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Il Diario del Lavoro

Quotidiano online del lavoro e delle relazioni industriali

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Home - Camera - Commissione Lavoro, pubblico e privato (Dai Resoconti Sommari)

Commissione Lavoro, pubblico e privato (Dai Resoconti Sommari)

26 Settembre 2018
in Camera

AUDIZIONI
Mercoledì 26 settembre 2018. — Presidenza del presidente della I Commissione della Camera dei deputati Giuseppe BRESCIA. – Interviene la Ministra per la pubblica amministrazione, Giulia Bongiorno.
La seduta comincia alle 14.25.
Audizione della Ministra per la pubblica amministrazione, Giulia Bongiorno, sulle linee programmatiche.
 
(Svolgimento e rinvio).
Giuseppe BRESCIA, presidente, ricorda che, ai sensi dell’articolo 143, comma 2, del Regolamento, l’ordine del giorno reca l’audizione della Ministra per la pubblica amministrazione, Giulia Bongiorno, sulle linee programmatiche. 
Avverte che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso la trasmissione diretta sulla 
web-tv della Camera dei deputati. 
Anche a nome del Presidente della XI Commissione, Andrea Giaccone, del Presidente della 1
a Commissione Affari costituzionali del Senato, senatore Stefano Borghesi, e della Presidente della 11a Commissione Lavoro del Senato, senatrice Nunzia Catalfo, unitamente a tutti i colleghi senatori e deputati presenti, ringrazia quindi la Ministra per la sua presenza.
La Ministra 
Giulia BONGIORNO svolge una relazione sui temi oggetto dell’audizione.
Intervengono sull’ordine dei lavori i deputati 
Francesco Paolo SISTO (FI) e Gennaro MIGLIORE (PD), nonché il senatore Emilio FLORIS (FI-BP) e ai quali replica Giuseppe BRESCIA, presidente.
Svolgono considerazioni e pongono quesiti il senatore 
Ugo GRASSI (M5S), i deputati Graziano MUSELLA (FI), Antonio VISCOMI (PD), Emanuele PRISCO (FdI), Serse SOVERINI (Misto-CP-A-PS-A), Francesco Paolo SISTO (FI), Gennaro MIGLIORE (PD) e Francesco BERTI (M5S).
Giuseppe BRESCIA, presidente, ringrazia la Ministra per l’esauriente relazione svolta e rinvia il seguito dell’audizione a una seduta che sarà definita d’intesa con i Presidenti della XI Commissione della Camera, delle Commissioni 1a e 11a Commissione del Senato.
La seduta termina alle 15.45.
N.B.: Il resoconto stenografico della seduta è pubblicato in un fascicolo a parte.

RISOLUZIONI
Mercoledì 26 settembre 2018. — Presidenza del presidente Andrea GIACCONE. — Interviene il sottosegretario di Stato per il lavoro e le politiche sociali, Claudio Durigon.
La seduta comincia alle 15.55.
7-00010 Serracchiani: Incremento delle risorse finanziarie al fine di consentire la riapertura dei termini per la presentazione di domande volte al riconoscimento di benefici previdenziali in favore di lavoratori esposti all’amianto.
 
(Discussione e rinvio – Abbinamento della risoluzione Pallini n. 7-00051).
La Commissione inizia la discussione della risoluzione in titolo.
Andrea GIACCONE, presidente, avverte che l’ordine del giorno reca l’avvio della discussione della risoluzione n. 7-00010 Serracchiani, in materia di incremento delle risorse a favore del riconoscimento di benefici previdenziali in favore di lavoratori esposti all’amianto. 
Avverte che è stata presentata la risoluzione Pallini n. 7-00051, vertente sulla medesima materia. Ne dispone, pertanto, l’abbinamento.
Debora SERRACCHIANI (PD) dopo avere espresso il proprio apprezzamento per il fatto che anche i colleghi del M5S abbiano presentato una risoluzione in materia, sottolinea preliminarmente che la sua risoluzione affronta un tema sul quale, nella scorsa legislatura, il Parlamento ha già adottato disposizioni importanti, spesso all’unanimità. Riconosce, tuttavia, la necessità di un intervento organico che affronti tutti i nodi ancora insoluti del problema, che presenta diversi aspetti che investono la competenza di diverse amministrazioni e, sul piano parlamentare, di diverse Commissioni. Inoltre, il tema non appare suscettibile di essere ricompreso in un periodo di tempo definito, posto che il picco dei casi di malattia si prevede intorno al 2021. Quanto alla diffusione delle patologie asbesto-correlate, a parte le zone storicamente note, quali il Veneto, il Friuli-Venezia Giulia, il Piemonte, ve ne sono altre, in tutte le regioni d’Italia, nelle quali è diffusa la presenza dell’amianto. A fronte della complessità del tema, la risoluzione affronta tuttavia un aspetto circoscritto, riguardante la riapertura dei termini per la presentazione della domanda di accesso al beneficio dell’accesso anticipato al pensionamento, come previsto dalla legge n. 257 del 1992. Tale termine è scaduto nel giugno del 2005, ma, dopo tale data, sono emerse nuove aree interessate dalla presenza di amianto e nuovi lavoratori hanno maturato i requisiti di esposizione a tale agente patogeno, senza potere tuttavia usufruire del beneficio previdenziale. Si tratta, pertanto, di una platea circoscritta di potenziali interessati all’applicazione della legge n. 257 del 1992, i cui diritti, a suo giudizio, devono essere riconosciuti, per ragioni di giustizia e di equità. Il finanziamento degli oneri potrà essere posto a carico del Fondo previsto dalla legge n. 244 del 2007, al cui rifinanziamento potrà provvedersi con la prossima legge di bilancio. Pertanto, allo scopo di acquisire i dati necessari all’individuazione della platea dei soggetti interessati, propone l’audizione dell’INPS.
Maria PALLINI (M5S), firmataria della risoluzione n. 7-00051, associandosi a quanto richiesto dalla collega Serracchiani, ritiene indispensabile procedere all’audizione dei rappresentanti dell’INPS, per acquisire i dati necessari a corredo della richiesta di riapertura del termine per la presentazione delle domande di accesso al beneficio di cui alla legge n. 257 del 1992.
Renata POLVERINI (FI) ricorda che nella scorsa legislatura ha avuto modo di approfondire il tema in qualità di relatrice dell’indagine sulle bonifiche condotta dalla Commissione parlamentare di inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti e su illeciti ambientali ad esse correlati. In tale veste, ha partecipato a un sopralluogo a Casale Monferrato, dove la situazione ha assunto connotati di particolare gravità, nonostante lo stabilimento Eternit sia stato messo in sicurezza. Infatti, continuano ad ammalarsi anche coloro che sono venuti a contatto, in quanto familiari, con i dipendenti dello stabilimento che hanno contratto l’asbestosi. È un fenomeno noto, ma impossibile da arginare, anche perché si sa che la malattia, ora silente, si potrà manifestare in un futuro non prevedibile. Si augura, pertanto, che la situazione sia affrontata e risolta dal Governo «del cambiamento», tenendo fede al nome che esso si è dato e, da parte del suo gruppo, preannuncia la presentazione di una risoluzione sul tema. Coglie, quindi, l’occasione per chiedere alla presidenza di farsi carico di informare tutti i gruppi della Commissione qualora sia presentato un atto di indirizzo su un tema particolarmente delicato, per dare modo a tutti i gruppi di presentare analoghe risoluzioni, allo scopo di conferire a tale strumento maggiore peso ed efficacia nei confronti del Governo. Infine, propone di ascoltare in audizione, oltre all’INPS, anche le organizzazioni sindacali, che sono storicamente impegnate sul tema, e i rappresentanti dei comitati dei malati e dei loro familiari, molto attivi sul territorio e che, nella scorsa legislatura, hanno dato un valido apporto ai lavori del Parlamento. Unendosi, quindi, alla collega Serracchiani, auspica che con la prossima legge di bilancio il Governo dia un segnale importante della sua volontà di affrontare il problema.
Walter RIZZETTO (FdI) preannuncia la presentazione di una risoluzione da parte del suo gruppo e osserva che il problema non si limita ai lavoratori che hanno contratto la malattia nel corso della loro attività, ma si estende anche ai familiari, che cominciano ora ad ammalarsi. Non solo, ma la contaminazione da amianto non riguarda solo gli stabilimenti e le zone limitrofe, ma anche le scuole, nella cui costruzione spesso si è fatto ricorso a tale materiale. Da poco, ad esempio, si è appreso che solo a Roma sono ben trentadue gli istituti superiori che necessitano di essere bonificati. Quindi, pur concordando con le proposte di audizioni avanzate dalle colleghe che lo hanno preceduto, ritiene utile ascoltare anche rappresentanti dell’INAIL, che nel 2014 ha pubblicato uno studio estremamente approfondito e articolato sul fenomeno, e i rappresentanti dell’Osservatorio nazionale amianto (ONA), che da anni si occupa del problema.
Serse SOVERINI (Misto-CP-A-PS-A) si dichiara d’accordo con quanto osservato dai colleghi e propone di ascoltare in audizione anche i rappresentanti delle associazioni dei familiari delle vittime dell’amianto, per poter avere un quadro esaustivo della situazione.
Marco LACARRA (PD) ricorda che anche a Bari si registrano numerosi casi di patologie asbesto-correlate derivanti dall’attività sul territorio dello stabilimento Fibronit, anch’esso messo in sicurezza. Risultano ammalati non solo i dipendenti, ma anche gli abitanti delle zone limitrofe. Pertanto, anche per poter individuare le modalità migliori di intervento in tali situazioni, propone di ascoltare anche i rappresentanti dei comitati dei residenti.
Elena MURELLI (Lega) preannuncia la presentazione di una mozione del suo gruppo sul tema, ritenuto estremamente importante e non più eludibile, e osserva che, anche a livello locale, sono stati adottati provvedimenti che si sono dimostrati efficaci. A tale riguardo, cita l’esperienza del suo comune di provenienza, che ha proceduto alla bonifica degli istituti scolastici. Infine, si associa a quanti ritengono particolarmente opportuna l’audizione di rappresentanti dell’INAIL.
Debora SERRACCHIANI (PD), concordando con l’auspicio della collega Polverini sulla circolazione tra i gruppi le informazioni riguardanti i temi particolarmente importanti portati all’attenzione della Commissione, ritiene opportuno ricordare che la sua risoluzione ha una portata circoscritta alla richiesta di riapertura dei termini per la domanda di accesso al beneficio previdenziale previsto dalla legge n. 257 del 1992. In tale ottica, a suo giudizio, la scelta dei soggetti da ascoltare in audizione deve dipendere esclusivamente dalla volontà di rendere il più possibile supportata da dati di conoscenza del fenomeno la richiesta di riaprire i termini e di prevedere le risorse adeguate. A tale scopo, ritiene pertanto utile l’audizione dell’INPS, dell’INAIL, dei rappresentanti dei malati e dei loro familiari, nonché dei rappresentanti degli enti locali.
Pasquale CANNATELLI (FI) osserva che sarebbe utile che il Parlamento trovasse il modo di sostenere la ricerca, l’unica strada per debellare la malattia e, soprattutto, lenire le atroci sofferenze che la caratterizzano.
Il sottosegretario 
Claudio DURIGON si riserva di esprimere la posizione del Governo nel prosieguo della discussione sulle risoluzioni.
Andrea GIACCONE, presidente, dopo avere ricordato di conoscere bene il tema in discussione, anche per il fatto di risiedere vicino a Casale Monferrato, rinvia all’Ufficio di presidenza, integrato dai rappresentanti dei gruppi, convocato per la giornata di domani l’organizzazione del prosieguo della discussione delle risoluzioni e, in particolare, l’articolazione del ciclo di audizioni informali proposte dai gruppi. 
Rinvia, quindi, il seguito della discussione ad altra seduta.
La seduta termina alle 16.25.

ATTI DEL GOVERNO
Mercoledì 26 settembre 2018. — Presidenza della presidente della XII Commissione, Marialucia LOREFICE.
La seduta comincia alle 12.35.
Schema di decreto ministeriale recante regolamento per l’applicazione delle norme in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro nell’ambito delle articolazioni centrali e periferiche della Polizia di Stato, del Dipartimento dei vigili del fuoco, del soccorso pubblico e della difesa civile, del Corpo nazionale dei vigili del fuoco nonché delle strutture del Ministero dell’interno destinate per finalità istituzionali all’attività degli organi con compiti in materia di ordine e sicurezza pubblica. 
Atto n. 43. 

(Esame ai sensi dell’articolo 143, comma 4, del regolamento e rinvio).
L
e Commissioni iniziano l’esame del provvedimento.
Marialucia LOREFICE, presidente, avverte che le Commissioni riunite XI e XII avviano oggi l’esame dello schema di decreto ministeriale recante regolamento per l’applicazione delle norme in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro nell’ambito delle articolazioni centrali e periferiche della Polizia di Stato, del Dipartimento dei vigili del fuoco, del soccorso pubblico e della difesa civile, del Corpo nazionale dei vigili del fuoco nonché delle strutture del Ministero dell’interno destinate per finalità istituzionali all’attività degli organi con compiti in materia di ordine e sicurezza pubblica.
Donatella LEGNAIOLI (Lega), relatrice per la XI Commissione, osserva che lo schema di decreto ministeriale in esame – il cui contenuto si appresta a illustrare anche a nome della relatrice per la XII Commissione, deputata Mammì – è volto a dare attuazione alle disposizioni recate dal decreto legislativo n. 81 del 2008, in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro, nei settori della sicurezza pubblica, in cui, per le peculiarità che contraddistinguono il lavoro degli addetti a tali attività, il medesimo decreto legislativo, all’articolo 3, comma 2, prevede il rinvio a specifici decreti per la normativa regolamentare di dettaglio. Nelle more dell’adozione di tali regolamenti, alle strutture interessate si applica il decreto ministeriale n. 450 del 1999, di attuazione dell’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo n. 626 del 1994. 
Ai sensi del citato articolo 3, comma 2, del decreto legislativo n. 81 del 2008, lo schema di decreto in esame è stato proposto dal Ministro dell’interno, in quanto Ministro competente, di concerto con i Ministri del lavoro, della salute e delle politiche sociali, e per le riforme e le innovazioni nella pubblica amministrazione, acquisito il parere della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano, sentite le organizzazioni sindacali comparativamente più significative sul piano nazionale. A tale proposito, la relazione illustrativa del provvedimento precisa che sono state sentite le organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale della Polizia di Stato, del Corpo nazionale dei vigili del fuoco e dell’Amministrazione civile dell’interno e che sono stati acquisiti i pareri della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano e del Consiglio di Stato. 
La relazione illustrativa fornisce indicazioni di dettaglio sulle peculiarità che contraddistinguono le attività degli addetti ai settori della pubblica sicurezza e che giustificano l’adozione di particolari disposizioni attuative del decreto legislativo n. 81 del 2008. In particolare, per quanto riguarda la Polizia di Stato e le strutture del Ministero dell’interno con compiti di ordine e di sicurezza pubblica, le particolari esigenze sono individuate nella peculiarità degli ambienti di lavoro; nella necessità di garantire la direzione delle attività funzionali all’espletamento dei compiti istituzionali; nell’esigenza di assicurare capacità e prontezza di impiego del personale operativo e il relativo addestramento; nell’esigenza di tutelare le informazioni relative all’apparato organizzativo, all’ordine e sicurezza pubblica e al contrasto della criminalità, per le quali, nell’interesse della sicurezza nazionale, è vietata la divulgazione ai sensi delle disposizioni vigenti. Nello specifico, le particolarità costruttive e di impiego degli equipaggiamenti speciali, degli strumenti di lavoro, delle armi, dei mezzi operativi e del relativo supporto logistico, nonché di specifici impianti, quali poligoni di tiro, laboratori di analisi, palestre e installazioni operative, addestrative e di vigilanza, presentano molteplici tipologie di rischio. 
Per quanto riguarda le strutture del Dipartimento e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, le particolari esigenze sono individuate nelle specifiche condizioni di impiego; nella peculiarità delle strutture ove si svolgono le attività prodromiche agli interventi di soccorso; nella specificità dell’addestramento e della formazione del personale; nella manutenzione degli strumenti e dei mezzi operativi; nell’impossibilità di predeterminare le aree di intervento ove sono svolte le attività destinate a salvaguardare la tutela della pubblica incolumità e la preservazione dei beni; nella necessità di assicurare la capacità e la prontezza di impiego del personale, la continuità dei servizi finalizzati al soccorso pubblico e la riservatezza del trattamento dei dati. 
Sulla base delle esigenze in parte diverse dei settori interessati, è stato pertanto adottato lo schema di decreto, articolato in quattro Capi per complessivi 21 articoli. 
Il Capo I reca le disposizioni generali, comuni a tutte le aree di intervento del provvedimento. In particolare, l’articolo 1 delinea l’ambito di applicazione del decreto disponendo che le disposizioni trovano applicazione nelle articolazioni centrali e periferiche della Polizia di Stato e nelle strutture centrali e periferiche del Ministero dell’interno destinate per finalità istituzionali alle attività degli organi con compiti in materia di ordine e sicurezza pubblica; nelle aree e nelle strutture
di pertinenza del Dipartimento dei vigili del fuoco, del soccorso pubblico e della difesa civile, e nelle articolazioni centrali e periferiche del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, nonché nei riguardi del personale permanente e volontario e di quello che opera in situazioni di emergenza. 
Come si legge nella relazione illustrativa, pur in considerazione del fatto che il Corpo nazionale dei vigili del fuoco è una struttura incardinata nel Ministero dell’interno – Dipartimento dei vigili del fuoco, del soccorso pubblico e della difesa civile, si è preferito mantenere la distinzione operata dal legislatore all’articolo 3, comma 2, del decreto legislativo n. 81 del 2008, laddove vengono espressamente menzionati sia il Dipartimento dei vigili del fuoco del soccorso pubblico e della difesa civile sia il Corpo dei vigili del fuoco, atteso che sia le strutture sia il personale dell’uno non sempre coincidono con quelli dell’altro. 
All’articolo 2, che dispone in materia di individuazione del soggetto datore di lavoro, il comma 1 prevede che le funzioni di datore di lavoro, limitatamente agli effettivi poteri di gestione posseduti, sono assolte anche dal dirigente al quale spettano i poteri di gestione dell’ufficio, ivi inclusi quelli di organizzazione del lavoro e di autonoma valutazione del rischio, ovvero dal funzionario non avente qualifica dirigenziale preposto ad un ufficio avente autonomia gestionale, anche ai fini dell’organizzazione del lavoro e della valutazione del rischio, ancorché non siano dotati di autonomi poteri di spesa. 
Si tratta di una disciplina derogatoria rispetto a quella generale prevista dagli articoli 2, comma 1, lettera 
b), e 16, comma 1, lettera d), del decreto legislativo n. 81 del 2008, che delinea la figura del datore di lavoro unica con autonomi poteri di decisione e di spesa. Tuttavia, come si legge nella relazione illustrativa e nel parere del Consiglio di Stato, la deroga è motivata dalla constatazione che in buona parte delle strutture in questione i dirigenti e i funzionari preposti alle medesime non gestiscono capitoli di spesa funzionali all’adozione delle misure di tutela della salute della sicurezza sul lavoro. In ogni caso, la norma, riaffermando la disciplina generale, mantiene ferme le responsabilità, limitatamente agli effettivi poteri di gestione posseduti, dei dirigenti o funzionari che hanno l’obbligo di provvedere all’adozione di misure di prevenzione e di interventi strutturali e di manutenzione, per i quali sono necessari autonomi poteri decisionali e di spesa. Allo stesso modo, il comma 2, dispone che la responsabilità della salute e della sicurezza del personale compete anche ai dirigenti che, pur non dotati di autonomi poteri decisionali e di spesa, sono responsabili della pianificazione e gestione finanziaria delle risorse di bilancio ovvero dell’assegnazione agli uffici delle risorse per il soddisfacimento della sicurezza, limitatamente a tali attività. Infine, il comma 3 rinvia a successivi decreti del Ministro dell’interno, da adottarsi entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore del decreto, l’individuazione dei datori di lavoro. 
Sulla struttura delle responsabilità delineata dalla disposizione in esame, infine, rileva che la relazione illustrativa del decreto ne evidenzia l’affinità con quella prevista per il comparto della difesa. 
Osserva, quindi, che l’articolo 3 riprende le definizioni generali, di cui al decreto legislativo n. 81 del 2008, riguardanti il dirigente e il preposto e che l’articolo 4 delinea la procedura per la trasmissione delle segnalazioni formali e dei documenti e di fornitura dei dati da parte del datore di lavoro e del medico competente. In particolare, per quanto riguarda il personale della Polizia di Stato e del Corpo nazionale, si prevede l’invio delle informazioni agli uffici di vigilanza dell’amministrazione dell’interno nonché, relativamente ai dati, all’Istituto nazionale per l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro, a soli fini statistici e in forma aggregata e anonima. Ciò in quanto, in materia assicurativa, al personale della Polizia di Stato e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco si applica la disciplina speciale dettata dai rispettivi ordinamenti. Viceversa, per quanto riguarda il personale dell’amministrazione civile dell’interno,
rimane ferma la disciplina generale dettata dal decreto legislativo n. 81 del 2008. 
Il successivo articolo 5 dispone l’istituzione da parte del datore di lavoro, tenuto conto delle esigenze di riservatezza e segretezza, del servizio di prevenzione e protezione, per il quale si avvale del personale dell’Amministrazione in servizio e in possesso dei requisiti richiesti. Solo per comprovate necessità e a integrazione dell’azione del servizio interno, il datore di lavoro può fare ricorso a personale tecnico esterno all’Amministrazione. 
L’articolo 6 individua nei rispettivi uffici di vigilanza i soggetti cui compete l’attività di vigilanza sulla corretta applicazione della disciplina in materia di salute e sicurezza sul lavoro. La norma, inoltre, esclude per il personale dei vigili del fuoco la possibilità di svolgere attività di vigilanza nelle strutture ove presta servizio o dove svolge il ruolo di medico competente. L’articolo 7 dettaglia i contenuti dell’attività di vigilanza e prevede che i ricorsi avverso i giudizi del medico competente sono esaminati da un’apposita commissione medica composta di tre membri. Anche in questo caso, per motivate esigenze e ove non sia possibile fare ricorso a figure interne, gli uffici di vigilanza e la commissione medica possono ricorrere a tecnici esterni all’Amministrazione per effettuare rilievi, misurazioni, indagini analitiche e verifiche tecniche per accertare compiutamente le condizioni di salubrità e di sicurezza degli ambienti di lavoro ovvero per decidere i ricorsi avverso i giudizi del medico competente. 
Passa, quindi, al Capo II, che detta disposizioni particolari per le articolazioni centrali e periferiche della Polizia di Stato, nonché per le strutture del Ministero dell’interno destinate per finalità istituzionali alle attività degli organi con compiti in materia di ordine e sicurezza pubblica, come precisamente individuate dall’articolo 8. 
In particolare, il comma 2 di tale articolo definisce le peculiari esigenze connesse al servizio espletato ovvero le peculiarità organizzative alla base della necessità di una disciplina autonoma. Si tratta, infatti, della «direzione delle attività funzionale e all’espletamento dei compiti istituzionali; della capacità e prontezza di impiego del personale operativo e relativo addestramento; della tutela delle informazioni relative all’efficienza dell’apparato organizzativo, alla tutela dell’ordine e della sicurezza pubblica e al contrasto della criminalità, per le quali, nell’interesse della sicurezza nazionale, è vietata la divulgazione; delle particolarità costruttive e di impiego di equipaggiamenti speciali, strumenti di lavoro, armi, mezzi operativi quali unità navali, aeromobili, mezzi di trasporto e relativo supporto logistico, nonché specifici impianti quali poligoni di tiro, laboratori di analisi, palestre e installazioni operative, addestrative e di vigilanza. Il comma 3 prevede che, fatto salvo il dovere di intervento anche in caso di personale esposizione al pericolo, il personale appartenente alla Polizia di Stato deve adottare le misure di sicurezza e protezione anche individuali predisposte per lo specifico impiego. Infine, sulla base del comma 4, negli immobili e nelle aree di pertinenza delle strutture in cui opera il personale della Polizia di Stato sono salvaguardate le caratteristiche strutturali, organizzative e funzionali preordinate a realizzare un adeguato livello di protezione e di tutela del personale in servizio nonché delle sedi di servizio, installazioni e mezzi, contro il pericolo di attentati, aggressioni, introduzioni di armi ed esplosivi, sabotaggi di sistemi, impianti e apparecchiature; la sicurezza e la riservatezza delle telecomunicazioni e del trattamento dei dati; la prevenzione della fuga o di aggressioni, nonché la prevenzione di azioni di autolesionismo delle persone detenute, arrestate, fermate o trattenute. 
L’articolo 9 dispone in materia di funzioni del medico competente, svolte dai medici del ruolo professionale dei sanitari della Polizia di Stato in possesso dei titoli o requisiti previsti dall’articolo 38, comma 1, del decreto legislativo n. 81 del 2008.
Anche in questo caso, la norma, al comma 2, prevede la possibilità, in caso di motivata necessità, di ricorso a strutture esterne, sulla base di convenzioni con enti pubblici e privati operanti in ambito sanitario, con oneri a carico del datore di lavoro. Il comma 3 prevede la possibilità di nominare un medico competente con l’incarico di coordinatore di strutture sanitarie cui afferiscono più uffici. L’aggiornamento professionale, attraverso specifici percorsi formativi, è compito del Dipartimento della pubblica sicurezza, presso il quale, inoltre, è istituito, custodito ed aggiornato, un apposito elenco dei medici della Polizia di Stato che svolgono le funzioni di medico competente. 
Rileva che l’articolo 10, richiamandosi alla disciplina generale recata dal decreto legislativo n. 81 del 2008, riguarda i rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza, rinviando, con riferimento ai rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza del personale della Polizia di Stato, a un accordo nazionale quadro la definizione del numero, delle modalità di designazione o di elezione, del tempo di lavoro retribuito e degli strumenti per l’espletamento delle funzioni, nonché le modalità e i contenuti della formazione. Ancora richiamandosi alla disciplina generale, l’articolo 11 dispone che l’informazione, la formazione e l’addestramento del personale sono compito del datore di lavoro. In particolare, l’informazione viene erogata attraverso l’emanazione di circolari, direttive, avvisi da affiggere in apposite bacheche, nelle modalità ritenute più idonee dal datore di lavoro; la formazione di base è attuata, nell’ambito dei cicli formativi e addestrativi di base, sia per l’immissione nei ruoli sia per la progressione in carriera del personale, secondo programmi didattici distinti per ruoli di appartenenza e dedicati ai rischi tipici e alle peculiarità tecniche, operative e organizzative dell’attività della Polizia di Stato. La norma, infine, prevede che l’attività formativa, che si conclude con il rilascio di apposito attestato di frequenza che costituisce titolo valido ai fini delle trascrizioni matricolari degli interessati, è articolata in seminari, conferenze e cicli di formazione e di aggiornamento, ed è svolta presso gli istituti di formazione del Ministero dell’interno ovvero presso strutture dallo stesso individuate. 
Il successivo articolo 12 prevede che, anche sulla base di speciali capitolati d’opera, i materiali, le armi, le installazioni, le attrezzature di protezione e i mezzi specificati nella norma sono disciplinati sulla base di disposizioni adottate, sulla scorta del capitolato tecnico, del contratto e del disciplinare di impiego o del manuale d’uso, previo controllo tecnico, verifica o collaudo da parte di personale in possesso di specifici requisiti professionali previsti dalla normativa vigente. 
Rileva che l’articolo 13, concernente la valutazione dei rischi, nel quadro generale di cui al decreto legislativo n. 81 del 2008, dispone l’obbligo dei dirigenti che provvedono all’individuazione delle disposizioni tecniche e dei capitolati tecnici d’opera dei materiali, delle armi, delle installazioni e dei mezzi, di fornire ai datori di lavoro destinatari finali le informazioni necessarie per la valutazione dei rischi e la redazione del relativo documento. Infine, sempre nel quadro degli adempimenti connessi alla valutazione dei rischi, la norma prevede che la valutazione dello stress lavoro-correlato è definita in base alle indicazioni della Commissione consultiva permanente per la salute e la sicurezza sul lavoro, di cui all’articolo 6 del decreto legislativo n. 81 del 2008, tenendo conto delle particolari caratteristiche e modalità delle prestazioni lavorative. L’articolo 14, infine, con riferimento alla redazione del documento unico di valutazione dei rischi da interferenze, detta i criteri da applicare alle informazioni di cui, sulla base del principio di riservatezza, è vietata la divulgazione nell’interesse della tutela dell’ordine e della sicurezza pubblica o per evitare pregiudizio ai compiti istituzionali. 
Passa, quindi, al Capo III, che riguarda le aree e le strutture di pertinenza del Dipartimento e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, come individuate dall’articolo
15, che circoscrive il campo di applicazione della disciplina in esame. Quanto ai soggetti destinatari, la norma fa riferimento al personale permanente e volontario del Corpo nazionale e il personale dell’amministrazione civile dell’interno in servizio presso il Dipartimento dei vigili del fuoco, compreso quello che opera in situazioni di emergenza. Segnala, infine, che il comma 4 prevede che, compatibilmente con le disposizioni del decreto legislativo n. 81 del 2008, il vestiario, gli strumenti e attrezzature, gli specifici impianti, le installazioni addestrative anche speciali, le attrezzature di protezione individuale e i mezzi operativi del Corpo nazionale sono disciplinati da specifiche disposizioni, nel rispetto delle norme europee, anche sulla base di speciali capitolati d’opera, previo controllo tecnico, verifica o collaudo da parte del personale del Dipartimento dei vigili del fuoco in possesso dei requisiti professionali previsti dalla normativa vigente. 
Rileva che il successivo articolo 16 introduce disposizioni riguardanti la valutazione dei rischi, i luoghi di lavoro, l’informazione e la formazione specifica. In particolare, la norma, al comma 2, dispone che la valutazione dei rischi è effettuata dai dirigenti delle strutture del Dipartimento dei vigili del fuoco, che provvedono alla redazione del capitolato, all’acquisto e al collaudo del materiale in uso e che, solo in questo caso, assolvono le funzioni di datore di lavoro. Inoltre, il medesimo comma 2 pone in capo al datore di lavoro e al dirigente l’obbligo di assicurare al personale assegnatario delle forniture la formazione e l’informazione relative al loro corretto impiego. I commi 3 e 4 dettano una specifica disciplina per le aree in cui i vigili del fuoco sono chiamati ad operare e per quelle in cui si effettuano attività di addestramento, esercitazioni operative o manifestazioni a cui il personale partecipa anche al di fuori delle sedi e infrastrutture di pertinenza del Corpo nazionale. La formazione e l’aggiornamento del personale, compresi i dirigenti e i preposti, si svolgono, come previsto dal comma 6, nell’ambito di corsi formazione teorico-pratica e di addestramento per l’immissione in ruolo, di corsi di progressione in carriera e di aggiornamento nonché dell’attività di addestramento, mantenimento e 
re-training svolti presso le strutture centrali e periferiche del Corpo nazionale, nonché, su specifica autorizzazione del Corpo nazionale, in occasione di corsi, di seminari e conferenze svolti anche da amministrazioni, istituzioni ed enti esterni. Infine, come previsto dal comma 9, la valutazione dello stress lavoro-correlato è definita tenendo conto delle particolari caratteristiche e modalità delle prestazioni lavorative. 
Rileva che l’articolo 17 riguarda i cantieri temporanei e mobili in cui, ai sensi del comma 1, la vigilanza sulla applicazione della disciplina in materia di salute e sicurezza è effettuata dal personale dell’ufficio di vigilanza dell’Ufficio centrale ispettivo del Dipartimento dei vigili del fuoco. Alla valutazione dei rischi e alla redazione del relativo documento non si procede nei casi in cui occorra allestire un cantiere per il tempo strettamente necessario alla conclusione degli interventi di soccorso. 
Sulla base dell’articolo 18, le funzioni di medico competente sono svolte dai medici dei ruoli professionali dei direttivi e dei dirigenti medici del Corpo nazionale che abbiano esercitato per almeno quattro anni l’attività di medico nel settore della medicina del lavoro nell’ambito delle strutture dipendenti dal Ministero dell’interno ovvero siano in possesso dei requisiti previsti dall’articolo 38, comma 1, del decreto legislativo n. 81 del 2008, designati a livello centrale e periferico. I commi 2 e 3, in considerazione delle peculiari condizioni di impiego dei vigili del fuoco, dettano particolari previsioni relative al libretto sanitario e alla verifica di assenza di condizioni di alcol-dipendenza o di assunzione di sostanze psicotrope e stupefacenti. Anche per il Corpo nazionale è prevista, al comma 4, la possibilità di nominare un medico competente coordinatore.
Infine, al Capo IV, l’articolo 19 reca le abrogazioni di norme e le disposizioni transitorie e l’articolo 20 dispone l’estensione della disciplina del presente schema di decreto anche al Corpo valdostano dei vigili del fuoco e al Corpo permanente dei vigili del fuoco di Trento e Bolzano, compatibilmente con gli statuti speciali e le relative norme di attuazione, fino a quando la materia non sarà disciplinata dalla regione Valle d’Aosta e dalle province autonome di Trento e Bolzano. L’articolo 21, da ultimo, reca la clausola di invarianza finanziaria.
Marialucia LOREFICE, presidente, nessuno chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell’esame ad altra seduta.
La seduta termina alle 13.

UFFICIO DI PRESIDENZA INTEGRATO DAI RAPPRESENTANTI DEI GRUPPI
Mercoledì 26 settembre 2018.
L’ufficio di presidenza si è riunito dalle 13 alle 13.20.

SEDE REFERENTE
Martedì 25 settembre 2018. — Presidenza del Presidente della XI Commissione, Andrea GIACCONE. — Intervengono il Sottosegretario di Stato per il lavoro e le politiche sociali, Claudio Cominardi, e il Sottosegretario di Stato per la famiglia e la disabilità, Vincenzo Zoccano.
La seduta comincia alle 15.10.
Misure per prevenire e contrastare condotte di maltrattamento o di abuso, anche di natura psicologica, in danno dei minori negli asili nido e nelle scuole dell’infanzia e delle persone ospitate nelle strutture socio-sanitarie e socio-assistenziali per anziani e persone con disabilità e delega al Governo in materia di formazione del personale. 
C. 1066 Calabria e C. 480 Calabria.
 
(Esame e rinvio).
Le Commissioni iniziano l’esame del provvedimento.
Andrea GIACCONE, presidente avverte che le Commissioni riunite I e XI iniziano oggi l’esame delle proposte di legge C. 1066 e C. 480, ambedue a prima firma Calabria. 
Ricorda che la proposta C. 1066 riproduce l’identico testo di un progetto di legge approvato dalla Camera nella precedente legislatura e che l’Assemblea, lo scorso 19 settembre, ne ha dichiarato l’urgenza e ha fissato il termine di quindici giorni alle Commissioni per riferire all’Assemblea, ai sensi dell’articolo 107, comma 1, del Regolamento: tale termine scadrà pertanto il prossimo giovedì 4 ottobre. 
Ricorda, altresì, che la proposta di legge C. 480 Calabria è stata abbinata ai sensi dell’articolo
77, comma 1, del Regolamento, in quanto vertente su materia identica. 
Invita, quindi, le relatrici, deputata Dieni, per la I Commissione, e deputata Murelli, per la XI Commissione, a illustrare il contenuto delle proposte di legge.
Federica DIENI (M5S), relatrice per la I Commissione, rileva come le Commissioni riunite I e XI siano chiamate a esaminare, in sede referente, la proposta di legge C. 1066 Calabria, recante misure per prevenire e contrastare condotte di maltrattamento o di abuso, anche di natura psicologica, in danno dei minori negli asili nido e nelle scuole dell’infanzia e delle persone ospitate nelle strutture socio-sanitarie e socio-assistenziali per anziani e persone con disabilità e delega al Governo in materia di formazione del personale, cui è abbinata la proposta di legge C. 480 Calabria. 
Segnala innanzitutto che, l’Assemblea, nella seduta del 19 settembre 2018, ai sensi dell’articolo 107, comma 1, ha approvato la dichiarazione di urgenza della proposta di legge C. 1066 e ha fissato un termine di quindici giorni (che scadranno il 4 ottobre 2018) alle Commissioni per riferire. Ricorda che il predetto articolo 107, comma 1, del Regolamento, prevede che, qualora nei primi sei mesi dall’inizio della legislatura sia presentato un progetto di legge che riproduca l’identico testo di un progetto approvato dalla Camera nella precedente legislatura, l’Assemblea, previa dichiarazione d’urgenza, può fissare, su richiesta del Governo o di un presidente di un gruppo parlamentare, un termine di quindici giorni alla Commissione per riferire. Segnala altresì come la proposta di legge n. 1066 riproduca integralmente il testo unificato approvato dalla Camera nella XVII legislatura, trasmesso al Senato (atto Senato n. 2574), il quale ne ha avviato l’esame in sede referente, svolgendo attività conoscitiva sul tema, senza giungere a conclusione dell’
iter di approvazione prima della fine della legislatura. 
Rileva che la proposta di legge ha la finalità, enunciata all’articolo 1, di prevenire e contrastare, in ambito pubblico e privato, condotte di maltrattamento o di abuso, anche di natura psicologica, in danno dei minori negli asili nido e nelle scuole dell’infanzia e delle persone ospitate nei diversi tipi di strutture sociosanitarie e socio-assistenziali per anziani e per persone con disabilità. A tale fine, la norma esplicita che la proposta di legge intende disciplinare anche la raccolta di dati utilizzabili a fini probatori in sede di accertamento di tali condotte. 
Con riferimento all’ambito di applicazione della proposta di legge, segnala come le scuole dell’infanzia siano sia statali sia paritarie (private o degli enti locali) e come la formulazione della proposta di legge, che peraltro non specifica esplicitamente tale aspetto, lasci intendere, all’articolo 6, comma 3, che il provvedimento riguarda le scuole dell’infanzia statali e paritarie. Il testo dell’articolo 1 specifica altresì che restano fermi il patto di corresponsabilità educativa e la presa in carico degli anziani e delle persone con disabilità. Scopo del provvedimento è dunque quello di predisporre una particolare tutela dei soggetti particolarmente deboli e vulnerabili, quali i minori che frequentano asili nido o scuole dell’infanzia, le persone con disabilità e gli anziani ospitati in apposite strutture. 
L’articolo 2 reca una delega al Governo in materia di formazione del personale degli asili nido, delle scuole dell’infanzia e delle strutture socio-sanitarie e socio-assistenziali per anziani e per persone con disabilità. La delega mantiene in ogni caso ferma la disciplina del nuovo sistema integrato di educazione e di istruzione dalla nascita fino al termine della scuola dell’infanzia attuata dal decreto legislativo n. 65 del 2017. 
In particolare, il comma 1 delega il Governo ad adottare, entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della legge, un decreto legislativo per la definizione delle modalità relative alla valutazione attitudinale nell’accesso alle professioni educative e di cura, nonché delle modalità della formazione obbligatoria iniziale e permanente del personale. 
I princìpi e criteri direttivi di delega stabiliscono: alla lettera 
a), che gli operatori socio-sanitari, gli infermieri e gli altri soggetti che operino con mansioni di assistenza diretta presso strutture socio-sanitarie o socio-assistenziali, a carattere residenziale, semiresidenziale o diurno, nonché il personale, docente e non docente, degli asili nido e delle scuole dell’infanzia siano in possesso di adeguati requisiti, che integrino l’idoneità professionale con una valutazione attitudinale; alla lettera b), che la valutazione attitudinale di cui alla lettera a) sia effettuata al momento dell’assunzione e, successivamente, con cadenza periodica, anche in relazione al progressivo logoramento psico-fisico derivante dallo svolgimento di mansioni che richiedono prestazioni di assistenza continuativa a soggetti in condizioni di vulnerabilità; alla lettera c), che, nel rispetto delle competenze regionali, siano stabiliti percorsi di formazione professionale continua dei lavoratori di cui alla lettera a), che valorizzino le migliori pratiche sviluppate nelle diverse realtà operanti nel territorio nazionale, assicurando il coinvolgimento delle famiglie, degli operatori e degli enti territoriali; alla lettera d), che siano previsti incontri periodici e regolari di équipes di operatori, al fine di rilevare tempestivamente l’eventuale insorgenza di criticità e di individuare le possibili soluzioni, anzitutto all’interno della medesima équipe, favorendo la condivisione e la crescita professionale del personale; alla lettera e), che siano previsti colloqui individuali o incontri collettivi tra famiglie e operatori o educatori, intesi a potenziare il patto di corresponsabilità educativa e la presa in carico di anziani e persone con disabilità, quali principali strumenti per migliorare il benessere delle persone destinatarie di interventi educativi o di cura, oltre che a rafforzare il coinvolgimento e la fiducia dei familiari nelle relazioni con il personale educativo e di cura; alla lettera f), che siano previsti adeguati percorsi di sostegno e ricollocamento del personale dichiarato non idoneo allo svolgimento delle mansioni (nelle strutture oggetto della delega), contemplando in particolare, con riferimento all’àmbito educativo, un’azione preventiva attuata da équipe psico-pedagogiche territoriali. 
Ai sensi del comma 2 il decreto legislativo predisposto ai sensi della delega è adottato, su proposta del Ministro dell’istruzione, di concerto con il Ministro della salute, il Ministro del lavoro, il Ministro per la pubblica amministrazione e il Ministro dell’economia, previo parere della Conferenza unificata. Sullo schema di decreto è previsto il parere delle Commissioni parlamentari competenti per materia e per i profili finanziari. Qualora il Governo non intenda conformarsi ai pareri parlamentari, è tenuto a trasmetterlo nuovamente alle Camere con eventuali modificazioni; il testo nuovamente trasmesso è sottoposto al parere delle Commissioni competenti. 
Ai sensi del comma 3 all’attuazione della delega si provvede nell’àmbito delle risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente e, in ogni caso, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica; in caso contrario, i relativi decreti legislativi sono adottati solo successivamente o contestualmente all’entrata in vigore dei provvedimenti legislativi che stanzino le occorrenti risorse finanziarie. 
L’articolo 3 demanda al Ministro della salute, di concerto con il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, previa intesa in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome e previa consultazione delle organizzazioni sindacali più rappresentative sul piano nazionale e sentite le associazioni dei familiari degli utenti delle strutture, la definizione, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della legge, di linee guida sulle modalità di accesso alle strutture socio-sanitarie e socio-assistenziali, al fine di garantire, ove possibile, le visite agli ospiti lungo l’intero arco della giornata sempre al fine di prevenire maltrattamenti o abusi, anche di natura psicologica. In tale ambito si prevede che le associazioni dei familiari, le quali devono essere consultate nel corso dell’elaborazione delle linee guida, sono individuate dal Ministero della salute e dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali. 
L’articolo 4, comma 1, per rispondere alle finalità del testo enunciate nell’articolo 1, consente l’installazione, negli asili nido, nelle scuole dell’infanzia e nelle strutture socio-sanitarie e socio-assistenziali per anziani e persone con disabilità, a carattere residenziale, semi-residenziale o diurno, di sistemi di videosorveglianza a circuito chiuso, diversi da webcam, le cui immagini sono cifrate al momento dell’acquisizione
all’interno delle telecamere, attraverso un sistema a doppia chiave asimmetrica. 
Ai sensi dei commi 2 e 3 l’accesso alle registrazioni dei sistemi è vietato, salvo quanto stabilito dal libro V, Titoli IV e V, del codice di procedura penale in caso di notizia di reato, al fine di consentire le attività di indagine della polizia giudiziaria e del pubblico ministero. In tale contesto il comma 4 prevede che l’installazione dei sistemi di videosorveglianza a circuito chiuso è possibile previo raggiungimento di un accordo collettivo stipulato dalla rappresentanza sindacale unitaria o dalle rappresentanze sindacali aziendali, ovvero, laddove non costituite, dalle rappresentanze sindacali territoriali. In alternativa, nel caso di strutture con sedi ubicate in diverse province della stessa regione ovvero in più regioni, tale accordo può essere stipulato dalle associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale. In mancanza di accordo, tali sistemi possono essere installati previa autorizzazione della sede territoriale dell’Ispettorato nazionale del lavoro o, in alternativa, della sede centrale dell’Ispettorato nazionale del lavoro. La norma specifica che i provvedimenti adottati con tale modalità sono da considerarsi definitivi. Il comma 5 stabilisce altresì che la presenza dei sistemi di videosorveglianza a circuito chiuso deve essere adeguatamente segnalata a tutti i soggetti che accedono nella zona videosorvegliata. 
Per quanto riguarda l’installazione dei sistemi di videosorveglianza negli asili nido e nelle scuole dell’infanzia il comma 6 demanda al Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca, previo parere della Conferenza unificata, la definizione, con proprio decreto (entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge), delle modalità per assicurare il necessario coinvolgimento delle famiglie interessate nella relativa disciplina. Nelle strutture socio-sanitarie e socio-assistenziali il comma 7 richiama altresì il necessario rispetto della Convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità, e previo consenso degli interessati o, se minorenni o incapaci, dei loro tutori. Al Garante per la protezione dei dati personali, con proprio provvedimento, da adottare entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge, il comma 8 affida la definizione degli adempimenti e le prescrizioni da applicare in relazione all’installazione dei sistemi di videosorveglianza previsti dal testo e al trattamento dei dati personali effettuato mediante i medesimi sistemi. 
In caso di violazione delle disposizioni previste dall’articolo 4 e di quanto stabilito dal provvedimento del Garante adottato il comma 10 prevede l’applicazione delle sanzioni di cui al titolo III della parte III del codice in materia di protezione dei dati personali di cui al decreto legislativo n. 196 del 2003. 
Per quanto concerne i richiami al codice in materia di protezione dei dati personali contenuti nella disposizione, segnala l’esigenza di tenere conto della recente entrata in vigore del decreto legislativo n. 101 del 2018, che ha dettato disposizioni di adeguamento della normativa nazionale al regolamento (UE) 2016/679 (cosiddetto GRDP, regolamento generale sulla protezione dei dati), abrogando numerosi articoli del predetto codice, nonché dei contenuti del Regolamento UE (entrato in vigore lo scorso 25 maggio 2018). 
In tale contesto ricorda che nel corso dell’esame al Senato, la scorsa legislatura, del disegno di legge n. 2574, il cui testo corrisponde a quello della proposta di legge in esame, era stato ascoltato il Garante per la protezione dei dati personali e aveva espresso diverse considerazioni in merito. 
L’articolo 5 prevede che il Governo trasmetta alle Camere, entro il 31 marzo di ogni anno, una relazione sull’attuazione della legge, la quale dia conto anche dei dati rilevati dal Ministero della giustizia e dal Ministero dell’interno, nell’àmbito delle rispettive competenze, in ordine all’andamento, nell’anno di riferimento, dei reati commessi in danno dei minori e delle persone ospitate nelle strutture in esame, nonché dei relativi procedimenti giudiziari.
L’articolo 6, ai commi da 1 a 3, reca da un lato, la clausola di invarianza degli oneri a carico della finanza pubblica e, dall’altro, istituisce, al comma 2, nello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze, un fondo con una dotazione di 5 milioni di euro per ciascuno degli anni 2017, 2018 e 2019, al fine di condurre una sperimentazione delle misure previste dalla legge, a partire dalla formazione del personale delle strutture, nelle more dell’attuazione della delega di cui all’articolo 2. Il comma 4 provvede alla relativa copertura finanziaria, riducendo nelle medesime misure, per il 2017, l’accantonamento relativo al Ministero dell’economia e delle finanze e, per il 2018 e 2019, l’accantonamento relativo al Ministero del lavoro e delle politiche sociali del fondo speciale di parte corrente (fondo destinato alla copertura degli oneri derivanti dai provvedimenti legislativi che si prevede possano essere approvati nel triennio di riferimento). Sul punto è necessario procedere all’aggiornamento della copertura finanziaria, considerato che il testo fa riferimento al triennio 2017-2019. Il comma 5 pone la consueta clausola finale di autorizzazione al Ministro dell’economia e delle finanze ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio. 
L’articolo 7 specifica che le norme della legge si applicano nelle regioni a statuto speciale e nelle province autonome di Trento e di Bolzano compatibilmente con le disposizioni dei rispettivi statuti e le relative norme di attuazione. 
Per quanto riguarda invece il contenuto della proposta di legge C. 480, essa si compone di sei articoli e si concentra principalmente sulla disciplina dell’utilizzo di sistemi di videosorveglianza che le strutture di cui sopra possono installare. Inoltre essa prevede la delega al Governo in materia di formazione del personale addetto alle strutture, recuperando in merito il contenuto della proposta approvata dalla Camera nella scorsa legislatura. 
Gli articoli 1 e 2 disciplinano la possibilità di dotarsi di sistemi di videosorveglianza, che riguarda: gli asili nido comunali e privati e le scuole dell’infanzia statali, comunali e paritarie; le strutture socio-assistenziali per anziani, disabili e minori in situazione di disagio, convenzionate o meno con il Servizio sanitario nazionale, nonché le strutture di carattere residenziale o semiresidenziale gestite direttamente dalle aziende sanitarie locali. Tali strutture possono dotarsi di un sistema di videosorveglianza costituito da telecamere a circuito chiuso con immagini criptate, a tutela dei minori o dei soggetti ivi ospitati. I commi 2 dell’articolo 1 e dell’articolo 2 specificano che le registrazioni del sistema di videosorveglianza possono essere visionate esclusivamente dalle Forze di polizia soltanto a seguito di denuncia di reato presentata all’autorità competente. 
A differenza della proposta di legge C. 1066, la proposta di legge C. 480 disciplina direttamente, all’articolo 3, le caratteristiche che deve possedere il sistema di videosorveglianza, prescrivendo un sistema di criptazione a doppia chiave asimmetrica con le relative specificazioni tecniche. 
L’articolo 4 rinvia inoltre ad un regolamento del Garante della 
privacy, da adottare entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge, per la definizione delle garanzie di riservatezza da osservare per l’installazione e il funzionamento delle videocamere. 
L’articolo 5 prevede l’istituzione in via sperimentale di un fondo per la videosorveglianza, con una dotazione di 5 milioni di euro per ciascuno degli anni 2018, 2019 e 2020, specificamente destinato a finanziare l’acquisto, l’installazione, la gestione e la manutenzione dei sistemi di videosorveglianza nelle strutture. 
L’articolo 6, recante una delega al Governo in materia di formazione del personale degli asili nido, delle scuole dell’infanzia e delle strutture socio-sanitarie e socio-assistenziali per anziani e per persone disabili, risulta analogo all’articolo 2 della proposta di legge n. 1066. 
Per quanto concerne le competenze legislative costituzionalmente definite in relazione ai contenuti delle proposte di legge, segnala, in generale, come l’installazione
Pag. 10di impianti di videosorveglianza per finalità di sicurezza appaia riconducibile alle materia «ordine pubblico e sicurezza», rimessa alla competenza legislativa esclusiva dello Stato, anche con riguardo alle possibili forme di coordinamento con le Regioni (articoli 117, secondo comma, lettera h), e 118, terzo comma, della Costituzione; in questo senso, la sentenza della Corte costituzionale n. 63 del 2016). A tale proposito viene altresì in rilievo la materia «ordinamento civile», attribuita alla competenza legislativa esclusiva dello Stato (articolo 117, secondo comma, lettera l), della Costituzione). Le proposte di legge incidono altresì su profili attinenti alle materie «istruzione» e «tutela della salute», di competenza concorrente tra lo Stato e le regioni e «politiche sociali», ascritta alla competenza residuale regionale. In tale quadro, ricorda che alcune regioni hanno adottato una propria disciplina relativamente ad alcuni profili che riguardano l’adozione di sistemi di videosorveglianza nelle strutture socio-sanitarie.
Elena MURELLI (Lega), relatrice per la XI Commissione, per quanto riguarda gli aspetti delle due proposte di legge più direttamente riconducibili ai profili di competenza della XI Commissione, rileva che l’articolo 2 della proposta n. 1066 reca, al comma 1, una delega al Governo per la definizione delle modalità della valutazione attitudinale per l’accesso alle professioni educative e di cura, nonché delle modalità della formazione obbligatoria iniziale e permanente del personale degli asili nido e delle scuole dell’infanzia, nonché delle strutture socio-sanitarie e socio-assistenziali per anziani e persone con disabilità, a carattere residenziale, semiresidenziale o diurno. I principi e i criteri direttivi per l’esercizio della delega sono: il possesso da parte del personale coinvolto di adeguati requisiti che integrino l’idoneità professionale con una valutazione attitudinale; la verifica del possesso di tali requisiti al momento dell’assunzione e l’accertamento periodico della loro permanenza; percorsi di formazione continua dei lavoratori; la previsione di una metodologia, basata su incontri periodici, per la verifica e la soluzione di criticità all’interno dell’équipe; il potenziamento del patto di corresponsabilità educativa e della presa in carico di anziani e persone con disabilità; percorsi di sostegno e ricollocamento del personale dichiarato non idoneo. I successivi commi 2 e 3 disciplinano la procedura per l’adozione del decreto legislativo. 
Rileva, altresì, che la proposta di legge n. 480 reca, all’articolo 6, disposizioni di contenuto del tutto analogo a quelle di cui ha dato conto. 
Anche l’articolo 4 della proposta di legge n. 1066 reca disposizioni di diretto interesse della XI Commissione, in quanto disciplinano l’utilizzo dei sistemi di videosorveglianza nelle strutture considerate dalla proposta di legge. Si sofferma, in questa sede, sulla problematica del rispetto delle disposizioni recate dall’articolo 4 della legge n. 300 del 1970 (Statuto dei lavoratori). Ricorda che tale articolo prevede che gli impianti audiovisivi e gli altri strumenti dai quali derivi anche la possibilità di controllo a distanza dell’attività dei lavoratori possono essere impiegati esclusivamente per esigenze organizzative e produttive, per la sicurezza del lavoro e per la tutela del patrimonio aziendale. 
Allo scopo di evitare l’insorgenza di conflitti tra le due discipline, infatti, e conformemente a quanto disposto dalla normativa generale, il comma 4, riprendendo quanto previsto dal comma 1 dell’articolo 4 della legge n. 300 del 1970, prevede che l’installazione dei sistemi di videosorveglianza sia subordinata ad un accordo collettivo stipulato dalla rappresentanza sindacale unitaria o dalle rappresentanze sindacali aziendali ovvero, laddove non siano costituite, dalle rappresentanze sindacali territoriali. Il caso di strutture con più sedi territoriali, l’accordo può essere stipulato dalle associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale. La norma prevede, inoltre, che, in caso di mancanza di accordo, i sistemi di videosorveglianza
possano essere installati previa autorizzazione della sede territoriale dell’Ispettorato nazionale del lavoro o, in alternativa, dalla sede centrale dell’Ispettorato medesimo. Il comma 5 prevede, infine, il diritto degli utenti e del personale delle strutture di ricevere adeguate informative sulla raccolta delle registrazioni dei sistemi di videosorveglianza, sulla loro conservazione, nonché sulle modalità e sulle condizioni per accedervi.
Gennaro MIGLIORE (PD), pur prendendo atto che sul provvedimento in esame è già stato esaminato nella scorsa Legislatura dalla Camera, la quale lo aveva approvato, e che su di esso è stato deliberato di procedere con urgenza, ai sensi dell’articolo 107, del Regolamento, ritiene opportuno procedure ad un ciclo di audizioni, ascoltando in particolare il Garante per la protezione dei dati personali, al fine di approfondire le questioni già emerse nella passata legislatura e rendere il testo più efficace.
Carlo FATUZZO (FI), apprezzando il lavoro svolto dalle relatrici, propone di rendere obbligatoria l’istallazione di impianti di videosorveglianza, ora prevista come possibilità. Richiamandosi alla sua personale esperienza, infatti, ritiene che una simile modifica renderebbe efficace i provvedimenti che, altrimenti, rischiano di restare mere dichiarazioni di principio. Considerando che, a suo giudizio, anche le maggiori spese troverebbero copertura nelle rette poste a carico degli utenti, preannuncia la presentazione di un emendamento in tal senso.
Ettore Guglielmo EPIFANI (LeU), ripercorrendo l’iter della proposta di legge nella scorsa legislatura, ricorda che, nonostante l’ampia convergenza delle forze politiche sul provvedimento, questo si era arenato al Senato perché non era stato chiarito il nesso tra diritti della persona e libertà personale, la cui complessità era stata sottolineata dal Garante per la protezione dei dati personali nel corso di un’audizione. Alla luce di tali considerazioni, pertanto, ritiene necessario, al pari del collega Migliore, procedere ad alcune audizioni mirate.
Maria Teresa BELLUCCI (FdI), esprime, a nome del proprio gruppo, un giudizio positivo sul provvedimento in esame e richiama, in particolare, l’attenzione delle Commissioni sull’articolo 2, che riguarda l’aspetto a suo avviso di maggiore importanza, vale a dire la valutazione attitudinale e la formazione, iniziale e permanente, del personale degli asili nido, delle scuole dell’infanzia e delle strutture socio-sanitarie e socio-assistenziali per anziani e per persone con disabilità. Si associa alla richiesta di procedere ad un ciclo di audizioni, nell’ambito del quale ritiene possano essere sentiti, oltre al Garante per la protezione dei dati personali, anche l’Autorità garante per l’infanzia e l’adolescenza e i rappresentanti dei lavoratori. Rileva infatti come i lavoratori del settore si trovino frequentemente in una situazione di difficoltà, non disponendo di strumenti per prevenire efficacemente condotte inappropriate da parte di operatori che spesso sono portatori di problematiche di natura psichica, e come dunque il contributo delle relative rappresentanze sia particolarmente prezioso.
Renata POLVERINI (FI), soffermandosi sul merito del provvedimento, ricorda che nella passata legislatura l’XI Commissione aveva affrontato il problema della tutela dei diritti dei lavoratori rispetto ai nuovi sistemi di sorveglianza negli impianti produttivi, in occasione dell’approvazione del Jobs act e dei relativi decreti attuativi. Alla luce di tale esperienza, in cui si misero in luce i molteplici aspetti di tale tema, ritiene necessario procedere ad un ciclo di audizioni, pur tenendo in grande considerazione quanto già fatto nella XVII legislatura. Soffermandosi, quindi, su una questione di metodo, si dice sorpresa del fatto che la prima firmataria delle due proposte di legge non sia stata nominata relatrice. Si sarebbe aspettata, infatti, che l’attuale maggioranza, anche alla luce della esperienza vissuta come opposizione nel corso della passata legislatura, volesse evitare le stesse cadute di stile dell’allora maggioranza. Infine, consapevole del fatto di non rimanere nel merito della discussione, intende approfittare della presenza dei rappresentanti del Governo per chiedere la ferma condanna delle parole insensate del Ministro Di Maio, che ha definito «assassini politici» coloro che hanno approvato il Jobs act. Pur essendo lei sempre stata contraria a tale provvedimento, non può tacere la gravità delle parole del ministro, che infangano la memoria dei giuslavoristi che, a causa delle loro idee, sono stati uccisi nella lunga stagione del terrorismo, osservando come esse possano rinfocolare il clima di intolleranza che, purtroppo, caratterizza l’attuale stagione politica.
Debora SERRACCHIANI (PD) si associa alla richiesta di un ciclo di audizioni, quanto mai necessario anche alla luce della recente entrata in vigore del nuovo regolamento europeo in materia di tutela della riservatezza dei dati personali e delle conseguenti modifiche del codice della privacy. Ritiene che la proposta di legge in esame sia condivisibile, almeno in linea di principio, ma osserva che rischia, così com’è, di rimanere inefficace. A tale scopo, propone l’audizione, oltre che del Garante per la protezione dei dati personali, anche delle organizzazioni sindacali, per approfondire le tematiche relative alla formazione. Infine, si associa a quanti sono intervenuti per condannare le parole del Ministro Di Maio, ritenendo inaccettabile bollare come assassini coloro che portano avanti politiche diverse, per giunta mutuate da giuslavoristi che hanno pagato con la vita il prezzo delle loro idee.
Andrea GIACCONE, presidente, invita i colleghi a rimanere sul tema dei provvedimenti all’esame delle Commissioni.
Serse SOVERINI (Misto-CP-A-PS-A), richiamandosi alla sua personale esperienza, giudica di estrema importanza il tema della formazione e osserva che la sua mancanza è una delle cause principali degli episodi gravissimi che si sono verificati anche in strutture di eccellenza. Considerando, poi, che le proposte di legge propongono modelli molto avanzati, come ad esempio le équipe, auspica che tra i soggetti ascoltati vi siano anche operatori del settore, che aiutino le Commissioni ad individuare gli aspetti della formazione meritevoli di approfondimento.
Andrea CECCONI (Misto-MAIE), intervenendo sull’ordine dei lavori, chiede delucidazioni sulla prosecuzione dell’iter del provvedimento, al fine di comprendere come si intenda conciliare l’esigenza, emersa nel dibattito odierno, di approfondire le tematiche del provvedimento, con la necessità di rispettare il termine di 15 giorni fissato in Assemblea in seguito alla deliberazione dell’urgenza. Dopo aver rilevato, inoltre, che è imminente l’inizio della sessione di bilancio e che le proposte in esame non potranno essere discusse in Assemblea durante la predetta sessione, in quanto onerose dal punto di vista finanziario, si chiede come sia possibile apportare modifiche al testo in esame – che giudica necessarie al fine di rendere il provvedimento realmente efficace – a fronte di tempi di esame così ristretti. Richiede opportuno che i gruppi di maggioranza chiariscano tale aspetto.
Federica DIENI (M5S), relatrice per la I Commissione, sottolinea come la maggioranza si sia espressa a favore della dichiarazione d’urgenza del provvedimento ma rileva come tale urgenza non sia incompatibile con lo svolgimento di un’adeguata istruttoria su di esso. In particolare, concorda con le richieste di procedere a un ciclo di audizioni e ritiene che tali audizioni possano essere svolte rapidamente, in modo da assicurare il rispetto del termine di quindici giorni per la presentazione della relazione all’Assemblea di cui all’articolo 107, comma 1, del Regolamento.
Giuseppe BRESCIA, presidente della I Commissione, rispondendo ai deputati Cecconi e Polverini, fa notare che il fatto di aver designato come relatrice un esponente della maggioranza su un provvedimento presentato da gruppi di opposizione non rappresenta di certo uno sgarbo istituzionale nei confronti di alcuno, quanto piuttosto un atto che testimonia la volontà di prendere nella debita considerazione una questione ritenuta importante da tutti i gruppi. Fa inoltre notare come, proprio al fine di garantire un iter di esame rapido e condiviso, ha già provveduto a prendere contatti con il Garante per la protezione dei dati personali e con l’Autorità garante per l’infanzia e l’adolescenza, in vista di un confronto costruttivo su tali delicate tematiche che possa favorire l’elaborazione di un testo efficace e concordato. Ritiene che l’intendimento debba essere proprio quello di giungere ad un testo il più possibile condiviso, evitando che l’iter si concluda con un nulla di fatto, come accaduto di frequente nella precedente legislatura, compreso il caso citato dalla stessa deputata Polverini. 
Ricorda del resto di essere stato nella passata legislatura lui stesso promotore di provvedimenti sui quali non era stato designato come relatore in quanto esponente dell’opposizione. Ritiene che in questo caso, essendoci la disponibilità della relatrice e della maggioranza a confrontarsi con i gruppi di minoranza proficuamente, ed in primo luogo con la prima firmataria delle proposte di legge in esame, nell’ottica dell’elaborazione di un testo il più possibile adeguato, vi siano le condizioni per concludere rapidamente e positivamente l’
iter. A tal fine, d’intesa con il Presidente della XI Commissione, giudica opportuno definire modalità di prosecuzione dell’esame che, contemplando anche lo svolgimento di un rapido ciclo di audizioni, consentano di rispettare il termine del 4 ottobre, fissato dall’Assemblea per riferire su tale provvedimento, ferma restando la necessità di definire un testo compiuto.
Il sottosegretario 
Vincenzo ZOCCANO sottolinea come il provvedimento in esame sia volto a contrastare episodi che si verificano con eccessiva frequenza e rileva come si tratti di temi ai quali è particolarmente sensibile, in quanto persona con disabilità. Concorda con il deputato Fatuzzo nel ritenere opportuno che al comma 1 dell’articolo 4 sia previsto l’obbligo, anziché la mera possibilità, di installare sistemi di videosorveglianza ed esprime inoltre perplessità sulla norma, recata dal comma 7 dello stesso articolo 4, che subordina detta installazione nelle strutture socio-sanitarie e socio-assistenziali al consenso del legale rappresentante dell’interessato incapace. Ritiene, inoltre, opportuno che nell’ambito delle eventuali audizioni siano sentiti anche rappresentanti delle associazioni di cui all’articolo 4 della legge 1o marzo 2006, n. 67, legittimate ad agire per la tutela giurisdizionale delle persone con disabilità vittime di discriminazioni. Assicura conclusivamente l’impegno, per quanto di sua competenza, per una sollecita approvazione del provvedimento, che va incontro alle esigenze delle famiglie con bambini o con persone fragili.
Andrea GIACCONE, presidente, nel rilevare come sia emerso un orientamento unanime a procedere a un breve ciclo di audizioni informali sul provvedimento, invita i gruppi a far pervenire alle Presidenze delle Commissioni riunite, entro la giornata di domani, le loro proposte ai fini della definizione di tale ciclo di audizioni.
Renata POLVERINI (FI) chiede chiarimenti al rappresentante del Governo, che sembra avere espresso un orientamento favorevole all’introduzione dell’obbligatorietà dei sistemi di videosorveglianza.
Il sottosegretario 
Vincenzo ZOCCANO, precisa di aver concordato, nel suo precedente intervento, con le considerazioni espresse dal deputato Fatuzzo e sottolinea di non aver espresso in merito la posizione collegiale del Governo, bensì la sua opinione personale. Non ritiene quindi che sussista alcun motivo di polemica.
Renata POLVERINI (FI) invita il sottosegretario a rispettare i regolamenti parlamentari e ad esprimere unicamente il punto di vista del Governo.

Gennaro MIGLIORE (PD) ritiene che la questione posta dalla deputata Polverini non sia di secondo piano, coinvolgendo peraltro il ruolo di garanzia che dovrebbe essere svolto dalle presidenze. Ritiene che il rappresentante del Governo in tale sede non possa limitarsi ad esprimere opinioni personali – per manifestare le quali può ricorrere ad altri strumenti, come, ad esempio, i social network – ma debba parlare in nome e per conto dell’Esecutivo. Chiede inoltre alle presidenze di assicurare che alle sedute delle Commissioni i rappresentanti del Governo non siano accompagnati da collaboratori o assistenti tecnici, ricordando che tale richiesta fu sostenuta con forza nella passata legislatura proprio dal gruppo M5S che oggi, come maggioranza, evidentemente la disconosce.
Il sottosegretario 
Vincenzo ZOCCANO, ritiene sia un onere ed un onere – come persona non vedente – svolgere il suo ruolo di Sottosegretario, facendo notare che per partecipare alle sedute ha la necessità di essere accompagnato da un collaboratore. Invita, dunque, il collega ad informarsi meglio e ad avere maggiore rispetto.
Gennaro MIGLIORE (PD) fa notare che intendeva esclusivamente porre una questione generale – avanzata peraltro anche nella precedente legislatura – senza nessuna volontà di mancare di rispetto ad alcuno.
Andrea GIACCONE, presidente, in considerazione dell’esigenza di consentire lo svolgimento di un’altra seduta della XI Commissione prevista per le ore 16, rinvia il seguito dell’esame ad altra seduta.
La seduta termina alle 16.10.

SEDE REFERENTE
Martedì 25 settembre 2018. — Presidenza del presidente Andrea GIACCONE. — Interviene il sottosegretario di Stato per il lavoro e le politiche sociali, Claudio Durigon.
La seduta comincia alle 16.45.
Disposizioni per favorire l’equità del sistema previdenziale attraverso il ricalcolo, secondo il metodo contributivo, dei trattamenti pensionistici superiori a 4.500 euro mensili. 
C. 1071 D’Uva ed altri. 

(Esame e rinvio – Abbinamento delle proposte di legge C. 294 Meloni e C. 310 Meloni).
Andrea GIACCONE, presidente, avverte che la Commissione inizia l’esame in sede referente della proposta di legge n. 1071, a prima firma D’Uva, recante disposizioni per favorire l’equità del sistema previdenziale attraverso il ricalcolo, secondo il metodo contributivo, dei trattamenti pensionistici superiori a 4.500 euro mensili. 
Invita quindi la relatrice, deputata De Lorenzo, ad illustrare il contenuto della proposta di legge.
Rina DE LORENZO (M5S), relatrice, rileva che la proposta di legge n. 1071, che consta di sette articoli, prevede, all’articolo 1, il ricalcolo secondo il metodo contributivo dei trattamenti pensionistici superiori a 4.500 euro mensili, pari a un complessivo trattamento pensionistico lordo di 90.000 euro. In particolare, il comma 1 prevede, a decorrere dal 1o gennaio 2019, il ricalcolo dei trattamenti pensionistici di importo pari o superiore a tale limite, liquidati a carico del Fondo pensioni lavoratori dipendenti, delle gestioni speciali dei lavoratori autonomi, delle forme sostitutive, esclusive ed esonerative dell’assicurazione generale obbligatoria, mediante la riduzione delle quote retributive alla risultante del rapporto tra il coefficiente di trasformazione relativo all’età dell’assicurato al momento del pensionamento e il coefficiente di trasformazione corrispondente all’età prevista per il pensionamento di vecchiaia. In altre parole, più l’accesso al pensionamento è precoce, maggiore sarà la penalizzazione da applicare. 
La disciplina del ricalcolo è applicata, ai sensi dei commi 2 e 3, anche alle pensioni in essere. In particolare, sulla base del comma 2, con riferimento ai trattamenti diretti decorrenti dal 1
o gennaio 1996 al 1o gennaio 2019, le quote retributive sono ridotte alla risultante del rapporto tra il coefficiente di trasformazione vigente al momento del pensionamento relativo all’età dell’assicurato e il coefficiente di trasformazione corrispondente all’età riportata nella Tabella A allegata alla proposta di legge, che, a sua volta, ripropone la Tabella A allegata alla legge n. 335 del 1995 in vigore fino al 31 dicembre 2009. La norma prevede l’utilizzo del coefficiente di trasformazione relativo ai 65 anni di età anche nel caso di accesso al pensionamento ad un’età superiore. 
Il comma 3 dispone l’applicazione ai trattamenti pensionistici liquidati prima del 1
o gennaio 1996, pertanto i trattamenti calcolati interamente con il sistema retributivo, dei coefficienti di trasformazione in vigore fino alla data del 31 dicembre 2009, come riportato nella Tabella B allegata alla proposta di legge e disposto nella Tabella A della legge n. 335 del 1995. 
La norma prevede, inoltre, al comma 4, l’applicazione del coefficiente di trasformazione relativo all’età di 57 anni nel caso di accesso al pensionamento ad età inferiori e, al comma 5, l’applicazione del ricalcolo alle quote retributive del reddito pensionistico complessivo, in caso di titolarità di più pensioni. 
Rileva che, sulla base dell’articolo 2, la disciplina del ricalcolo è estesa agli organi costituzionali e di rilevanza costituzionale, che si adeguano nell’ambito della loro autonomia. 
L’articolo 3 prevede l’istituzione, presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, del Fondo risparmio, in cui confluiscono i risparmi ottenuti dal ricalcolo dei trattamenti pensionistici, destinati ad aumentare gli importi delle pensioni minime e delle pensioni sociali, secondo modalità stabilite da un successivo decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze. 
Segnala, quindi, che, come disposto dall’articolo 4, l’applicazione del meccanismo di ricalcolo non può in ogni caso dare luogo ad un trattamento pensionistico o degli assegni vitalizi inferiore a 4.500 euro netti mensili, nonché perequazioni. 
Osserva che l’articolo 5, fornendo l’interpretazione autentica dei commi 5 e 6 dell’articolo 3 del decreto legislativo 16 settembre 1996, n. 564, dispone, con decorrenza 
ex tunc, che gli accrediti contributivi corrisposti dai lavoratori che svolgono attività sindacale concorrono alla formazione della quota di pensione il cui ammontare è calcolato sulla base della disciplina introdotta dal decreto legislativo n. 503 del 1992 (cosiddetta quota b). 
L’articolo 6, quindi, esclude dal ricalcolo introdotto dall’articolo 1 le pensioni di invalidità, i trattamenti pensionistici riconosciuti ai superstiti e quelli riconosciuti alle vittime del dovere o di azioni terroristiche. 
L’articolo 7, infine, dispone in ordine all’entrata in vigore del provvedimento. 
Il sistema di ricalcolo previsto dalla proposta di legge n. 1071 deroga sì al principio di affidamento, ma lo fa nel pieno rispetto del principio di ragionevolezza, considerato il fatto che si tratta di un provvedimento legislativo imposto da una situazione di grave crisi economica in cui ciascun contribuente – per beneficiare del trattamento pensionistico – deve versare i contributi previsti al riguardo dalla legge nel rispetto del principio contributivo che governa il sistema previdenziale e che si è reso ineludibile al fine di assicurare il rispetto del principio di equilibrio del bilancio dello Stato, principio tutelato a livello costituzionale dall’articolo 81 della Costituzione. Il ricalcolo con il metodo contributivo delle pensioni d’oro avente ad oggetto i soli trattamenti pensionistici superiori a 4.500 euro mensili non potrebbe essere ritenuto incostituzionale, considerata la 
ratio che è posta alla base di tale intervento normativo. Questo intervento mira infatti a far fronte ad una situazione di grave crisi economica introducendo un vero e proprio correttivo ad alcune diseguaglianze esistenti tra i cittadini in materia previdenziale e facendo sì che il sistema previdenziale risponda al principio di equità. Con tale proposta di legge si intende eliminare il divario esistente tra la categoria di cittadini colpiti duramente dalla crisi economica (il riferimento è ai fruitori di assegni sociali o di pensioni minime) e la categoria dei cittadini privilegiati beneficiari delle pensioni d’oro. In tal modo verrebbe eliminato lo stato di iniquità sociale e verrebbe restituita l’equità al sistema previdenziale. Questo ricalcolo con il metodo contributivo delle pensioni d’oro si rende necessario al fine di assicurare il rispetto del principio di equilibrio di bilancio di cui all’articolo 81 della Costituzione, rispondendo dunque ad un fondamentale principio di rilievo costituzionale. Il primo comma dell’articolo 81 della Costituzione afferma infatti che: «lo Stato assicura l’equilibrio tra le entrate e le spese del proprio bilancio, tenendo conto delle fasi avverse e delle fasi favorevoli del ciclo economico». Con tale proposta di legge si intende proprio tenere in adeguata considerazione l’attuale fase avversa del ciclo economico al fine di assicurare il rispetto del principio del pareggio in bilancio. Queste misure di ricalcolo rappresentano un vero e proprio sostegno previdenziale per i cittadini più deboli, nel pieno rispetto del principio di solidarietà sociale di cui all’articolo 2 della Costituzione. Il ricalcolo dei trattamenti pensionistici rispetta i principi di proporzionalità e adeguatezza, considerata la clausola di salvaguardia di cui all’articolo 4 della proposta di legge. Tale clausola fissa infatti un limite all’applicazione del meccanismo di ricalcolo, considerato il fatto che tale meccanismo non può in alcun caso comportare un ammontare del trattamento pensionistico o degli assegni vitalizi inferiore a 4.500 euro netti mensili, nonché perequazioni. Il limite all’applicazione del meccanismo di ricalcolo in 4.500 euro è stato individuato discrezionalmente e nel pieno rispetto del principio di ragionevolezza al fine di fornire in ogni caso ai beneficiari delle pensioni d’oro un trattamento pensionistico che risulti pienamente ed effettivamente adeguato a salvaguardare il loro tenore di vita. Con tale proposta di legge, nell’effettuare un bilanciamento tra diversi interessi di rilievo costituzionale, si è voluto tutelare anche il tenore di vita dei beneficiari delle pensioni d’oro, in considerazione del fatto che nello specifico si tratta di persone che sono state titolari di incarichi lavorativi altamente qualificati e in virtù dei quali percepiscono una retribuzione adeguata alla qualità e alla quantità del lavoro svolto nel pieno rispetto dell’articolo 36 della Costituzione («il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un’esistenza libera e dignitosa»). Tale proposta di legge mira ad attribuire a questa categoria di lavoratori anche un trattamento pensionistico adeguato all’attività lavorativa da essi espletata, garantendo comunque il loro tenore di vita. 
Il ricalcolo previsto dalla proposta di legge mira inoltre a ripristinare l’equilibrio intergenerazionale che è stato fortemente compromesso dal precedente sistema retributivo che governava il nostro sistema previdenziale. In base al sistema retributivo i lavoratori percepivano e percepiscono ancora oggi trattamenti pensionistici che risultano totalmente sganciati da quelli che sono i contributi da loro versati. Da tale sistema deriva il fatto che l’indicizzazione delle pensioni all’aumento del costo della vita rilevato dall’ISTAT viene, illegittimamente e irragionevolmente, ad essere posto a carico delle generazioni più giovani. Il legislatore intende tutelare anche il fondamentale diritto alla pensione delle nuove generazioni, già posto in serio pericolo dai precedenti governi, salvaguardandolo – in considerazione della grave crisi economica – proprio con il ricalcolo delle pensioni d’oro in base al metodo contributivo. Tale ricalcolo, oltre a favorire le fasce più deboli della popolazione
che sono beneficiarie delle pensioni minime e delle pensioni sociali, è anche in grado di tutelare per la prima volta il diritto fondamentale alla pensione delle nuove generazioni. 
Le pensioni d’oro possono essere oggetto di un ricalcolo con il metodo contributivo in relazione a quella parte del trattamento pensionistico non finanziata dalla contribuzione versata, considerato il fatto che soltanto questa parte del trattamento pensionistico può essere ridotta ad equità in presenza di un’insostenibilità finanziaria del sistema previdenziale. Soltanto le prestazioni pensionistiche che sono state effettivamente finanziate dal sistema contributivo versato sono le uniche effettivamente intangibili. 
Il contributo di solidarietà sulle prestazioni pensionistiche – che qui giova richiamare – è una prestazione patrimoniale assoggettata a riserva di legge 
ex articolo 23 della Costituzione. La natura di prestazione patrimoniale di tale contributo è stata ribadita dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 173 del 2016, in cui la stessa Corte afferma al riguardo che: «Si è dunque, nella specie, in presenza di un prelievo inquadrabile nel genus delle prestazioni patrimoniali imposte per legge, di cui all’articolo 23 della Costituzione, avente la finalità di contribuire agli oneri finanziari del sistema previdenziale (sentenza n. 178 del 2000; ordinanza n. 22 del 2003)». È la legge che impone la costituzione di un rapporto obbligatorio tra pubblica amministrazione e privato, indipendentemente dal volere di quest’ultimo: si coglie in tal modo il significato di prestazione imposta. La riserva di legge prevista dall’articolo 23 della Costituzione in materia di prestazioni patrimoniali è posta a presidio dell’interesse generale a una più equa ripartizione degli oneri economici tra i consociati. La prestazione patrimoniale si traduce sempre in un depauperamento economico per il debitore, incidendo la stessa negativamente sulla sfera patrimoniale del privato. Con il contributo di solidarietà in materia di pensioni siamo dunque in presenza di un provvedimento ablatorio obbligatorio. I provvedimenti ablatori obbligatori, pur avendo in comune con i provvedimenti ablatori reali (come l’espropriazione) un momento privativo ed un momento acquisitivo di un vantaggio a favore della pubblica amministrazione, se ne differenziano per l’assenza di un corrispettivo. Mentre nei provvedimenti ablatori reali è sempre prevista la corresponsione di un indennizzo da parte della pubblica amministrazione nei confronti del privato che subisce un sacrificio nell’interesse della collettività, nei provvedimenti ablatori obbligatori manca un corrispettivo. 
La Corte Costituzionale nella sentenza sopra citata afferma che: «In tale prospettiva, è indispensabile che la legge assicuri il rispetto di alcune condizioni, atte a configurare l’intervento ablativo come sicuramente ragionevole, non imprevedibile e sostenibile. Il contributo, dunque, deve operare all’interno dell’ordinamento previdenziale come misura di solidarietà forte, mirata a puntellare il sistema pensionistico e di sostegno previdenziale ai più deboli, anche in un’ottica di mutualità intergenerazionale, siccome imposta da una situazione di grave crisi del sistema stesso, indotta da vari fattori – endogeni ed esogeni (il più delle volte tra loro intrecciati: crisi economica internazionale, impatto sulla economia nazionale, disoccupazione, mancata alimentazione della previdenza, riforme strutturali del sistema pensionistico) – che devono essere oggetto di attenta ponderazione da parte del legislatore, in modo da conferire all’intervento quella incontestabile ragionevolezza, a fronte della quale soltanto può consentirsi di derogare (in termini accettabili) al principio di affidamento in ordine al mantenimento del trattamento pensionistico già maturato. 
In merito al principio di irretroattività delle leggi occorre sottolineare il fatto che tale principio, pur costituendo un principio fondamentale dell’ordinamento, non ha un fondamento costituzionale (ad eccezione della previsione dell’articolo 25 della Costituzione limitatamente all’irretroattività della legge penale incriminatrice) e può in teoria essere derogato. Il
legislatore, infatti, fermo restando il predetto limite dell’irretroattività della legge penale, può emanare norme con efficacia retroattiva a condizione che la retroattività trovi adeguata giustificazione sul piano della ragionevolezza e non si ponga in contrasto con altri valori e interessi costituzionalmente protetti. La retroattività che caratterizza tale proposta di legge è pienamente giustificata dalla ragionevolezza che è posta alla base di tale intervento normativo.
Andrea GIACCONE, presidente, avverte che risultano assegnate alla Commissione le proposte di legge n. 294 e n. 310, ambedue a prima firma Meloni, recanti, la prima, l’abrogazione dei commi 5 e 6 dell’articolo 3 del decreto legislativo 16 settembre 1996, n. 564, in materia di contribuzione previdenziale per i lavoratori che svolgono attività sindacale e, la seconda, disposizioni in materia di pensioni superiori a dieci volte l’integrazione al trattamento minimo INPS. Trattandosi di proposte di legge vertenti su materia identica a quella della proposta n. 1071, ne dispone l’abbinamento ai sensi dell’articolo 77, comma 1, del Regolamento. 
La relatrice si riserva di illustrare le proposte di legge testé abbinate nella seduta già convocata per giovedì 27 settembre.
Paolo ZANGRILLO (FI), premettendo di comprendere e condividere la finalità, alla base della proposta di legge, di tendere verso un sistema pensionistico più equo, ritiene non chiare le modalità attraverso le quali i presentatori intendano conseguire tale risultato. Tenendo conto che dai dati disponibili risulta che sono circa 50.000 i pensionati che percepiscono un trattamento pensionistico superiore ai 4.500 euro netti mensili, pari allo 0,3 per cento del totale dei pensionati, a loro volta pari a 15,5 milioni circa, nella più ottimistica delle ipotesi dall’applicazione della proposta di legge in esame deriverebbero circa 10.000 euro annui pro capite di risparmi che, al netto delle ritenute fiscali, porterebbero a circa 300 milioni di euro complessivi, sufficienti ad incrementare di circa 6 euro al mese le pensioni più basse. Da ciò risulta chiaro che la finalità ultima della proposta di legge è la propaganda politica. Si vogliono colpire coloro che impropriamente sono definiti privilegiati, essendo invece persone che, investendo su loro stessi e sulle proprie capacità, hanno dedicato la vita al lavoro, contribuendo anche alla crescita del Paese. Il messaggio lanciato alle giovani generazioni dalla maggioranza è, a suo avviso, devastante. Si dimostra che non serve puntare sulle proprie capacità perché la riuscita personale è interpretata come espressione di appartenenza alla «casta». Ed è strano che questa lotta al merito venga da una parte politica che, in campagna elettorale, aveva sbandierato persino l’intenzione di istituire un Ministero del merito. Al contrario, con questa proposta di legge, la maggioranza dimostra di voler punire il merito. Passando poi al contenuto del provvedimento, ritiene necessario ricevere chiarimenti sul fatto che, invece di ridurre i trattamenti pensionistici riportandone l’ammontare percepito in linea con i contributi effettivamente versati, come più volte affermato dal ministro Di Maio, la proposta di legge, in realtà, si concentra esclusivamente sul coefficiente di trasformazione e non anche, come dovrebbe, sul montante contributivo. Si realizzerebbe, dunque, un taglio netto dell’importo percepito parametrato esclusivamente sulla distanza tra l’età dell’effettivo accesso al pensionamento e l’età, stabilita per legge, per il pensionamento di vecchiaia. Si tratta, pertanto, di un inganno che è necessario smascherare. Da ultimo, osserva che, contrariamente a quanto prefigurato nella relazione illustrativa del provvedimento, l’articolo 3 dispone l’istituzione di un Fondo presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, in cui sono fatti confluire i risparmi di spesa, sottratti, pertanto, alla disponibilità dell’INPS.
Carlo FATUZZO (FI) ricorda ai colleghi che fino al 1969 il sistema di calcolo dei trattamenti pensionistici era contributivo. Il passaggio al sistema retributivo è stato giudicato dal legislatore necessario per evitare la liquidazione di trattamenti pensionistici eccessivamente bassi, essendo calcolati con le marche assicurative, a loro volta parametrate sulla retribuzione, settimanale o mensile. Rileva, inoltre, che ulteriori interventi correttivi sono stati necessari per evitare che, negli ultimi anni di lavoro, sulla base di accordi tra datore di lavoro e lavoratore, la retribuzione di fine carriera, sulla quale parametrare il trattamento pensionistico, venisse artificialmente elevata, a spese del lavoratore medesimo che, in tal modo, avrebbe potuto godere di una pensione migliore. Ma non è giusto colpire la generalità dei lavoratori per stroncare la truffa di pochi. Osserva, poi, che la Corte costituzionale ha stabilito il principio in base al quale il trattamento pensionistico non può essere ridotto, anche se alla fine della carriera il lavoratore ha percepito stipendi significativamente più bassi. Ecco perché si è stabilito il principio della sterilizzazione dei contributi versati alla fine della carriera sulla base di retribuzioni ridotte. Intende, quindi, ricordare ai colleghi della maggioranza che, come sancito ancora dalla Corte costituzionale, la pensione è una retribuzione differita. Pertanto, la pensione goduta è il frutto del «sudore della fronte» del lavoratore e ridurla in modo arbitrario non è giusto, perché taglia ogni legame tra la pensione e il lavoro svolto. Accenna poi al problema, di cui i presentatori della proposta di legge non si sono preoccupati, del destino dei contributi versati da lavoratori deceduti prima di accedere al pensionamento o poco dopo. Ricorda che la relatrice ha citato una serie di sentenza della Corte costituzionale, ma intende sottolineare come la Corte abbia costantemente dichiarato la costituzionalità di blocchi temporanei, totali o parziali, di incrementi dei trattamenti pensionistici e non di decurtazioni dei trattamenti in godimento. Al contrario, la Corte ha ritenuto fondata la questione di legittimità costituzionale nel caso in cui i tagli al trattamento pensionistico non siano basati sul principio di ragionevolezza e di razionalità, incidendo sul legittimo affidamento dei singoli. Pertanto, non è costituzionale una riduzione dei trattamenti pensionistici in godimento e maturati in base alla legge in vigore. Ravvisa, inoltre, una contraddizione nella proposta di legge che intende colpire le pensioni che non sarebbero coperte da contributi. Ma, al contrario, la proposta incide esclusivamente sui trattamenti pensionistici liquidati sulla base di una contribuzione, come stabilito dal nostro ordinamento imperniato, come è noto, sulla funzione di assicurazione svolta dagli istituti previdenziali. La contraddizione è ancora più stridente se si pensa che i risparmi derivanti dai tagli andrebbero a incrementare i trattamenti liquidati non sulla base di una contribuzione versata, ma sulla base di uno stato di bisogno. Le distorsioni sono evidenti: se, non lavorando, si arriverà a percepire trattamenti pari a 780 euro mensili, nessuno troverà più conveniente lavorare regolarmente, rischiando di percepire trattamenti inferiori, aumentando il lavoro nero e, conseguentemente, le difficoltà dell’intera economia del Paese.
Ettore Guglielmo EPIFANI (LeU) dichiara di non condividere nessun aspetto della proposta di legge in esame. Le finalità ad essa sottese potrebbero, a suo giudizio, essere perseguite introducendo piuttosto un contributo di solidarietà a carico delle pensioni più alte. Ricorda la sua partecipazione, da sindacalista, a tutte le riforme pensionistiche che si sono susseguite dal 1992, rivendicando, in particolare, l’avere perorato il passaggio al sistema contributivo, considerato l’unico strumento in grado di assicurare una maggiore equità intergenerazionale. Anzi, è stato tra coloro che, già tra il 1995 e il 1997, hanno proposto l’estensione del contributivo pro rata a tutti, realizzata soltanto con la riforma Fornero, con un ritardo che non è riuscito a colmare l’attuale grave gap generazionale. Considera la proposta in esame, senza mezzi termini, una vera schifezza, per giunta completamente sbagliata. Sono diversi, infatti, i punti che appaiono, a suo giudizio, privi di senso. In primo luogo, chiede per quale motivo si sia individuata la soglia dei 90.000 euro lordi annui. In secondo luogo, osserva che la tassazione locale incide in maniera diversa su tale lordo, in modo tale che l’importo netto risulta differente a seconda di dove il pensionato risiede. Basti pensare al fatto che nel Lazio le aliquote sono più alte che altrove. Contesta anche il fatto che la proposta di legge introduca un nuovo sistema di calcolo del trattamento pensionistico. Infatti, il taglio è determinato sulla base dell’età di accesso al pensionamento e non sui contributi versati. Spingendo al limite il ragionamento, osserva che se tale metodologia fosse applicata indistintamente a tutte le pensioni totalmente o parzialmente calcolate con il sistema retributivo, sarebbero colpiti soprattutto coloro che percepiscono le pensioni più basse, ad esempio coloro che sono andati in pensione relativamente presto avendo svolto attività pesanti. Lo stesso si potrebbe dire se si applicasse il taglio ai vitalizi derivanti da attività sindacali o da attività politica. Sarebbero colpiti coloro che hanno svolto la loro attività rinunciando ad una carriera lavorativa che avrebbe potuto dare luogo ad un trattamento pensionistico autonomo. Infine, la proposta darebbe risparmi piuttosto contenuti e, pertanto, teme che essa, in realtà, preluda all’estensione di tale taglio a tutte le pensioni in godimento. Il rischio di incostituzionalità è quindi elevato, come dimostra la stessa relazione illustrativa del provvedimento che si preoccupa, per pagine e pagine, di dimostrare il contrario. Alla luce di tali considerazioni, esorta i colleghi della maggioranza a procedere con maggiore cautela.
Debora SERRACCHIANI (PD), pur ritenendo condivisibile in linea di principio la finalità della proposta di legge, osserva che, come detto dal collega che l’ha preceduta, lo scopo sarebbe raggiunto con l’introduzione di un contributo di solidarietà con le stesse caratteristiche di quello introdotto dal Governo Letta, la cui legittimità fu riconosciuta anche dalla Corte costituzionale. Dopo aver rilevato le contraddizioni della stessa relazione illustrativa del provvedimento, preannuncia la richiesta di un ciclo approfondito di audizioni che aiutino i deputati a capire i meccanismi che governano il sistema pensionistico e le possibili conseguenze derivanti dall’attuazione delle misure in discussione. Non mette, infatti, in dubbio la buona fede dei colleghi della maggioranza, ma non è possibile parlare di montante contributivo se poi questo non ha riscontro nel testo della proposta, imperniata invece sull’età dell’accesso al pensionamento. Anche lei pensa, inoltre, che sia necessario prendere in considerazione soglie di trattamento univoche, in considerazione della diversità dell’incidenza delle tassazioni locali. L’attuale testo si presta alla presentazione di una valanga di ricorsi e rende plausibile il pericolo di incidere in futuro anche su altre categorie di pensionati. Al di là dei singoli aspetti del provvedimento, sollecita i colleghi ad una riflessione politica che non si fossilizzi sulla contrapposizione tra maggioranza e opposizione, ma che si concentri piuttosto sulla necessità di adottare provvedimenti che non siano dannosi per i cittadini e che non scarichino sulle generazioni future le conseguenze degli errori commessi.
Andrea GIACCONE, presidente, dopo aver fatto presente che nell’Ufficio di presidenza, integrato dai rappresentanti dei gruppi, convocato per il prossimo giovedì 27 settembre, potrà essere affrontato il tema dell’organizzazione del seguito dell’esame delle proposte di legge, nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell’esame ad altra seduta.
La seduta termina alle 17.50.

INTERROGAZIONI
Martedì 25 settembre 2018. — Presidenza del presidente Andrea GIACCONE. — Interviene il sottosegretario di Stato per il lavoro e le politiche sociali, Claudio Durigon.
La seduta comincia alle 17.50.
5-00476 Ribolla e Grimoldi: Iniziative per il commissariamento dell’Ente nazionale di previdenza e assistenza della professione infermieristica (ENPAPI).
Il sottosegretario Claudio DURIGON risponde all’interrogazione in titolo nei termini riportati in allegato.
Eva LORENZONI (Lega), in qualità di sottoscrittrice dell’atto di sindacato ispettivo, ringrazia il sottosegretario e apprezza l’impegno del Governo a perseverare nell’attività di vigilanza.
La seduta termina alle 17.55.

UFFICIO DI PRESIDENZA INTEGRATO DAI RAPPRESENTANTI DEI GRUPPI
Martedì 25 settembre 2018.
L’ufficio di presidenza si è riunito dalle 16.15 alle 16.25.

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