Un nuovo modello di impresa. Un nuovo pensiero economico. Un Nuovo Uomo Economico, attento sia a massimizzare il profitto, sia ad apportare un contributo sociale. Un nuovo concetto di valore. Sono i temi tra i quali spazia la sfida al capitalismo che si è resa necessaria per superare il profondo solco tra business e etica scavato dall’ultima crisi finanziaria, generando nell’opinione pubblica una grave perdita di fiducia nel sistema e negli operatori che ne sono i principali artefici e rappresentanti. Una sfida che, per indurre una svolta nell’attuale paradigma economico-finanziario e gestionale, non può limitarsi a un insieme di critiche, per quanto basate su solide e testate fondamenta, ma deve essere propositiva.
Ricco di proposte è il contributo offerto da Michael Griffiths e John Lucas con il loro L’economia del valore (Mondadori 2020, traduzione di Rossella Rossini, pp. 314, € 25). Originariamente scritto a quattro mani da un uomo d’affari e da un filosofo politico e edito da Palgrave (Value Economics), è stato rivisto e adattato alla realtà italiana dal primo degli autori citati (studi umanistici a Cambridge e in Economia al British Institute of Management, già amministratore delegato per l’Italia di una società multinazionale e consigliere di imprese nel campo delle assicurazioni, poi presidente della Camera di Commercio Britannica per il nostro paese, dove risiede da trent’anni e dove è governatore onorario del British Institute of Florence).
Punto di partenza dello studio è una riflessione sulle conseguenze della crisi sopra indicate, riconducibili anche a un confuso e inadeguato modo di pensare sia a come si misura il «valore» dei risultati in economia e nella pratica degli affari, sia al rapporto tra la remunerazione di dirigenti aziendali e alti funzionari della finanza e la creazione di valore economico, piuttosto che di ricchezza monetaria.
Il concetto di valore, le modalità della sua creazione, misurazione e distribuzione, nonché della sua rendicontazione nei bilanci obbligatori delle imprese, nel settore privato come nel settore pubblico, rappresentano il filo rosso che accompagna il lettore attraverso i capitoli del volume, dove non mancano disamine specialistiche sullo stato di fatto e l’evoluzione dei concetti e delle pratiche sopra citati, ma che soprattutto presenta proposte innovative per il futuro: ne è un esempio la “contabilità a tre dimensioni”, o “tripla linea di fondo (TBL, Triple Bottom Line accounting), che misura non solo il valore della redditività tradizionalmente presente nelle scritture contabili, ma anche i valori sociale e ambientale di un’attività economica, per arrivare a una rendicontazione trasparente del valore creato in economia nella quale confluiscono nozioni emergenti che assumono la forma di economia del benessere e dell’ambiente. Legati alla creazione di valore sono altresì alcuni principi filosofici che gli autori propongono di applicare all’economia, facendone una scienza anche morale, assieme a codici di etica d’impresa; cosicché l’orientamento al valore diventa parte della filosofia aziendale di una società e la creazione di valore economico la forza propulsiva del pensiero decisionale da cui dipendono le scelte economiche e imprenditoriali.
Di particolare attualità e interesse anche per un pubblico più generale di lettori è l’ampio spazio riservato al tema della partecipazione dei lavoratori alla vita delle imprese, vero e proprio pilastro portante dell’Economia del valore, al quale hanno dato nuova vita alcuni recenti eventi politico-sindacali. Riproponendola nel discorso di accettazione della candidatura alla guida del Partito democratico, Enrico Letta ha riacceso il dibattito su un argomento che è stato a cuore ai nostri padri costituenti quando, nell’articolo 46 della Costituzione, hanno riconosciuto il diritto dei lavoratori a “collaborare, nei modi e nei limiti stabiliti dalle leggi, alla gestione delle aziende”. Il quadro legislativo non è mai stato attuato e l’articolo non ha avuto applicazione, se non tramite specifiche e circoscritte previsioni contrattuali, spesso a livello aziendale. L’assist del leader Pd è stato prontamente accolto e rilanciato da Luigi Sbarra, neosegretario della Cisl, della quale la partecipazione, primo mattone della strada verso la democrazia economica, è uno dei tratti fondativi. Griffiths e Lucas, in piena sintonia con questo pensiero, ne indagano possibilità e modalità, ad esempio attraverso l’allocazione ai dipendenti di azioni delle aziende per le quali lavorano, delineando la nuova impresa non come entità improntata all’esclusione (privative), ma come un’attività che include tutti gli stakeholder (non-privative), tra i quali un ruolo rilevante hanno i lavoratori, che partecipano alla creazione di valore.
Da segnalare, infine, il messaggio che L’economia del valore rivolge ai sindacati auspicando un innalzamento degli obiettivi della rappresentanza sindacale e del ruolo delle relazioni industriali finalizzati a una maggior partecipazione dei lavoratori ai processi decisionali, in ambiti quali formazione economica e investimenti, ma anche alla maggiore redditività dovuta agli aumenti di produttività, nonché alla distribuzione del “surplus dei comportamenti cooperativi”.
Rossella Rossini




























