In un intervento sulle pagine del quotidiano “Il Riformista, il segretario generale della Cisl Luigi Sbarra, ha analizzato in maniera approfondita i temi del lavoro che sono stati anche oggetto delle tre manifestazioni unitarie con Cgil e Uil. “In Italia è presente una bruciante questione salariale riconducibile a una serie di fattori sedimentati e convergenti. Un quadro del genere richiede un ventaglio di azioni che includono anche la definizione di un salario minimo, ma rigorosamente di natura contrattuale”, attacca Sbarra nel suo intervento.
Per il leader della confederazione di via Po, “la via è quella dell’estensione, settore per settore, del trattamento economico complessivo dei contratti nazionali maggiormente diffusi e applicati”. Il rischio di perseguire l’alternativa a questa soluzione, cioè un quantum orario indifferenziato stabilito direttamente dalla legge, “determinerebbe uno schiacciamento verso il basso dei salari medi, l’uscita dalle tutele dei Ccnl di migliaia di imprese, l’arbitrio di fatto della politica su dinamiche che devono restare flessibili e adattive e ancorate all’autonomia negoziale e contrattuale delle parti sociali”. Sbarra sottolinea che non ci sarebbe “nessuna invadenza legislativa. È la stessa Commissione Europea a considerare le relazioni industriali ed il rafforzamento / estensione della contrattazione collettiva il miglior strumento per la tutela salariale e sociale dei lavoratori in Italia, dove la buona contrattazione confederale, unica in Europa, copre il 98% della forza lavoro. Per dare un termine di paragone: la Germania è sotto il 60 per cento”.
In un quadro così delineato, il salario minimo legale “rischia di offrirsi come alternativa al sistema di relazioni industriali e alla contrattazione collettiva nazionale, senza risolvere le vere criticità presenti che sono la povertà salariale derivante da lavori poco qualificati discontinui e ad orario ridotto, da part time involontario, un tessuto produttivo che vede un eccesso di microimprese, con bassissima produttività, larga diffusione di lavoro nero e irregolare, tantissimi stage, tirocini extracurriculari, false partite iva e cooperative spurie”. Per Sbarra, in definitiva, “il rischio è quello di un avanzamento del processo di aziendalizzazione dei rapporti di lavoro, slegati dalla contrattazione nazionale. Tendenza che sarebbe ampiamente favorita da una legge che dovesse stabilire come unico obbligo quello di garantire una soglia minima di retribuzione”.
Inoltre, il segretario generale della Cisl rileva che, paradossalmente, anche il tentativo di evitare la proliferazione di contratti pirata potrebbe raggiungere un risultato inverso: “Per le organizzazioni firmatarie di questi contratti – spiega Sbarra -, sarebbe sufficiente non debordare dalla soglia minima per avere piena legittimità. Inoltre in un contratto non c’è solo scambio lavoro-salario: ci sono premi e istituti contrattuali importanti che solo il contratto può assicurare: ferie, tredicesime, maggiorazioni, straordinari, welfare negoziato, sanità integrativa, previdenza complementare, formazione continua e tanto altro. L’attestazione su minimi salariali legali cancellerebbe decenni di conquiste, stabilirebbe un arretramento in termini di tutele e diritti”, conclude Sbarra.
e.m.