Durante la Grande Depressione seguita al crollo della Borsa di New York del 1929, quando un lavoratore su quattro, per un totale di 14 milioni, non riusciva a trovare lavoro, si era diffusa l’opinione che le mogli di uomini occupati dovessero lasciare di loro spontanea volontà i propri impieghi e starsene a casa: un pregiudizio – ché di questo si trattava – condiviso secondo un sondaggio Gallup dall’84% dei cittadini statunitensi e in parte basato sull’errato presupposto che le donne lavorassero per una sorta di ‘paghetta’ ad uso personale. Non appena divenuta first lady a fianco di Franklin Delano, nel 1933, Eleanor Roosevelt intensificò il suo impegno a sostegno delle lavoratrici non esitando a denunciare pubblicamente, anche attraverso le conferenze stampa quotidiane riservate a sole giornaliste, l’Economy Act varato il 20 marzo dal marito, all’inizio dei primi cento giorni di attivismo della nuova amministrazione per combattere la crisi. La legge, improntata a tagli della spesa pubblica, tra le varie misure autorizzava il licenziamento delle impiegate statali se anche i loro mariti avevano un impiego governativo. Militante nel partito democratico e nell’associazionismo, progressista e femminista, autonoma anche economicamente grazie alle sue attività di imprenditrice, insegnante e giornalista, Eleanor non esitò a contrattaccare: «È estremamente importante per noi [donne] non permettere che questo accada». Andò avanti, coerentemente con la propria visione economica che divergeva radicalmente da quella del presidente, cercando d’influenzare le politiche del New Deal. Invocava investimenti federali e statali, a tutela di quelle che, a suo avviso, erano le fondamenta della democrazia: politiche abitative, assistenza sanitaria e istruzione, pena discriminazioni verso le donne, chiamate per prime a far fronte alla carenza di servizi. Si spendeva per l’attribuzione di incarichi femminili nelle agenzie federali e nel governo, anche in posizioni elevate, ottenendo, nei dodici anni di durata dell’amministrazione, il raddoppio delle donne occupate in impieghi che richiedevano la ratifica del Senato. E quando i Civilian Conservation Corps (CCC), istituiti da Roosevelt per alleviare la disoccupazione, offrirono a giovani senza lavoro la possibilità di lasciare le città per guadagnare qualcosa in opere di manutenzione dell’ambiente, Eleanor lavorò con Frances Perkins, neo-segretaria al Lavoro e prima donna entrata nel cabinet della nazione, per ottenere opportunità equivalenti per ragazze. La Federal Emergency Relief Administration, in attuazione di un apposito decreto presidenziale, rispose allestendo campi femminili (gli «She, She, She Camps»), che pur registrando circa 8.000 iscrizioni, a fronte di 2 milioni e mezzo di maschi entrati nei CCC, fu una vittoria che assestò un altro piccolo colpo alla pratica diffusa di due pesi e due misure.
Mentre l’impegno di Eleanor per sostenere l’occupazione femminile registrava successi, lo stesso non accadeva per la piaga dei differenziali salariali. Il National Industrial Recovery Act, approvato dal Congresso nel giugno 1933 nel tentativo di promuovere il rilancio dell’economia, prevedeva la creazione di consigli misti tra imprenditori, consumatori e lavoratori, stabiliva codici di comportamento per le imprese su condizioni di produzione e prezzi equi e apriva a importanti innovazioni in campo sociale, come la stipula di contratti collettivi che regolavano i minimi salariali, fissavano il numero massimo di ore di lavoro e altre clausole in ambito sindacale e previdenziale. Ma l’agenzia istituita per attuare la legge fissò salari minimi più bassi per le donne e un’unica scala salariale che equiparava le lavoratrici adulte ai ragazzi e quelle professionalizzate ai lavoratori privi di qualifiche: malgrado denunce e proteste, vinse la discriminazione salariale. Per Eleanor, tuttavia, era solo un primo passo. Ora toccava alle donne. Convinta che il New Deal dovesse significare trattamento equo anche per loro («square deal for women»), avrebbe continuato a impegnarsi per un «New Deal for Women», nel quale credeva.
Rossella Rossini*
*Autrice di Eleanor Roosevelt. Una first lady per il mondo, presentazione di Furio Colombo, Edizioni di Storia e Letteratura, 2021, pp. 202, euro 18,00.



























