Il settore delle Tlc prosegue la sua mobilitazione contro una crisi senza precedenti che porta con sé pesanti conseguenze soprattutto a livello occupazionale. Per questo motivo oggi, martedì 6 giugno, lavoratori e sindacati delle telecomunicazioni Slc Cgil, Fistel Cisl e Uilcom scenderanno in piazza Santi Apostoli a Roma per un grande sciopero nazionale che coinvolgerà gli addetti telco e dei contact center. “No ai piani di scorporo di industria e servizi delle principali telco; alle minacce di dumping contrattuale delle aziende di customer service in outsourcing, ossia i reiterati tentativi di fuoriuscire dal contratto collettivo nazionale delle Tlc per comprimere salari e diritti”: sono queste le motivazioni portate in piazza da lavoratori e sindacati. Quella che si sta verificando sotto gli occhi di tutti è il contraltare della millantata transizione tecnologica, pilastro di Next Generation Eu, che se ben affrontata porterà innovazione sviluppo e anche occupazione. Ma la verità è che stiamo assistendo a quella che l’ad di Tim, Pietro Labriola, ha definito “la tempesta perfetta”: tariffe sempre più basse, aziende in strenua concorrenza e sofferenza finanziaria che si vedono costrette ad annunciare esuberi, cessioni di asset e rami d’azienda per far fronte a un cappio che si stringe sempre di più.
“Il settore è stato caratterizzato negli ultimi 15 anni dal continuo ricorso ad ammortizzatori sociali, esodi incentivati, tagli nella contrattazione aziendale, perdite di professionalità importanti, e blocco pressoché totale del ricambio generazionale – sostengono i sindacati -. La ricetta messa in campo, di recente, dalle principali Telco per gestire gli effetti di un mercato deregolamentato, è quella di dividere l’industria (le infrastrutture di rete) dai servizi. Un’impostazione miope che impoverirà ancor di più il settore, trasformando aziende leader del comparto Tlc a meri rivenditori di servizi, i cui azionisti di riferimento non sono neanche italiani”. Alle preoccupazioni si aggiunge l’ipotesi circolata in questi giorni di una riduzione dei progetti del Pnrr a causa dei ritardi accumulati, tra i quali proprio quello di Piano Italia 5G che presenta ben tre delle quattro criticità prese in esame per decidere se accantonare o meno il progetto. Un’ipotesi che se concretizzata produrrebbe ulteriori danni ai livelli occupazionali del settore, nonché un indebolimento per l’intero Paese che arretrerebbe rispetto al resto dell’Unione con un grave problema di competitività economica, sociale e democratica.
I sindacati condannano il silenzio delle istituzioni, che non hanno convocato né le parti sociali né tantomeno le aziende. Segnale, a parere di Slc Cgil, Fistel Cisl e Uilcom, di una totale assenza di strategia: “Le istituzioni non stanno svolgendo alcun ruolo regolatorio, nessun intervento strutturale che possa dare stabilità al settore rilanciando un asset strategico per il sistema Paese e tutelando oltre 120.000 addetti che operano nel variegato mondo delle telecomunicazioni. Da mesi va avanti un ‘surreale’ tavolo tecnico presso il ministero delle Imprese e del made in Italy, nel quale è completamente assente la voce dei rappresentanti dei lavoratori, e dove si fatica a immaginare di cosa si dibatta”.
e.m.