparmiando dalla gestione del Reddito di cittadinanza e della quota 100 per i pensionamenti, e a quanto verrebbe da una gestione ragionata della manovra per l’Iva. In questo modo si avrebbero a disposizione tra i 15 e i 20 miliardi di euro, con i quali una manovra del genere sarebbe certamente possibile con effetti economici rilevanti.
Certo, l’intervento dovrebbe farlo il governo, ma un accordo tra le parti sociali, preciso e dettagliato, avrebbe un effetto dirompente anche sugli equilibri, così precari, della politica. Il governo non potrebbe far finta di niente. Non è una cosa impossibile, è quanto le parti sociali hanno già fatto in altre evenienze difficili del paese, come nel 1984 e nel 1992. Sarebbero aiutate dal fatto che esiste una forte unità d’azione all’interno del sindacato, come non si aveva da tempo, e che non esistono problemi forti con le associazioni datoriali e tra queste. Un sogno? In quanto tale irreale? Forse molto meno di quanto si possa credere. Del resto, basta provare per verificare se è solo una chimera o un progetto possibile.
Massimo Mascini
Per i nostri lettori pubblichiamo qui di seguito una scelta delle notizie e degli interventi più significativi apparsi nel corso della settimana su ildiariodellavoro.it (Vai al sito per leggere il giornale completo, aggiornato quotidianamente dalla nostra redazione).
Contrattazione
Nel settore degli elettrodomestici è stata raggiunta l’ipotesi di accordo per il rilancio dello stabilimento Electrolux di Susegana. L’intesa prevede la definizione di un piano industriale con investimenti in processo e prodotto per 130 milioni di euro. Si è svolto a Milano presso la sede della società Pirelli, l’incontro tra azienda e sindacati di categoria Filctem Cgil, Femca Csil e Uiltec Uil per un confronto sul piano industriale. Inoltre è stato firmato il nuovo contratto aziendale di Luxottica. Il testo, in particolare, prevede la stabilizzazione a tempo indeterminato di 1.150 lavoratori somministrati a partire dal 1° luglio, il rafforzamento della partecipazione dei lavoratori e dei processi di formazione, il rilancio del welfare aziendale e l’incremento dei premi fino a un massimo di 3mila euro.
Analisi
Alessandra Servidori analizza i contenuti nel recente Rapporto Covip 2018. I dati dimostrano come, anche nel mondo dei fondi pensione, le donne siano ancora penalizzate, benché le pensioni delle lavoratrici dovrebbero rappresentare un’assoluta priorità. Tuttavia, sull’onda europea, anche in Italia qualcosa si sta muovendo. Ancora Servidori, in attesa del Rapporto Ufficiale dell’Ispettorato Nazionale, analizza i dati presenti nel rapporto Istat sulla povertà. Per Servidori il tema della povertà minorile e quello delle dimissioni sul lavoro al sopraggiungere della maternità sono due elementi non slegati, per i quali servono ampie politiche di sostegno.
La nota
Nunzia Penelope fa il punto sul quadro demografico illustrato dal rapporto annuale dell’Istat. Un dato su cui riflettere, spiega Penelope, è il crollo delle donne in età fertile, che il Rapporto indica come una delle cause principali della denatalità. Mentre in parallelo aumentano gli ultracentenari e giovani sono ormai ampiamente superati dagli over 65.
Il guardiano del faro
Marco Cianca racconta la dissonanza cognitiva che sta vivendo il paese in relazione alla sinistra, identificata sempre di più con le élite dei quartieri alti, e per contro lontana da quelle fasce della popolazione che per la sua storia dovrebbe rappresentare.
I blog del Diario
Paolo Pirani spiega come i cambiamenti imposti da un’economia sempre più globalizzata richiedono la partecipazione di tutti gli attori del mondo del lavoro e la messa in campo di una serie di strategie che permettano al paese di affrontare le sfide future. In questo scenario, spiega il segretario generale della Uiltec, l’imminente stagione di rinnovi contrattuali rappresenta uno snodo cruciale.
Giuliano Cazzola commenta l’incontro avvenuto tra Papa Francesco e il segretario generale della Cgil, Maurizio Landini. Durante il colloquio, come si legge nel comunicato ufficiale, entrambi hanno “condiviso il pericolo di derive autoritarie”. Che siano proprio loro due, si chiede Cazzola, la vera opposizione a questo Governo?
Fabrizio Tola analizza la relazione del presidente di Confartigianato, Giorgio Merletti, nel corso dell’Assemblea annuale. Per Tola la relazione presenta alcuni passaggi incomprensibili, come quello di definire “non eletti” i governi precedenti, rispetto a quello attuale, e non mette in luce la superficialità dell’esecutivo nelle decisioni economiche.
Diario della crisi
Nella sanità privata i lavoratori dell’ospedale San Carlo di Nancy hanno proclamato lo stato di agitazione contro la grave carenza di personale che da tempo affligge la struttura.
Documentazione
Questa settimana è possibile consultare il Rapporto annuale e quello sulla povertà In Italia dell’Istat, i dati sulla produzione nelle costruzioni, l’export e i prezzi all’import e la nota trimestrale sulle tendenze dell’occupazione del ministero del Lavoro, Inps, Istat, Inail e Anpal. Inoltre è presente il testo della piattaforma per il rinnovo del contratto dei bancari, il rapporto del Centro Studi della Uilca sulla formazione nel settore bancario e, infine, la nota del Centro Studi della Confindustria sulla spending review e la relazione annuale della Commissione di garanzia degli scioperi nei servizi pubblici essenziali.