Il Governo italiano e UniCredit hanno interrotto i negoziati sul Monte dei Paschi dopo che gli sforzi per raggiungere un accordo sul piano di ricapitalizzazione sono falliti. Il Governo ha deciso che non potrà soddisfare le richieste di una ricapitalizzazione di Mps di oltre 7 miliardi, in quanto renderebbe l’accordo “troppo punitivo” per il contribuente italiano.
Uno dei principali ostacoli alle negoziazioni sarebbero stati la dimensione e il costo del taglio dei posti di lavoro, nonchè l’impossibilità di raggiungere un accordo sulle condizioni fissate tra le parti a luglio, che prevedevano l’acquisizione di “parti selezionate” del Monte e un impatto zero sul capitale di Unicredit.
Unicredit puntava ad avere chiarezza sul futuro dell’operazione per mercoledì 27 ottobre, giorno in cui è convocato il cda per i conti trimestrali. Ieri, il premier Draghi, in conferenza stampa dopo il Consiglio europeo a Bruxelles, sul tema non si era sbilanciato. “Non riesco a rispondere, perchè non lo so”, aveva risposto a chi gli chiedeva se per Mps ci sarà una soluzione a breve.
Lo scorso 29 luglio la banca guidata da Andrea Orcel aveva annunciato l’avvio di una trattativa in esclusiva per l’acquisizione di un perimetro selezionato di Mps dopo aver approvato insieme al Tesoro, azionista di controllo del Monte, i presupposti per una potenziale operazione “avente ad oggetto le attività commerciali di Mps, attraverso la definizione di un perimetro selezionato e di adeguate misure di mitigazione del rischio”.
Tra i principali presupposti concordati con il Mef per verificare la fattibilità dell’operazione si evidenziavano: la neutralità della stessa rispetto alla posizione di capitale del Gruppo Unicredit; un accrescimento significativo dell’utile per azione dopo aver considerato le possibili sinergie nette dell’operazione e, in ogni caso, il mantenimento dei livelli attuali di utile per azione anche prima di tener conto delle possibili sinergie al 2023; l’esclusione di contenziosi straordinari non attinenti all’attività di ordinaria gestione bancaria e di tutti i relativi rischi legali, attuali o potenziali; l’esclusione dei crediti deteriorati e l’adeguata copertura di eventuali ulteriori rischi di credito che siano identificati anche a seguito della due diligence attraverso modalità da definire; l’accordo sulla gestione del personale in funzione del compendio inerente all’esercizio delle attività commerciali, al fine di assicurare un’integrazione agevole, rapida ed efficace del business nel gruppo.
L’agenzia di rating S&P, nella nota in cui aveva confermato il rating sull’Italia migliorandone l’outlook, sul tema aveva scritto: “il governo italiano è favorevole a un ulteriore consolidamento nel settore finanziario. Sappiamo che sono in corso complesse discussioni per consentire l’acquisizione di Mps da parte di un’altra grande banca italiana; un accordo richiederebbe quasi certamente un significativo contributo di capitale da parte dello Stato italiano, che rappresenta un rischio fiscale contingente”.
Nella seduta odierna, Unicredit torna positiva a Piazza Affari dopo una partenza in profondo rosso legata all’interruzione delle trattative con il Mef per Mps. A metà seduta il titolo dell’istituto milanese guadagna lo 0,26%.
TN