A pochi giorni dall’approvazione della nota di aggiornamento al Def, molto è stato scritto sui contenuti della manovra. Deficit al 2,4%, superamento della Fornero, reddito di cittadinanza, flat tax e condono fiscale. Questi i cardini del documento. Ma tra una cifra e l’altra, con i mercati che hanno fatto i capricci nelle ore immediatamente successive, due sono le note da consegnare alle cronache.
Da una parte, l’immagine più forte, almeno dal punto di vista simbolico, l’affacciarsi dei ministri pentastellati al balcone di Palazzo Chigi.
In un’atmosfera spettrale, con un gioco di luci degne del maestro Dario Argento, i seguaci grillini mostravano la v di vittoria (o vendetta), mentre, sotto al balcone, un gruppo di deputati sventolava i bianchi vessilli del Movimento che, nell’aria immobile, ricordavano le pallide vele di una nave fantasma. In un fermo immagine il ghigno del biministro Di Maio ha tutta l’aria di chi ha appena compiuto il delitto perfetto.
Dall’altra questo governo, dopo la notte dello scorso giovedì, si ritrova, forse, ad avere un ministro dimezzato. C’è infatti molta distanza tra le dichiarazioni del titolare del Tesoro Tria, prima dell’approvazione del Def, e quello che poi è accaduto nei fatti.
Nell’intervista rilasciata ieri alle colonne de Il Sole, l’inquilino di via XX settembre ha, tuttavia, ribadito la sua posizione, smentendo le voci di chi lo dava per dimissionario, e rassicurando anche sui contenuti della manovra. Crescita all’1,6% per il 2019, rilancio degli investimenti, salvaguardia sulla spesa in caso di mancato raggiungimento degli obiettivi e calo del debito di un punto all’anno. In altri termini nessuno scontro con l’Ue.
Di certo Tria dovrà faticare un bel po’ per tranquillizzare in suoi omologhi all’Econfin (al quale poi non ha preso parte), di scena oggi a Lussemburgo, e, per estensione, i nostri partner europei.
Non sapremo mai cosa sia stato detto al Consiglio dei Sinistri di giovedì notte, ne, come in una foto uscita dall’album delle medie, che tipo di negoziazione abbiamo messo in campo da un lato il nerd Tria e, dall’altro, i due bulli di turno, preoccupati di portare a casa i risultati per la propria base elettorale.
L’errore è stato semmai fatto da chi ha visto in Tria l’alfiere di una resistenza silenziosa all’interno della maggioranza, una sentinella del Presidente della Repubblica messa lì per sorvegliare i conti pubblici. Infatti, come egli stesso ha ribadito, è un ministro politico che fa parte di un esecutivo politico. Per cui nulla di nuovo sotto il sole.
@tomnutarelli