Lo scorporo della rete Tim potrebbe causare circa 20mila esuberi. È l’allarme lanciato dai sindacati di categoria (Slc-Cgil, Fistel-Cisl e Uilcom-Uil), che stanno attuando un presidio davanti al ministero dello Sviluppo economico (Mise) per protestare contro l’annullamento dell’incontro con il vicepremier e ministro Luigi Di Maio, che si sarebbe dovuto tenere questa mattina.
L’iniziativa sindacale vuole sottolineare le preoccupazioni dei lavoratori dell’intera filiera e, in particolare, di Tim. “A distanza di 18 anni dalla privatizzazione di Telecom Italia – hanno spiegato i rappresentanti di Slc, Fistel e Uilcom – il risultato che viene consegnato al nostro Paese è un impietoso bilancio negativo. Da un’azienda tra i maggiori player mondiali del settore, presente in diversi continenti e con una avanzata capacità tecnologica, economicamente sana e adeguatamente capitalizzata, siamo passati a un’azienda concentrata solo sull’Italia e sul Brasile, con un fatturato attuale (circa 19,8 miliardi) sensibilmente più basso di allora (23 mld), fortemente indebitata (25,3 mld), con minori investimenti e con decine di migliaia di dipendenti in meno”.
Sulle ipotesi di spezzatino i sindacati hanno ribadito la “totale contrarietà” e la contestuale “necessità” di difendere il patrimonio industriale, occupazionale e professionale dell’intero perimetro del gruppo Tim in Italia, della sua rete, dei suoi asset anche a seguito di eventuali operazioni industriali e societarie che potrebbero determinarsi.
“Va inoltre ancora una volta ricordato – hanno aggiunto – che, in tema di scorporo societario della rete Tlc dell’ex monopolista, non vi è nessun esempio in Europa e pochissimi isolati casi nel mondo. Il progetto di societarizzazione della rete che Tim sta avviando deve prevedere il riassorbimento sotto un’unica entità anche di Open Fiber e il suo mantenimento entro il perimetro del gruppo per evitare che l’Italia perda un’azienda, la quinta impresa privata del Paese, con una massa critica sufficiente a garantire gli elevati investimenti necessari per l’implementazione della banda ultra larga (100 Mbps)”.
Il gruppo Tim occupa circa 58mila addetti nel mondo, dei quali circa 49.300 in Italia cui si aggiunge l’indotto (altri 50mila addetti). Nonostante i colpi subiti in questi ultimi venti anni la società ha ancora oggi enormi potenzialità e un altissimo valore strategico per l’Italia, come testimoniato dai circa 5,7 miliardi di investimenti (2017) dei quali circa 2 mld in innovazione e ricerca con circa 1.300 addetti in attività di innovazione tecnologica ed engineering.
“La nuova Tim – hanno concluso Slc, Fistel e Uilcom – dovrà garantire scelte di politica industriale coerenti con gli interessi generali del Paese in materia di innovazione, sviluppo digitale e sicurezza delle reti. Dovrà valorizzare, innovare, difendere e sviluppare l’infrastruttura di rete nazionale garantendone l’apertura con una nuova regolamentazione che garantisca le pari opportunità per tutti gli operatori del settore”.