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Home - Approfondimenti - Interviste - Ferraris (Cisl), in questa manovra mancano lavoro, investimenti e formazione

Ferraris (Cisl), in questa manovra mancano lavoro, investimenti e formazione

di Tommaso Nutarelli
25 Ottobre 2018
in Interviste
Ferraris (Cisl), in questa manovra mancano lavoro, investimenti e formazione

Alessio Ferraris, segretario generale della Cisl del Piemonte, in un’intervista al Diario del lavoro fa il punto sulle criticità presenti nella manovra, alla luce del documento unitario di Cgil, Cisl e Uil. Per Ferraris nella manovra manca il tema del lavoro, degli investimenti e della formazione. Fare deficit, spiega Ferraris, può avere senso se si punta sulla crescita effettivamente sulla crescita. La manovra, inoltre, ha avuto anche la recente bocciatura da parte della Commissione Europea. Una situazione che, per il sindacalista, può essere preoccupante per l’Italia, visto che ormai solo il nostro paese registra una crescita molto più bassa rispetto agli altri stati della zona euro. Infine, Ferraris spiega le tematiche che la Cisl del Piemonte affronterà all’assemblea dei servizi che prenderà il via il 26 ottobre.

Ferraris, si sono da poco tenute le segreterie unitarie di Cgil, Cisl e Uil per affrontare le problematiche presenti nella manovra. Qual è il principale difetto di impostazione del documento?

Il problema di fondo non sono tanto i 22 miliardi di spesa in deficit, ma il modo in cui si vogliono spendere queste risorse. Il Governo basa tutte le sue valutazioni su precise stime di crescita del Pil, che difficilmente si possono avverare se non si punta sul lavoro e gli investimenti. Noi, insieme a Cgil e Uil, abbiamo presentato un documento ne quale indichiamo quelle che sono, a nostro avviso, le priorità da affrontare.

Venendo ai contenuti principali della manovra, il reddito di cittadinanza è uno dei cavalli di battaglia dei Cinque Stelle, come lo valuta?

Il contrasto alla povertà è un tema caro alla Cisl, ma riteniamo che si debba intervenire su questo problema attraverso il lavoro. Il reddito di cittadinanza non crea occupazione, anzi rischia di innescare un processo, ossia spingere le persone all’inattività. C’è poi la questione della sostenibilità. Le misure per combattere la povertà devono essere continuative nel tempo, se si vuole vedere qualche risultato. Dubito fortemente che una manovra del genere possa essere ripetuta nei prossimi anni. Inoltre la misura voluta dai Cinque Stelle presuppone la riforma dei centri per l’impiego. Tuttavia è difficile pensare che la sola riforma delle politiche attive per l’occupazione possa portare buoni risultati in aree economicamente molto depresse, come il Sud, dove c’è un deficit cronico di offerta di lavoro.

Altro caposaldo della manovra è il superamento della legge Fornero, che più volte anche il sindacato aveva auspicato. Come stima l’operato dell’esecutivo in materia?

Su questo tema, la Cisl aveva presentato uno studio di fattibilità sotto il governo Renzi sulla vera quota 100, che è un mix random di contributi ed età anagrafica. Quella pensata dall’esecutivo non lo è, perché pone un paletto ben preciso per l’età anagrafica. In questo nostro studio avevamo dimostrato la sostenibilità della riforma, con 41 anni contributi. Il problema è che la maggioranza sta mettendo sul piatto troppe carte, che difficilmente possono stare assieme da un punto di vista della tenuta dei conti. Sempre sul versante previdenziale, non c’è nessun riferimento alla pensione di garanzia per i giovani, che rischiano di avere un assegno pensionistico pari al 30-40% del salario, già di per sé molto basso.

Il decreto fiscale ha innescato una crisi all’interno della maggioranza. Qual è la sua opinione sul condono?

Ci troviamo davanti a un maxi-condono, che va a colpire quel minimo di sensibilità rimasta nel paese nel pagare le tasse. È ovvio che questa sensibilità rischia di venir meno nel momento in cui il contribuente sa che, prima o poi, potrà versare allo stato molto di meno di quanto inizialmente richiesto. Questa situazione grava su chi ancora paga le tasse, facendo aumentare la pressione fiscale sul lavoro dipendente e l’impresa. Per quanto riguarda la flat tax, sostanzialmente si agevola chi già naviga in buone acque, come le partite iva sopra ai 65mila euro, mentre non è contemplata nessuna forma di sostegno alle giovani start-up. 

C’è stata una forte critica, soprattutto dai sindacati della funzione pubblica, sull’assenza di risorse per la pubblica amministrazione, rispetto anche alle molte aspettative suscitate dal decreto Concretezza.

È vero, su questo punto la manovra ci lascia profondamente delusi. Non sono contemplate delle risorse per il contratto in essere, né per un futuro rinnova. Dunque, anche la maxi-staffetta generazionale prevista dal decreto Concretezza, rischia di restare parola vuota. E se ci sarà un esodo massiccio verso la pensione, si rischia di non poter più garantire i servizi al cittadino.

Alla fine, è arrivata anche la bocciatura da parte dell’Europa, una bocciatura che peraltro in molti si aspettavano, dati i contenuti della manovra.

Il giudizio negativo della Commissione Europea credo che sia dovuto a quello che dicevamo prima. È il perché si vuole fare deficit e il mondo con il quale si vogliono spendere a destare preoccupazione. Noi siamo favorevoli a uno sforamento dei vincoli, se questo viene fatto per la crescita. Ma in questa manovra mancano del tutto gli investimenti, non si punta al rafforzamento delle infrastrutture, vengono dimezzate le risorse per il piano industria 4.0, passando da 10 a 5 miliardi, e non c’è più la defiscalizzazione per la formazione rivolta alla riqualificazione dei lavoratori. La strada intrapresa dal governo rischia di isolare l’Italia, all’interno di un quadro macroeconomico mutato rispetto a dieci anni fa.

In cosa è cambiato?

Nel 2008 c’era una condizione di crisi diffusa nei paesi sviluppati, e si è cercato, sia al livello internazionale che europeo, di mettere a punto degli strumenti condivisi per superare gli ostacoli di allora. Oggi credo che, tra i membri dell’Ocse, solo l’Italia si trovi in una situazione di difficoltà, mentre tutti gli altri stati stanno continuando a crescere.

Il 26 ottobre parte l’assemblea dei servizi. Quali sono i temi che affronterete?

Prima di tutto cercheremo di portare a compimento le linee guida discusse nell’assemblea generale dei servizi della Cisl, che si è tenuta a Roma lo scorso luglio, con un taglio molto operativo. 

In che modo intendete farlo?

C’è la necessità di dare un nuovo assetto e di rafforzare in nostri servizi, che negli ultimi anni hanno dovuto sopportare tagli continui, da parte di tutti i governi, con il chiaro intento di indebolire il sindacato confederale. Il governo, se vuole essere veramente del cambiamento, deve capire il sostegno al sindacato è, prima di tutto un sostegno ai cittadini e al territorio che si rivolgono a noi.   

Come cercate di soddisfare le richieste del cittadino?

Come prima cosa abbiamo cercato di armonizzare la nostra offerta, attraverso una piattaforma che metta in evidenza al cittadino tutti i servizi offerti, e che lo guidi nel soddisfare i vari bisogni che possono presentarsi. Ovviamente questo presuppone una personale preparato, sottoposto a una formazione continua.

Dunque i servizi che offrite sono un biglietto da visita significativo. 

Certamente. Anche perché il sindacato, molto spesso, offre delle prestazioni che lo stato, vuoi per motivi di spesa o di impostazione, non eroga più. 

Tommaso Nutarelli
@tomnutarelli

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Giornalista de Il diario del lavoro.

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